I boschi del savonese – Capitolo V

Assestamento forestale

G. BOVIO
 

Evoluzione dell'assestamento

In passato si sono verificate grandi contrazioni delle superfici boccate ogni volta che si poteva fare spazio a destinazioni di uso del territorio ritenute più redditizie. Questo è accaduto per favorire l'agricoltura che è stata esercitata nel corso dei secoli conquistando terreno coperto da foreste, contraendole e relegandole in zone non adatte alla coltivazione agraria. Una recente inversione di tendenza è iniziata con l'abbandono dell'agricoltura e della montagna in genere. Ciò ha significato, per quanto riguarda l'ambiente forestale, un abbandono della gestione ma anche una conquista di territorio abbandonato dall'attività agricola. Infatti mentre il bosco esistente invecchia con numerose conseguenze negative, sulle aree dove non si esercita più l'agricoltura la vegetazione spontanea avanza e si afferma. Dapprima cespugli, poi via via copertura arborea si estendono sempre più. Questo fatto dal punto di vista della diffusione del patrimonio forestale è positivo ma non sufficiente. Infatti i boschi devono essere gestiti.

Il concetto di lasciare la copertura forestale all'evoluzione naturale può essere condiviso solo se veramente si trattasse di boschi vergini . Però questi, come è noto, non esistono più almeno nelle nostre regioni. Un' evoluzione spontanea può essere molto lenta, e soprattutto può non avvenire secondo i criteri desiderati. Questo non significa che si debba forzare comunque il bosco a divenire come lo si vuole in ogni caso anche perché, molto spesso, non è possibile dare alla copertura boschiva l'aspetto del governo e del trattamento che si definisce regolare, cioè che segue gli schemi della selvicoltura (indicati nell'apposito capitolo).

Infatti nel bosco, sovente, si trovano tutte le condizioni di passaggio tra le varie forme colturali, quindi gli schemi selvicolturali, solo talvolta sono bene individuabili. Molto spesso potrebbe essere opportuno studiare, caso per caso, quale aspetto sia bene ottenere indicando la forma di trattamento più rispondente alla zona.

Forse talvolta fare tendere il bosco verso gli schemi di trattamento, descritti dalla selvicoltura, è volere condurre la copertura forestale alle condizioni che noi conosciamo bene. In tale caso però non siamo certi di fare le azioni più opportune per il bosco che, apparentemente, si trova in una condizione colturale difficile da comprendere. Analizzare e prendere le decisioni, utili caso per caso, è compito dell'assestamento forestale.

Le sue origini sono assai remote. Nella storia forestale, dapprima nacque la legislazione forestale. I romani distinguevano le aree boscate sulle quali era possibile fare il taglio da quelle da riservare assolutamente. Con successive evoluzioni si passò alla regolamentazione del modo con il quale dovevano avvenire i tagli e così si originò l'assestamento che, in un primo momento, serviva soprattutto a fare un controllo tecnico delle operazioni forestali. In seguito con successive evoluzioni assunse le connotazioni attuali.

La definizione di assestamento è assai difficile poiché a seconda di come lo si è inteso nelle differenti scuole che si sono susseguite, può essere formulata in modo differente. La scuola italiana è basata sull'indirizzo seguito, fin dalla sua nascita nel 1869, dall'Istituto Forestale di Vallombrosa che ha condiviso la precedente esperienza ed impostazione dei paesi centroeuropei. Tuttavia per la grande variabilità ambientale ed economica dei boschi italiani, l'assestamento assunse una connotazione altrettanto ricca di sfumature. Un grande maestro dell'assestamento italiano, G. Patrone, nel 1944 sostenne che assestare non significa solo conservare la massa legnosa presente nel bosco ma anche perseguire il suo miglioramento produttivo. Questo, non deve più coincidere con la sola produzione di legname ma essere inteso con valenza più ampia, comprendendo l'insieme delle funzioni che il bosco svolge. Molto recentemente si è anche proposto un assestamento più attento, rispetto al passato, alle esigenze del bosco e meno portato ad esprimere solo le produzioni che l'uomo desidera . In questo caso, si tende ad interpretare l'intervento nel bosco pensando che questo sia un soggetto, che eventualmente può essere aiutato, e non un oggetto da sfruttare per ottenere prodotti.

Attualmente l'assestamento persegue una pianificazione multifunzionale con cui si desidera fare esprimere al bosco tutte le sue funzioni.

L'assestamento è la materia che sintetizza tutti i criteri della gestione del territorio forestale. Infatti può essere realizzato in modo completo solo tenendo presenti tutti gli insegnamenti delle singole discipline forestali. Assestare il bosco, o meglio il territorio forestale, significa tendere al suo assetto più stabile e più consono a svolgere le funzioni che la società gli richiede. L'assestamento, se pur vi sono molti modi di intenderlo, è lo strumento per realizzare la valorizzazione del patrimonio silvopastorale, che è un obiettivo che il legislatore ligure ha voluto precisare come punto importante della Legge Forestale Regionale 22/84.

Proprietari pubblici e privati

L'assestamento può valorizzare la foresta sia privata sia pubblica. Questa distinzione è assai importante poiché le finalità dei due differenti proprietari non sempre coincidono. Normalmente l'obiettivo che il privato vuole ottenere è la produzione di legname, dei più disparati assortimenti, per poterlo tradurre in moneta . Dove tutto questo è possibile e conveniente, di solito vi è la coltivazione del bosco mentre dove la convenienza svanisce avanza l'abbandono. Infatti, il privato è spinto dall'interesse, senza il quale non è stimolato a continuare la coltivazione. Dove, per le ragioni più diverse, le spese che si dovrebbero sostenere per raccogliere il prodotto legno sono più elevate di ciò che si ricaverebbe vendendolo sul mercato si dice che il bosco è a "macchiatico negativo" . Nella Provincia di Savona vi sono molte zone con questo carattere e normalmente non sono oggetto di interventi di nessun tipo.

Queste affermazioni non escludono che il privato possa coltivare ugualmente il bosco sotto la spinta di motivi non economici, però ciò avviene raramente e soprattutto dove si dispone dei fondi per sostenere gli interventi forestali . Questi sono descritti, in rapporto alle caratteristiche del bosco ed in funzione degli obiettivi da ottenere, da un apposito strumento di pianificazione forestale: il piano di assestamento. Esso mira essenzialmente al miglioramento del bosco, senza escludere che introiti derivati dall'uso del patrimonio silvopastorale siano, almeno in parte, usati per questo scopo. Questo fatto è sottolineato dal legislatore ligure (art. 10 L.R. 22/84) che dispone che nei piani di assestamento sia previsto, dall'ente proprietario, l'accantonamento del 15% delle entrate dell'utilizzazione del patrimonio silvopastorale, per coltivare e mantenere il patrimonio forestale stesso.

Il bosco però produce, come noto, anche delle funzioni che non sono traducibili in moneta e che tornano a vantaggio dell'intera collettività . Si tratta delle cosidette esternalità, cioè di funzioni che non sono godibili dal solo proprietario ma dalla intera collettività. Appartengono tipicamente a questa categoria la funzione di difesa idrogeologica, quella paesaggistica ed altre ancora . Queste funzioni non permettendo di trarre direttamente denaro, sono tipiche del proprietario pubblico mentre sono meno perseguite dal proprietario privato.

Spesso, il bosco vale di più in piedi che trasformato in prodotti legnosi, ancorché di prestigio. Infatti, in molti luoghi parte di questo valore si può concretamente trasformare in moneta mentre in altri no.

Il proprietario pubblico non persegue solo il prodotto legno, ma soprattutto le esternalità, quindi può accollarsi la gestione assestamentale anche dove questa comporta una spesa maggiore delle entrate. Un tempo, quando nelle voci attive del bilancio di molti comuni erano significativi i prodotti del bosco, l'assestamento era importante per renderli massimi e costanti. In tale modo si univa all'entrata finanziaria anche la possibilità di offrire lavoro continuativo. Ottenere la regolarità dei prodotti è uno dei compiti dell'assestamento.

Oggi il prodotto legno ha meno significato in termini economici e i comuni ed altri proprietari pubblici si rivolgono ali 'assestamento soprattutto per rendere massime le esternalità che divengono via via più importanti e richieste dalla società.

Il legislatore ha previsto (art. 6 L.R. 22/84) che venisse data importanza sia alla produzione di legname sia alla capacità del bosco di proteggere il terreno dalla erosione, così come ha ricordato di tenere presente la funzione ricreativa e di massimizzare la possibilità della foresta di ospitare animali selvatici.

L'assestamento forestale è pianificazione

Fare assestamento forestale è essenzialmente realizzare la pianificazione forestale, cioè perseguire le finalità che permettono di ottenere il bosco con le caratteristiche che la società richiede (parzialmente sono state indicate in precedenza). Si tratta di un'attività, assai complessa, che è parte integrante della pianificazione territoriale in generale. Per questo motivo il piano di assestamento, che è il documento tecnico in cui si esplicitano le determinazioni per realizzare gli obiettivi da raggiungere, è destinato ad avere un periodo di validità oltre il quale deve essere aggiornato. Lo stesso legislatore sostiene che ogni 10 anni dall'entrata in vigore del piano debba esserne accertata la validità (art. 8 L.R. 22/84).

Il piano di assestamento, sulla base di analisi dell'ambiente forestale, descrive le attività da seguire per la gestione del bosco, il suo miglioramento, il suo uso, e deve essere stilato sotto la responsabilità di un forestale che matura oculatamente le scelte che verranno rese operative essendo previsto che il piano sia parificato (art. 8 L.R. 22/84) al regolamento di legge che prevede le Prescrizioni di Massima e di l'Olivia Forestale (PMPF). Queste sono disposizioni con validità generale sul territorio della Provincia e normalmente e tendenti a vietare le attività dannose al bosco. Ricorrono spesso al meccanismo dell'autorizzazione, con la quale possono essere svolte attività in condizioni particolari, previo controllo tecnico del servizio forestale preposto, che nel caso specifico è il Corpi) Forestale dello Stato.

Le PMPF sono tendenzialmente restrittive per contenere gli abusi e gli interventi che avrebbero effetti negativi se praticati in luoghi e tempi errati. Il piano di assestamento invece, riferendosi ad un'area che di solito è dell'ordine delle centinaia di ha, può stabilire disposizioni specifiche per migliorare le condizioni di ogni determinato bosco partendo dallo stato in cui si trova, analizzando le sue esigenze e tendendo ad un preciso obiettivo.

Evidentemente sarebbe auspicabile che i piani di assestamento interessassero tutta la superficie boscata della Provincia poiché solo così si potrebbero applicare delle indicazioni tecniche di dettaglio in ogni bosco, in luogo delle più generali PMPF.

I piani di assestamento devono essere redatti in conformità con il Piano Territoriale di Coordinamento Paesistico e ne costituiscono l'applicazione dell'assetto vegetazionale (Art. 72 PMPF). I due piani suddetti sono due differenti strumenti di pianificazione territoriale che devono essere evidentemente collegati, poiché il primo non è altro che uno strumento di pianificazione forestale, quindi riferito a un solo settore della più vasta pianificazione di tutti gli aspetti che si devono coordinare per gestire il territorio.

I piani di assestamento dovranno considerare che sono state previste aree in cui conservare i dinamismi naturali della vegetazione spontanea, altre in cui si ritiene di confermare la copertura boschiva che vi è all'attualità, ed altre ancora in cui si ritiene di aumentare la superficie boscata.

In tutti i casi è necessario procedere a delle analisi assai accurate dell'ambiente, ma le applicazioni saranno poi differenti per le tre situazioni sopra indicate. Infatti nel primo caso si potrà seguire la selvicoltura naturalistica; nel secondo sarà opportuno seguire le attività selvicolturali della zona senza dimenticare l'aspetto economico del bosco.

Nel terzo caso, che può anche apparire semplice, sarà necessario rispondere alle numerose incognite insite negli imboschimenti e nei rimboschimenti. Per questi anche se vi è esperienza notevole non mancano i dubbi. Infatti si deve fare una distinzione netta tra la copertura boschiva da gestire con i criteri della selvicoltura da quella della arboricoltura da legno. L'assestamento le può prevedere ambedue ma certamente in situazioni e con tecniche differenti.

Assestamento selvicoltura e arboricoltura da legno

La selvicoltura, indipendentemente dalla sua impostazione, ha per oggetto un sistema biologico che sta in equilibrio con l'ambiente. Questo sistema è in grado di evolversi con l'evoluzione dell'ambiente stesso e si perpetua nel tempo attraverso la nascita di nuovi individui.

L'arboricoltura, invece, ha solo scopo di ottenere il prodotto legno con determinate caratteristiche, nel tempo più breve possibile. A differenza della copertura forestale oggetto della selvicoltura è un sistema temporaneo. Questo significa che un impianto condotto con la concezione dell'arboricoltura, dopo avere raggiunto la maturità ed essere stato sottoposto al taglio di utilizzazione, non è più un ecosistema capace di generare la stessa copertura di prima e se non vi è l'intervento dell'uomo non si riforma più Il fatto che la copertura arborea, sia o meno capace di inserirsi da sola senza interventi dell'uomo, nel ciclo evolutivo della vegetazione naturale, è un fondamentale elemento per distinguere l'arboricoltura da legno dalla selvicoltura.

L'assestamento si occupa di coordinare e gestire, sul territorio forestale, ambedue queste differenti modalità di condurre i soprassuoli Essi evidentemente saranno destinati a luoghi diversi per le loro naturali caratteristiche, ma soprattutto, per mantenere il paesaggio. Il piano di assestamento, infatti, deve assicurare la continuità della copertura forestale e delle sue funzioni in tutti i casi. Tuttavia in luoghi dove si vuole mantenere invariato l'assetto vegetazionale, e dove l'aspetto economico è secondario, non si ritiene di prevedere l'arboricoltura da legno che di regola viene fatta impiegando specie esotiche, che con la loro presenza potrebbero già essere considerate un'alterazione della vegetazione. Non così ovviamente nelle zone dove si può sottolineare l'aspetto economico della produzione forestale.

Con questi criteri, l'assestatore lavora per collocare nel tempo e nello spazio interventi tecnici per soddisfare tutte le esigenze gestionali.

Limiti alla diffusione dell'assestamento

Anche se dalla promulgazione del R.D.L. 3267/1923 si cerca di perseguire l'obiettivo della massima diffusione della pianificazione assestamentale vi sono ancora degli impedimenti.

Innanzi tutto si tratta di superare i costi. Infatti il piano di assestamento richiede la descrizione del complesso forestale, la misura della sua consistenza in termini di massa e di accrescimento, la valutazione delle vocazioni ambientali, l'analisi delle azioni da mettere in atto per migliorare la copertura forestale, l'indicazione in termini progettuali delle modalità di utilizzazione e la quantificazione degli investimenti per migliorare il comprensorio forestale.

Tutte queste operazioni hanno un costo elevato; per ridurlo, la ricerca sta mettendo a punto procedimenti per realizzare il piano in modo più speditivo, soprattutto contenendo l'entità delle operazioni in bosco, pur rispettando la precisione delle misure. Un notevole progresso si è fatto rispetto al passato quando si procedeva al cosiddetto "cavallettamento totale" cioè alla misurazione di tutti gli alberi superiori ad una soglia di diametro prestabilita (sovente 17, 5 cm) con il cavalletto dendrometrico, strumento usuale del forestale, con cui si può ottenere celermente il diametro dell'albero, di solito misurato a m 1,30 da terra. Oggi si procede per aree di saggio, cioè si fanno delle misure in aree campione, scelte con apposite procedure, estendendole (con errore accettabile) a tutto il bosco.

Un altro aspetto che ostacola la diffusione dell'assestamento è il frazionamento dei boschi. Questo causa spesso difficoltà nell'individuazione esatta sul terreno dei propri boschi da parte dei comuni. La gestione su una proprietà frazionata impone di prevedere una miriade di interventi, sparsi sul territorio, con un costo notevole e con scarsa possibilità di ottenere prodotti in quantità sufficiente per compensare le spese. Con questi presupposti ottenere la costanza del prodotto della foresta, che è uno degli obiettivi principali dell'assestamento, diventa difficile perché non si dispone di una superficie minima. Infatti, se su un'area limitata è possibile fare la selvicoltura non altrettanto è per l'assestamento, che si realizza solo se tutti gli anni si può raccogliere una quantità di legname tale da giustificare i lavori necessari per il taglio e il trasporto, e avere anche un sufficiente guadagno.

Comprese e particelle

L'intero complesso forestale, nell'ambito della pianificazione assesta mentale, viene suddiviso in unità di grandezza sufficiente per ottenere l'insieme delle finalità dell'assestamento, cioè avere il prodotto massimo costante e perpetuo. Queste aree sono dette comprese o classi economiche. Le comprese possono essere anche di alcune centinaia di ha. Ogni compresa viene successivamente divisa in parti omogenee dette particelle. Esse, potranno variare da una superficie minima di 1 o 2 ha fino ad alcune decine di ha, e sono i comparti elementari della foresta; a differenza delle comprese devono essere accorpate in una sola porzione.

Talvolta, comprendere il motivo per cui si debba ricorrere alle dimensioni accennate può non essere facile; bisogna considerare che la compartimentazione di un territorio forestale, non è da interpretare come una fotografia che descrive ciò che si può osservare in un determinato momento, ma come una proiezione di ciò che si desidera ottenere. La compartimentazione, sulla quale si basa il piano di assestamento, è quindi assai differente, almeno come finalità, dalla carta della vegetazione che descrive ciò che si può constatare sul terreno, poiché è una proiezione territoriale delle decisioni da prendere. Quindi la carta della vegetazione potrà essere uno strumento utile per l'assestatore che fa la descrizione del complesso forestale; comunque sarà necessario un documento più elaborato che indica, appunto, come il territorio verrà diviso in funzione degli indirizzi che si vogliono raggiungere. Tutto ciò non significa che necessariamente si deve cambiare l'attuale carattere della foresta, che se ritenuta valida può anche essere mantenuta come tale, ma che si individuano comunque aree dove vi sono delle esigenze colturali tipiche. Queste devono essere soddisfatte, anche in tempi differenti, tutte con gli stessi criteri e quindi in funzione delle caratteristiche del bosco e degli obiettivi da raggiungere.

La compresa è l'area dove si persegue un principio fondamentale dell'assestamento che è quello della durevolezza, che presuppone la costanza e la perpetuità, sia del prodotto legno sia delle altre funzioni del bosco.

Per costanza si può intendere che le produzioni avvengano tutti gli anni, oppure, anche solo allo scadere di ogni determinato periodo. Con la perpetuità si sottolinea un concetto fondamentale dell'assestamento forestale, cioè che il bosco esista e continui ad esistere, produca e continui a produrre. Quindi, nel definire la compresa si devono immaginare tutte le condizioni ambientali e le tecniche per ottenere la possibilità del bosco di perpetuare la sua presenza.

Questi sono alcuni motivi per i quali non si può realizzare l'assestamento sotto determinati limiti di superficie.

Dendrometria e assestamento

Tutte le operazioni necessarie per ottenere le finalità assestamentali si concretizzano in interventi Selvi colturali da realizzare in tempi, luoghi e modalità che l'assestatore deve definire. In primo luogo, devono essere considerate le caratteristiche e le esigenze delle specie che compongono la copertura forestale.

Deve poi essere considerato il volume, l'accrescimento e l'età delle piante. Queste informazioni, nel loro insieme, sono indispensabili per formulare giudizi sulle azioni da intraprendere. In modo particolare, il volume che si considera in assestamento non comprende tutti gli organi della pianta ma è solo la parte dalla quale si possono trarre prodotti, a partire dalla legna da ardere fino al legname da lavoro più prestigioso.

Questa massa legnosa, pur essendo solo una frazione della biomassa totale (poiché si escludono rami fini, foglie, radici), indica molto precisamente lo stato di sviluppo raggiunto dalla copertura forestale ad una determinata età. Questa massa può essere conosciuta con buona precisione applicando i procedimenti descritti dalla dendrometria che, tra le materie forestali, rappresenta un fondamentale strumento di lavoro per l'assestatore . Infatti con la dendrometria si possono misurare età, volumi, accrescimenti sia di singoli alberi sia di boschi completi.

Per ottenere il volume degli alberi si opera con procedimenti apparentemente assai semplici poiché si può paragonare il fusto a solidi descritti dalla geometria. Infatti, se ad es. l'albero avesse un fusto perfettamente cilindrico il prodotto dell'altezza per l'area di base darebbe il volume.

Vi sono però anche alberi che possono essere paragonati ad altri solidi geometrici, come ad esempio il cono. In pratica, i tronchi si discostano dai solidi geometrici cui sono paragonabili. Come noto, la sezione dell'albero va via via diminuendo, in modo non regolare, fino ad annullarsi all'estremità superiore. Nella realtà quindi il tronco ha forma diversa dal solido geometrico modello . Per questo motivo deve essere adottata una correzione Questa si ottiene introducendo un coefficiente di riduzione, con il quale non si fa altro che confrontare il volume reale dell'albero con quello del cilindro che ha per base la sezione dell'albero a 1,30 m da terra e altezza pari all'albero stesso.

È intuitivo che tanto più la forma dell'albero si discosta, in modo non noto, da quella teorica del solido geometrico e tanto più la misura del suo volume diviene imprecisa. E altrettanto intuitivo che quanto più gli alberi sono contorti e tanto più incerta e laboriosa diviene la misura del volume. Quindi la dendrometria prevede diversi procedimenti, di vario impegno e precisione, da adottare a seconda dei casi e dei risultati che si vogliono ottenere.

Con il procedimento ritenuto più consono alle caratteristiche del bosco, si può determinare la sua massa che in assestamento si suole chiamare "provvigione". Il suo valore dà un'informazione completa solo se unito ad altri che caratterizzano il bosco . Infatti, nei boschi coetanei, non può essere disgiunto dall'età del soprassuolo e dal numero delle piante che lo compongono poiché, come specificato dalla selvicoltura, vi sono stadi evolutivi ben precisi; ad ognuno di essi corrisponde un numero di piante ed un volume ideale per la specie. Con l'aumento dell'età aumenta la massa totale del bosco e diminuisce contemporaneamente il numero delle piante, sia per mortalità naturale sia per gli interventi Selvi colturali di diradamento.

Per i boschi disetanei, invece, la massa dovrebbe essere sempre uguale e rappresentata, almeno teoricamente, da individui di tutte le età. Fluttuazioni della massa dovrebbero avvenire solo in occasione degli interventi di curazione del bosco con cui si elimina una parte della massa sia di piante deperienti sia sane che vengono raccolte per trarre prodotto legno.

Per la determinazione dell'età, l'assestatore deve necessariamente ricorrere alla lettura degli anelli annui, leggibili sezionando il tronco. Gli anelli si formano nell'alternarsi dei tessuti primaverili, caratterizzati da vasi di grandi dimensioni per il trasporto della linfa in quantità da assicurare la ripresa vegetativa, con tessuti via via più densi e con vasi sempre più piccoli, procedendo la stagione verso l'autunno o comunque verso il riposo vegetativo.

In pratica si usa di solito la trivella di Pressler, uno strumento consueto per il forestale, con cui si può estrarre, lungo il raggio e senza danno per la pianta, un cilindretto di legno (in gergo forestale chiamato carotina) che dalla corteccia si dirige fino al centro del fusto. Sul campione estratto si possono leggere gli anni della pianta talvolta in modo sufficientemente chiaro, altre volte ricorrendo a colorazioni o alla lettura in laboratorio.

Sulla carotina è anche possibile leggere l'incremento di diametro che l 'albero ha avuto, anno per anno, e risalire poi alla quantità di legno prodotto. Anche questa è un'informazione assai preziosa per l'assestatore . Infatti non è solo l 'età ma anche l'accrescimento che si verifica, a permettere di stabilire gli interventi necessari.

Queste misure teoricamente potrebbero essere fatte su tutti gli alberi ma, poiché in pratica si ritiene opportuno contenere il considerevole impegno di lavoro che ne deriverebbe, si può operare su aree campione che rappresentano tutto il bosco ottenendo sufficiente precisione.

Queste informazioni devono essere unite ad altre. In modo particolare è determinante la densità del bosco, che può essere espressa con il numero delle piante per ha. Si affianca la struttura che può essere descritta con le stratificazioni che possono assumere diverse configurazioni a seconda che si tratti di coperture con individui della stessa età oppure siano disetanei.

Comunque, con gli opportuni procedimenti dendrometrici si giunge alla conoscenza del numero degli alberi che compongono il bosco, delle loro altezze, dei loro volumi e dei loro incrementi di volume.

L'obiettivo assestamentale

Sulla base della consistenza della massa forestale e del suo accrescimento, l'assestatore può determinare se sia possibile e opportuno prevedere dei tagli di asporto di biomassa. La quantità di biomassa asportata prende il nome di ripresa.

Tramite la ripresa si plasma il bosco e lo si indirizza verso una situazione ritenuta ideale ed alla quale si vuole tendere. Spesso si indica con il termine "norma" o "bosco normale" il concetto di ideale. Questa espressione, che è invalsa nell'uso assestamentale e che si trova frequentemente nelle relazioni dei piani, può apparire addirittura fuorviante. Infatti, non deve mai essere intesa come situazione media, cioè che si trova abitualmente, anzi al contrario corrisponde ad una situazione ideale che si vorrebbe raggiungere e che in realtà si riscontra solo eccezionalmente senza gli interventi assestamentali.

Come è possibile definire la " norma " o situazione ideale? Vi sono delle regole per farlo? Stabilire quali caratteristiche debba avere il bosco considerato ideale, o normale se si vuole usare la terminologia radicata in assestamento, è un compito assai impegnativo che deve essere assolto dall'assestatore, tenendo presente che la situazione ideale è quella che soddisfa meglio le esigenze ambientali e sociali. Quindi, ideale sarà il bosco dotato di maggiore stabilità e più capace di mantenere se stesso anche superando eventuali disturbi esterni. Però per essere ideale dovrà anche avere le caratteristiche che la società chiede per soddisfare le sue esigenze, ovviamente non solo di produzione legnosa.

In passato l'assestatore aveva come principale obiettivo la produzione di materiale legno. Al riguardo delle caratteristiche del bosco ideale per ottenere questa produzione vi è una notevole esperienza. Essa è maturata con la stessa evoluzione dell'assestamento e nell'antitesi che si è verificata tra il preferire il bosco disetaneo e quello coetaneo.

Il disetaneo era nato dalla pratica dei boscaioli che utilizzavano alberi adatti alle loro esigenze, quindi asportavano dal bosco pochi individui per volta, lasciando dei vuoti che venivano poi colmati da nuove piante nate da seme, specialmente dove la rinnovazione avveniva con facilità.

Intervenendo così nel bosco, si ottiene un insieme di alberi di età diverse e di altezze diverse che occupano tutto lo spazio verticale compreso tra il terreno e l'altezza massima raggiungibile, in quel luogo, dalle chiome più alte. In tale modo vi è uno sfruttamento massimo delle risorse luminose che sono disponibili per tutti gli individui che così hanno massima possibilità di accrescimento. Vi sono tuttavia degli aspetti negativi. Ad esempio, nel momento dell'abbattimento di uno o alcuni individui maturi si possono danneggiare, anche gravemente, le piante giovani.

Il coetaneo si era sviluppato molto nella realtà tedesca nel Secolo scorso per motivi differenti; uno era la difficoltà ad avere la rinnovazione spontanea da cui la necessità di ricorrere all'impianto artificiale che genera una copertura coetanea.

Anche la scuola di economia forestale tedesca che, attorno alla metà del 1800, studiava l'equilibrio dell'impresa forestale misurando e valutando le masse legnose che si potevano trarre alle differenti età, contribuì alla diffusione del bosco coetanee. Vennero proposti modelli di accrescimento che descrivono le principali caretteristiche del bosco ideale, composto da una determinata specie, alle varie età . Un carattere fondamentale del bosco coetaneo è il turno, cioè la durata del ciclo colturale alla fine del quale può avvenire il taglio di utilizzazione con cui si raccolgono tutti gli alberi siti sulla particella . Il terreno rimane così libero dal soprassuolo e può essere nuovamente occupato da nuove giovani piante, sia nate ala seme spontaneamente sia piantate artificialmente. Le PMPF stabiliscono dei turni minimi che devono essere rispettati perle fustaie (art. 29) e per i cedui (art. 42).

La specie arborea con le sue caratteristiche e la sua longevità ha notevole importanza nell'influenzare il turno la cui determinazione è un compito delicato dell'assestatore. Infatti a parità di specie, di governo e di trattamento, un turno più o meno lungo significa cambiare il prodotto che si può ottenere dal bosco. Per la delicatezza delle operazioni di taglio nei confronti del futuro del soprassuolo in assenza di piani di assestamento i tagli devono essere autorizzati dall'lspettorato Ripartimentale delle Foreste (art. 6 PMPF). Fanno eccezione i cedui semplici per i quali è sufficiente la sola comunicazione.

Nei boschi coetanei, finalizzati alla produzione di legno, l'anno di scadenza del turno sarà collocato in un periodo dell'evoluzione del bosco in cui si hanno alberi delle dimensioni desiderate. Se non si vogliono prodotti molto particolari la scelta del turno può essere fatta in un arco temporale assai vasto: dopo la fase giovanile, in cui gli alberi non si sono ancora accresciuti abbastanza e quindi non sono ancora utilizzabili, e prima che inizi il deperimento tecnologico e la marcescenza per vecchiaia delle piante stesse. Questo periodo è molto lungo ed in esso deve essere trovata la collocazione migliore. Essa pur avendo un punto teoricamente ideale, in pratica non varia molto in un intorno di pochi anni che deve essere previsto con una certa elasticità dall'assestatore Infatti la possibilità di variare il momento del taglio è utile sia per superare degli imprevisti gestionali sia per attendere il momento migliore del mercato. Quindi è consentita una certa ampiezza di scelta anche per il fatto che il prodotto legno, prima del taglio, non presenta problemi di conservazione a differenza di quanto potrebbe succedere alla maggior parte dei prodotti agricoli.

Il turno deve corrispondere alla maturità e poiché questa assume varie connotazioni anche i turni stessi potranno essere vari.

Se si desiderano perseguire scopi produttivi secondo criteri finanziari, la maturità e il rispettivo turno saranno definiti finanziari. Se non si considerano le spese necessarie per ottenere la produzione e si mira solo alla massima quantità di legno, oppure di particolari prodotti, si hanno rispettivamente i turni cosiddetti fisiocratico e tecnico. Il turno fisiocratico prescinde da ogni considerazione finanziaria relativa agli assortimenti ricavabili e dipende solo dalla specie, dal modo e dal luogo in cui viene coltivata. Inevitabilmente questo turno sarà tanto più lungo quanto meno fertile è la stazione e tanto più la specie legnosa ha accrescimento lento. Con il turno tecnico si mira ad ottenere determinati prodotti che soddisfano il mercato . Quindi non sarà possibile dare delle indicazioni sulla lunghezza di questo turno se non valutando caso per caso perché tutte le variabili che influenzano la crescita concorreranno al raggiungimento della dimensione voluta in tempi differenti. Corrispondono a turni tecnici alberi di precise dimensioni: ad es. tronchi per grosse travi, oppure al contrario, individui piccoli e maneggevoli come quelli da destinare ad alberi di natale che hanno un turno tecnico normalmente compreso tra 5 e 83 anni.

Motivi amministrativi hanno fatto spesso preferire il bosco coetaneo perché più semplice da controllare e da gestire in termini Gli assestamento Infatti è sufficiente ordinare l'intero complesso forestale in una successione di particelle di età scalare dalla più vecchia a quella in cui era appena stato fatto l'impianto. Almeno teoricamente, se le particelle così collocate in scala sono tante quanti sono gli anni ai quali si ritiene che il bosco sia maturo per il taglio, si realizza l'assestamento del comprensorio forestale semplicemente utilizzando tutti gli anni la particella matura e ripiantando sulla stessa giovani piantine che sostituiscono quelle tolte.

E' compito dell'assestatore scegliere tra coetaneo o disetaneo. Questa scelta dipende, in parte dalle esigenze delle specie arboree che compongono il bosco e da come lo si vuole coltivare. Infatti volendo dare la priorità alla produzione di elevate quantità di legname, senza però elevata qualità, come nel caso della legna da ardere, può essere preferito il governo ceduo con una copertura coetanea.

Quanto più ci si vuole avvicinare alle condizioni naturali di coltivazione del bosco, avvalendosi della cosiddetta selvicoltura naturalistica o su basi naturalistiche, tanto più viene preferito il bosco disetaneo. Esso è ritenuto più valido per la regimazione delle acque piovane rispetto al coetaneo, che inevitabilmente subito dopo il taglio lascia il terreno scoperto e sottoposto alla energia erosiva dell'acqua. Inoltre nel disetaneo, proprio per la costante presenza della copertura arborea, si realizzano nel sottobosco le condizioni per aumentare la capacità di infiltrazione dell'acqua, diminuire la sua velocità di scorrimento e trattenerne grande quantità.

Anche fattori culturali concorrono a scegliere tra coetaneo e disetaneo e l'assestatore deve dare grande importanza a questi aspetti così come alle abitudini locali, poiché la selvicoltura di una determinata area dipende anche dalla familiarità che le popolazioni hanno con le specie e le relative forme di coltivazione. Questo fatto che si avverte in modo particolare quando si introducono specie esotiche si spiega con la loro non conoscenza da parte delle popolazioni. Quindi così come si tende a non accettare la specie non familiare, analogamente avviene per la pratica Selvi colturale non abituale. Questo fatto deve essere tenuto presente dall'assestatore che con un comportamento prudente preferirà proporre specie e modalità Selvi colturali diffuse e note alle popolazioni della zona.

Al bosco ideale (o normale) cui l'assestatore deve tendere, ci si potrà avvicinare, di solito, in tempi assai lunghi durante i quali si percorre un'evoluzione caratterizzata da piccoli miglioramenti successivi. Essi hanno un insieme di aspetti differenti che devono essere contestuali affinché si possa definire ideale la situazione di una copertura forestale.

Innanzitutto si deve verificare l'aspetto planimetrico ideale, cioè il bosco deve essere distribuito su tutta la superficie del complesso forestale da assestare; se è coetaneo ci sarà la distribuzione di particelle con tutte le graduazioni di età.

Dovrà poi essere verificato l'aspetto ideale della struttura cioè la disposizione che le piante assumono lungo il profilo verticale del bosco, in tempi differenti e come si organizzano reciprocamente in termini funzionali. Dopo l'esame della struttura verticale (o stratificazione), si estende spesso l'analisi alla struttura in senso orizzontale (o tessitura); l'insieme dei due aspetti deve essere equilibrato poiché da esso dipende la distribuzione delle risorse ambientali di cui dispongono le piante.

La situazione deve essere ideale anche in termini di quantità di massa legnosa che compone il bosco. Si tratta della cosiddetta "provvigione normale" che è un aspetto su cui l'assestatore può indirizzare le scelte; si può attendere che l'accrescimento delle piante faccia aumentare la massa fino ad un livello ideale, oppure intervenire con tagli di prelievo. Evidentemente nel caso in cui la biomassa non è ritenuta al livello ideale, i tagli eventualmente previsti, dovranno essere di entità molto inferiore alla quantità di legno che il bosco accumula.

L'assestatore valuta caso per caso, sia prevedendo tagli sia evitandoli, il tempo necessario per passare dalla provvigione attuale a quella ideale.

Evidentemente per potere programmare l'accumulo di biomassa che raggiunge il valore ideale si deve conoscere la capacità di incremento del bosco. Anche questo è un aspetto della situazione ideale. L'assestatore deve capire le eventuali cause di accrescimento inferiore a quello ideale e se possibile stabilire gli interventi per un miglioramento.

Un ultimo aspetto da verificare per avere il bosco ideale è la rinnovazione, cioè l'insieme dei giovani individui che assicurano il perpetuarsi della copertura arborea sostituendo quelli che via via muoiono o vengono tagliati.

Normalità e anormalità

Di fatto l'assestatore si trova a dovere migliorare delle situazioni che distano dall'ideale, quindi in casi concreti più che di norma si può parlare di anormalità.

Volendo fare un paragone con la medicina si potrebbe fare corrispondere la situazione ideale allo stato di salute; lo stato di anormalità è ciò che si presenta di solito al medico che deve impostare la terapia più adatta per raggiungere la salute.

L'anormalità più frequente può essere planimetrica, strutturale, incrementale.

L'anormalità planimetrica si verifica nei casi in cui prevalgono le classi di età avanzata oppure quelle giovani. Si presenta così un bosco o assai vecchio o assai giovane. In ambedue i casi la cura è difficile e deve essere fatta con interventi su tutto il complesso forestale per caratterizzarlo da particelle di età via via sempre più differenti.

L'anormalità della struttura del bosco si presenta in modo diverso a seconda se si tratti di cedui o di fustaie.

Nei primi è evidenziata dalla cattiva densità dello ceppaie o dello matricine. Nelle fustaie con alberi di età diversa, l'anormalità si giudica dalla distribuzione degli alberi stessi, nelle varie classi di diametro.

Il più difficile caso di anormalità è quello relativo all'incrementi). Infatti, sia il chiarirne la causa, sia il definire le cure per eliminarla impongono spesso appositi studi.

Assestamento, utilizzazioni e viabilità

Relativamente alle utilizzazioni forestali dalle quali trarre prodotti legnosi, viene ribadito dal legislatore (art. 12 L.R. 22/84) che le modalità di prelievo siano conformi alle indicazioni del piano di assestamento.

Teoricamente la ripresa dovrebbe essere costante e uguale per tutti gli anni, tuttavia viene accettato, sempre secondo le disposizioni di concentrare le riprese previste per 3 anni in una sola volta. In pratica si accetta di non utilizzare la ripresa tutti gli anni sia perché questo fatto non è di danno al bosco sia perché spesso permette di spuntare maggiori introiti finanziari. La stessa disposizione di legge però, limita anche le quantità di ripresa nelle aree forestali che non hanno il piano ali assestamento (o dove è scaduto) per evitare di penalizzare proprio le zone in cui si è investito in termini di pianificazione forestale. Contemporaneamente alla definizione delle caratteristiche del bosco che si vuole ottenere, nei piani di assestamento devono essere previsti i presupposti per realizzarle. In modo particolare i prodotti legnosi si devono portare fuori dal bosco rispettando regole tecniche ed economiche. Per questo la viabilità forestale è molto importante. Per quanto possibile, sarà opportuno avvalersi della viabilità già esistente come precisato dal legislatore (art 13 PMPF). L'apertura e l'allargamento di strade forestali è subordinato alla autorizzazione del Corpo Forestale dello Stato competente per territorio.

Le funzioni delle strade forestali sono essenzialmente di permettere l'accesso degli operai che devono recarsi periodicamente, con le attrezzature idonee, a fare gli interventi Selvi colturali, e permettere l'asportazione del materiale legnoso raccolto. I a viabilità forestale, inoltre, serve per la penetrazione nel bosco in caso di estinzione di incendi. Per questi motivi la viabilità garantisce la realizzazione ottimale dei lavori e la tutela del bosco dimostrandosi così elemento fondamentale per realizzare l'assestamento. Si deve quindi definire precisamente la densità e la tipologia stradale necessaria alla zona. I parametri fondamentali che possono essere presi in considerazione sono di ordine biologico e topografico. Infatti cambieranno le esigenze a seconda della specie, del governo e quindi verosimilmente potranno essere distinti i boschi in funzione delle loro esigenze di intervento. Per soddisfare queste esigenze si potranno ipotizzare le necessità di intervento di operai che per raggiungere tutte le parti del bosco dovranno necessariamente percorrere dei tratti a piedi.

Si ritiene che un bosco sia bene servito di viabilità, se il tempo di trasferimento a piedi, tra andata e ritorno, non supera 30 minuti dalla strada più vicina. Questo praticamente significa che il punto più lontano non deve essere oltre 1 km dalla strada se si è in pianura o comunque entro 100 m di dislivello. Questi ed altri parametri permettono di giudicare la viabilità forestale anche in considerazione delle necessità di asportare legname. Questa attività differisce da una realtà all'altra. Infatti nei boschi giovani possono essere previsti diradamenti che spesso non producono grandi masse di legname adatte ad essere inviate sul mercato. Talvolta non vengono nemmeno asportate dall'area forestale ma concentrate in spazi liberi, così come stabiliscono le PMPF (Art. 12) del bosco stesso. Nei boschi maturi invece, prevedendo l'utilizzazione deve essere soddisfatta l'esigenza di avvicinarsi con mezzi di esbosco . Oltre a queste differenti esigenze derivate dalla copertura forestale vi sono anche quelle imposte dalla pendenza. Infatti quanto più essa aumenta e tanto maggiore è la difficoltà di costruzione e manutenzione della strada.

Quanto sopra sottolinea come nella pianificazione forestale sia necessario dare grande importanza alla viabilità adatta alle esigenze del bosco.

I piani di assestamento della Provincia di Savona

La Provincia di Savona è assai boscata. In modo particolare in Val Bormida il coefficiente di boscosità raggiunge l'80% ed è il maggiore d'Italia.

Nella Provincia sono in vigore numerosi piani di assestamento realizzati in ambienti e con criteri differenti.

Si commentano di seguito alcuni aspetti relativi a piani del territorio forestale di alcuni comuni della Provincia di Savona scelti in ordine di estensione e per essere caratterizzati da situazioni che offrono lo spunto per chiarire alcuni importanti criteri applicativi dell'assestamento forestale.

Nel comune di Bardineto sono assestati 1180 ha con un piano realizzato nel 1982. Poiché non si può raggiungere la situazione ideale del bosco durante il periodo di validità del piano, che pur essendo di 10 anni risulta troppo breve per il miglioramento definitivo del bosco, si prevedono successive tappe. Per questo motivo si procede alla cosiddetta revisione (in questo caso già prevista nel 1993) che è un controllo della validità degli obiettivi e delle procedure proposte per raggiungerli.

In questo piano si divide l'intero complesso forestale nelle seguenti comprese: fustaia, ceduo semplice, ceduo composto, cespugliati. La superficie della fustaia ammonta a 753 ha e comprende boschi a prevalenza di faggio con abete bianco. Il ceduo composto è altresì di faggio, mentre in quello semplice prevale il Carpino La distribuzione delle aree sottolinea la prevalenza della fustaia sul ceduo. Il pianificatore ha ritenuto di proporre anche una compresa dei pascoli e dei cespugliati che potrebbero, nell'ottica di una evoluzione futura, essere colonizzati dalla copertura forestale.

In comune di Rialto, dove la superficie assestata è di 1021 ha, si presenta un interessante caso in cui vi è la compresa della fustaia rappresentata da pino nero e pino laricio; la compresa di ceduo di faggio e castagno da gestire a ceduo e quella su cui operare la conversione da ceduo a fustaia.

L'interesse delle determinazioni di pianificazione forestale sta nella scelta di avere lasciato parte della copertura a ceduo in modo da potere assicurare la continuità del prodotto legno per il mercato locale. Infatti il ceduo si estende in gran parte su una zona con finalità produttiva e, in una parte più limitata, viene gestito per finalità prevalentemente protettive.

Particolare interesse ha la decisione di procedere alla conversione del ceduo di faggio su una superficie di circa 220 ha. Questa è la dimensione sulla quale si può ipotizzare di realizzare la conversione secondo gli schemi dell'assestamento. Infatti, se applicando le regole della selvicoltura si può fare la conversione ottenendo la fustaia anche su superficie relativamente modesta, non così avviene con l'assestamento che può offrire una fustaia assestata dopo le operazioni di conversione. In questo caso indubbiamente lo schema delle operazioni diviene complesso e richiede una superficie minima per potere essere realizzato.

Quando si prevede la conversione è importante affiancare ai presupposti ambientali per la sua riuscita, anche quelli operativi e organizzativi. In difetto di queste condizioni la possibilità che la conversione rimanga un lavoro non compiuto è sempre reale.

Essendosi accertati questi presupposti si è proposto uno schema delle operazioni di conversione che si descrive considerato il suo interesse. Per ottenere una fustaia assestata è necessario condurre le operazioni di conversione gradualmente sulla superficie del ceduo. Per questo motivo la superficie totale di 220 ha viene divisa in blocchi di pari estensione. In ogni blocco si svolgono delle operazioni che trasformano il ceduo via via in fustaia e che richiedono un determinato tempo tecnico per essere portate a termine. Questi interventi sono mirati a realizzare i tagli cosiddetti di avviamento all'alto fusto. Quindi si inizierà dal primo blocco con un periodo di invecchiamento in cui si lascia superare il periodo del turno al quale normalmente si farebbe il taglio del ceduo senza però intervenire. Così si verifica una selezione dei polloni per aumento della mortalità e una loro differenziazione sociale, tendendo alcuni a predominare sugli altri. Dopo un tempo, solitamente coincidente con un successivo turno del ceduo, si procede ad un diradamento con cui si lascia di solito un pollone per ceppaia e le migliori matricine consentendo loro un migliore sviluppo, il soprassuolo rappresenta a questo punto la così detta fustaia transitoria . In seguito, in corrispondenza del tempo scandito dal successivo turno del ceduo, si interviene con un altro diradamento. Si pone come condizione che il tempo per realizzare le trasformazioni sia un multiplo del turno del ceduo e che corrisponda al turno della fustaia da ottenere. Questa successione di criteri per distribuire le operazioni nel tempo e nello spazio si applica fin dall'entrata in vigore del piano di assestamento nel primo blocco mentre negli altri si continua la gestione tipica del ceduo.

Nel secondo blocco si continuerà ancora ad utilizzare il ceduo (contemporaneamente all'invecchiamento che sta avvenendo nel primo) e si comincerà l'invecchiamento solo quando nel primo blocco sarà avviato il primo diradamento. Così via si procederà iniziando l'invecchiamento nel terzo blocco solo dopo il secondo turno del ceduo (cioè in corrispondenza del Secondo diradamento del primo blocco e del primo diradamento del secondo blocco). Continuando in questo modo si otterrà nel primo blocco la fustaia dopo il tempo corrispondente a tutti i turni previsti mentre, dopo lo stesso tempo, nell'ultimo blocco inizieranno solo le operazioni di conversione. Con questo schema si ottiene una scalarità delle caratteristiche del bosco che si presenterà in seguito assestato. Infatti sarà caratterizzato da tante particelle che nel loro insieme rappresentano tutte le età e stadi di sviluppo.

In comune di Toirano sono stati assestati 954 ha di cui 70 corrispondenti ad una compresa destinata alla fustaia di pino marittimo e 415 di ceduo semplice di Carpino orniello, acero, tiglio, castagno.

Considerata l'importanza di quest'ultima compresa, anche perla sua dimensione spaziale, ci si soffermerà a descrivere schematicamente le linee tecniche che si possono seguire per ottenere le finalità assestamentali in un ceduo semplice. Ci si può avvalere del metodo cosiddetto planimetrico che permette di definire la quantità di biomassa legnosa da prelevare considerando la superficie, il turno e l'età dei popolamenti. Le tappe sono assai semplici poiché si tratta di dividere la superficie da assestare in tante parti quanti sono gli anni del turno e successivamente decidere con quale ordine si debbano fare i tagli.

Essendo il soprassuolo un ceduo semplice, annualmente si fa il taglio su una superficie, che la terminologia assestamentale indica come "superficie annua di trattamento" . Con queste condizioni si vuole ricavare una quantità di legname uguale tutti gli anni. Questo però vale in teoria; invece in pratica sarebbe possibile trarre lo stesso prodotto da tutte le particelle solo se tutte fossero capaci di produrre nella stessa maniera. Ciò presuppone che la distribuzione delle specie che compongono il soprassuolo sia uniforme e che la fertilità sia uguale dappertutto. Questo però non si verifica poiché il terreno varia nelle sue caratteristiche di fertilità, di trattenimento idrico, così come variano tutti i fattori ambientali da un punto all'altro del complesso forestale. Per questo motivo l'assestatore deve stabilire la differenza di fertilità tra i vari punti del territorio di interesse e misurare, a fronte di questo gradiente, la variazione della produzione. Essa si manifesta in differenti valori di incremento legnoso che il bosco può produrre, su ogni ettaro ogni anno, e indica anche la possibilità di ricavare determinate quantità di massa legnosa alla fine del turno. La fertilità si riflette positivamente sull'accrescimento in altezza delle piante e quindi questo parametro sarà un indicatore importante per l'assestatore

Essendo differente la fertilità, anche se fossero pari tutte le altre condizioni, con la divisione del territorio in tante parti uguali si otterrebbe da ognuna di esse un prodotto diverso . Se per motivi pianificatori si decide di ottenere comunque un prodotto costante tutti gli anni, almeno in termini di massa, è inevitabile che le particelle siano differenti tra loro, cioè di superficie tanto maggiore quanto più la loro fertilità è bassa e quindi minore è la loro capacità produttiva.

Con questo accorgimento e se il bosco è distribuito in modo sufficientemente uniforme ed è in buone condizioni, si possono applicare tagli che prelevino una quantità di biomassa circa uguale a quella che si potrebbe trarre dal bosco ideale che si vorrà raggiungere.

In pratica però molto spesso può accadere che il bosco abbia subito in precedenza degli interventi Selvi colturali non corretti e quindi sia tutto o troppo giovane o tutto troppo vecchio. In questi casi è necessario procedere ad una serie di interventi capaci di eliminare le anomalie più vistose per poi applicare tagli idonei alla situazione più vicina allo stato ideale. Se tutto il bosco è troppo giovane, come accade quando è stato tutto recentemente percorso da tagli troppo estesi, non si può fare altro che attendere che maturi. Si tratta di una condizione non frequente e infatti accade spesso il contrario nei cedui, che per lo stato di abbandono in cui si trovano, hanno superato il turno abituale. Con l'invecchiamento si verifica generalmente un rallentamento nell'incremento e nella facoltà di ricacciare dalla ceppaia dopo il taglio.

Per regolarizzare queste situazioni si può procedere ad una prima fase di utilizzazione accelerata di tutti i soprassuoli invecchiati facendo seguire un breve periodo di sospensione delle utilizzazioni per poi riprenderle, anche anticipando rispetto al turno normale, nelle zone di maggiore fertilità caratterizzate di accrescimenti più pronunciati.

Dopo avere stabilito queste regole l'assestatore deve indicare nel piano i luoghi e i tempi in cui si faranno i tagli cioè definirne la successione. Possono essere seguiti procedimenti operativi assai differenti. Il più semplice ed immediato consiste nel seguire in successione nello spazio le tagliate, una dopo l'altra.

Un altro procedimento consiste nel dividere l'intera compresa in blocchi che verranno interessati dal taglio in successione. Questi due modi di procedere hanno lo svantaggio di fare seguire i tagli regolari nello spazio e quindi essere poco soddisfacenti nei confronti dell'aspetto paesaggistico.

In luoghi in cui è particolarmente importante dare risalto al paesaggio, come nella zona di Toirano, si può ricorrere al procedimento cosiddetto delle "tagliate indipendenti" . Esso consiste nel prevedere un numero di tagliate superiore a quello degli anni del turno e raggrupparle in tante superfici da utilizzare ogni anno. In questo modo annualmente si dovrà procedere con numerosi piccoli interventi che potranno formare un bosco di aspetto vario per la differente età e altezza delle piante nelle numerose e piccole aree utilizzate. Esse nel loro insieme conferiranno una connotazione meno monotona di quella ottenibile con tagliate regolari e non incideranno negativamente sul paesaggio.

Ogni volta che si ritiene di destinare una superficie forestale alla produzione legnosa, è inevitabile che si pratichino tagli di utilizzazione asportando alberi sani e di buon aspetto. Questo fatto può essere difficile da comprendere da parte della popolazione che talvolta protesta contro l'intervento di utilizzazione che trasforma in tempi brevissimi il paesaggio. Questo fatto che è stato definito da Bernetti "effetto di immagine" deve essere considerato specialmente quando si definiscono le aree sulle quali si prevedono i tagli.

L'attenzione agli effetti che gli interventi sul bosco fanno sul paesaggio è molto importante e si sta approfondendo sempre di più nell'ambito assestamentale. Vi sono anche apposite ricerche per individuare modalità operative che non interferiscano negativamente con il paesaggio, come avveniva in passato, adottando tagliate susseguenti nello spazio che variavano in modo continuo la copertura forestale.

Gli studi condotti anche nel campo dell'ecologia del paesaggio stanno affrontando un problema assai complesso. Il paesaggio è una realtà ambientale costituita da elementi unitamente ai manufatti e agli interventi realizzati dall'uomo. Non deve essere preponderante un solo elemento. Infatti se ad esempio gli interventi umani sono così intensi da eliminare completamente l 'aspetto naturale non si può più parlare di paesaggio.

Inoltre perché sussista il paesaggio devono esserci dei punti diversi su cui indirizzare lo sguardo. Per questo motivo il mare aperto potrebbe non essere propriamente un paesaggio mentre se si presenta un'isola sì. Un ambiente, anche se vario, può non determinare un paesaggio se non ricopre una sufficiente dimensione: l'angolo fiorito di un'aia non è un paesaggio. Si tratta quindi di un concetto intuitivo che è stato sviluppato da vari autori in modi differenti. Alcuni si sono basati sul concetto estetico e visuale, altri geomorfologico. Il paesaggio agrario è stato anche interpretato come conseguenza degli effetti sociali, economici e culturali della popolazione sull'ambiente.

Tutti questi approcci hanno il comune denominatore di interpretare il paesaggio come un insieme di fattori in funzione di un uomo che osserva. Se questo non ci fosse non sussisterebbe neppure il paesaggio. L'ecologia del paesaggio lo studia come un insieme di parti che interagiscono tra loro, esaminando: l'ambiente fisico che funge da substrato, i viventi vegetali e animali che lo occupano, l'uomo considerato prevalentemente come trasformatore, o per ambienti intatti, come semplice osservatore.

Il territorio può essere diviso in entità omogenee di paesaggio cioè sia per il substrato sia per la flora e la vegetazione. Ognuna di dette aree omogenee è denominata sistema paesistico. Nella pianificazione forestale, si deve operare in funzione del sistema paesistico in cui ci si trova, facendo le scelte in sede di piani di assestamento, in modo particolare sulle specie, governo e trattamento del bosco.

In comune di Giustenice sono stati assestati 571 ha definendo due importanti comprese. Una del ceduo semplice, l'altra di oltre 200 ha di ceduo composto.

Il ceduo composto è una forma mista di governo in cui coesistono sulla stessa superficie sia una fustaia disetanea sia un ceduo coetaneo. In un piano inferiore vi è il ceduo che copre tutta la superficie e in un piano superiore si trova la fustaia formata da alberi nati da seme, di differenti età e distribuiti regolarmente sul ceduo. Questa fustaia assume caratteristiche particolari che la differenziano da quelle che non devono coesistere con il ceduo poiché le cure Selvi colturali che riceve vengono fatte contemporaneamente all'intervento sul ceduo stesso, allo scadere del suo turno. Pertanto gli individui della fustaia assumono un'età necessariamente multipla del turno. A seconda della specie e delle esigenze ambientali l'età degli alberi della fustaia può arrivare da 3 a 6 volte il turno del ceduo. Il numero delle piante è via via decrescente con l'aumento dell'età quindi si utilizzerà contemporaneamente al ceduo anche una frazione dell'alto fusto che non si ritiene debba transitare alla classe superiore.

L'assestatore è in difficoltà a stabilire quali siano le caratteristiche ideali del ceduo composto poiché ceduo e fustaia si fanno concorrenza. Infatti la seconda ombreggia il ceduo sottostante causandone un accrescimento ridotto. Iter questo motivo il turno del ceduo dovrà essere più lungo di quanto non sia abitualmente. Questo fatto ha un riscontro positivo sulle caratteristiche tecnologiche degli alberi della fustaia che tendendo a portare i rami nella parte più illuminata formano una chioma alta con tronco diritto e senza rami laterali . Questo significa anche che il legno sarà verosimilmente privo di nodi. Sulla densità della fustaia e sulla sua massa l'assestatore deve fare delle considerazioni relative all'ambiente in cui si trova il bosco poiché la scelta delle piante di alto fusto deve essere oculata, specialmente se si vogliono produrre assortimenti di pregio.

In comune di Calizzano sono assestati 295 ha di faggeta con un piano da revisionare nel 1995. Un aspetto interessante è l'avere previsto una compresa di faggio governata come fustaia disetanea. Questo bosco noto come "faggeta del Melogno" è stato attaccato recentemente da Dasychira pudibonda le cui larve causano intense defogliazioni.

Molti altri piani sono stati elaborati nella Provincia di Savona. Si possono citare i comuni di Osiglia con oltre 800 ha, di Bormida con oltre 500 ha, di Murialdo e Mallare con 150 ha in corso di assestamento. Nei comuni di Dego e Cairo sono in corso elaborazioni di piani.

Interessante è il fatto che anche dei privati abbiano avanzato la richiesta alla Pubblica Amministrazione di avere un contributo per coprire le spese per assestare boschi di loro proprietà. Nella sola Comunità Montana dell'Alta Val Bormida complessivamente raggiungono la superficie di 1400 ha; questi boschi, se uniti ad altri 3200 ha di proprietà comunale, permetteranno di raggiungere 4610 ha corrispondenti al 18% della superficie boscata della Comunità Montana stessa.