I boschi del savonese – Capitolo VIII

Boschi di particolare interesse

R. MARCHISIO

Il territorio savonese è caratterizzato da una rilevante copertura forestale .

I boschi di principale pregio sono localizzati prevalentemente lungo il crinale appenninico-alpino percorso dall'Alta Via dei Monti Liguri, importante itinerario escursionistico, ed in Val Bormida, la zona con il più alto coefficiente di boscosità della Provincia.

In questo capitolo, dedicato soprattutto alla conoscenza diretta dei più bei boschi del Savonese, vengono descritti alcuni di questi boschi, scelti tra i più accessibili e meglio visitabili, tra i quali le foreste demaniali della Provincia e quelli presenti all'interno di aree protette .

Per ognuno dei boschi considerati si sono descritti i caratteri forestali ed ambientali, cioè l'estensione, la composizione vegetazionale, la gestione forestale, la fauna, inoltre, al fine di facilitare la possibilità di osservare direttamente i caratteri particolari di queste foreste ci si è occupati della fruizione ed in particolare degli strumenti che permettono di raggiungere, di percorrere e di visitare il losco: collegamenti stradali, sentieri escursionistici e Aree picnic.

I boschi del Monte Beigua

Caratteri forestali e ambientali

Il Monte Beigua è situato al confine tra i Comuni di Varazze e di Sassello, ad Est del Colle di Cadibona.

Il versante marittimo del Monte Beigua è caratterizzato da pendenze elevate, con frequenti pareti rocciose, spuntoni, ripidi canaloni; questo modellamento caratteristico è collegabile ad eventi tettonici ed erosivi . Il crinale e l'alto versante padano sono caratterizzati da una morfologia morbida la cui monotonia è rotta dalle emergenze dei "bric" (rilievi arrotondati) e delle rocche (rilievi più aspri).

La cima del Monte Beigua, occupata ed "evidenziata" da numerosi ripetitori televisivi, è caratterizzata dalla presenza di aree prative che si alternano al bosco. Per quanto riguarda il versante padano, la superficie è quasi completamente coperta da boschi.

Il Monte Beigua è al centro dell'Area protetta omonima istituita con legge regionale n° 16 del 1985; l'Area protetta ha un'estensione di quasi 20000 ettari e comprende porzioni di territorio delle province di Savona e Genova interessando ben undici Comuni: Sassello, Stella, Urbe, Varazze (SV), Arenzano, Campo Ligure, Cogoleto, Genova, Masone, Rossiglione, Tiglieto (GE).

Il principale aspetto che rende affascinante il Monte Beigua è il bosco che è diffuso dalle pendici fino alla vetta.

Lungo il crinale, anche sul versante marittimo sono presenti faggete e pinete di pino nero. Queste ultime non costituiscono popolamenti naturali ma artificiali, diffusi dall'uomo negli anni '50 e rappresentati da fustaie coetanee. Le faggete sono governate a ceduo e sono popolamenti coetanei, in alcuni casi anche molto giovani. I prati, oltre ad avere interessanti fioriture, cominciano ad essere colonizzati da piantine di faggio (risultato della rinnovazione naturale). Il faggio dà boschi molto estesi ed in continua espansione. Il sorbo montano ed il nocciolo formano coperture arbustive che, in primavera, fioriscono con varietà di colori e di profumi. In questa zona negli ultimi dieci anni si sono verificati una decina di incendi boschivi e sulla corteccia di alcuni pini sono ancora visibili le scottature. Sul versante padano del Monte Beigua per fortuna la flora e la fauna non hanno dovuto subire il trauma del fuoco. Talvolta il faggio forma boschi misti con l'acero di monte e la rovere, dando luogo ad affascinanti varietà cromatiche. Nei prati cresce il sorbo degli uccellatori, un arbusto la cui chioma, in estate, si colora di un rosso intenso per la maturazione di grappoli di "pomi", estremamente "attraenti" per gli uccelli. Alle quote più basse, oltre i confini del parco, iniziano i boschi di castagno, a volte in stato di abbandono, ma comunque produttori di legname sano, privo di difetti, e di frutti rinomati.

Per quanto riguarda la fauna il Monte Beigua costituisce il limite occidentale di diffusione di alcune specie endemiche italiane come la salamandrina dagli occhiali e il tritone punteggiato, inoltre la zona rappresenta il limite orientale per la diffusione del colubro lacertino un serpente diffuso dall'Algeria nella nostra regione attraverso la Penisola Iberica e la Francia.

La zona è altresì importante per l'avifauna, soprattutto per i rapaci migratori nell'area mediterranea. Nel Mediterraneo occidentale vi è un asse migratorio che in primavera è orientato da Sud-Ovest verso Nord-Est; questo è un fronte ampio e diffuso di rotte principali e secondarie. La direzione di volo verso Nord-Est è innata negli uccelli che tornano dall'Africa e la maggioranza di essi nidifica nell'Europa centrale ed orientale. Il territorio ligure diventa importante per la sua collocazione nel punto più settentrionale del Mediterraneo occidentale e per la conformazione della linea degli Appennini che, partendo da svariati chilometri di distanza dal mare nella Liguria occidentale, tende ad avvicinarsi nei pressi di Arenzano fino a soli 5 km. dalla costa. I rapaci seguono i rilievi e la costa, mantenendo la direzione verso Nord-Est e, provenendo da un ampio fronte migratorio da Sud-Ovest, si concentrano ad Ovest di Genova in un settore ristretto a causa della posizione geografica e della conformazione dei rilievi. Il punto ove convergono rotte principali e secondarie si trova proprio nella zona del Beigua.

Questa teoria è stata elaborata dopo sei anni di osservazioni e sulla base di confronti con altre località di passaggio nel Mediterraneo. In seguito ad una ricerca nel territorio del Comune di Arenzano, promossa dal Parco del Beigua e condotta da Luca Baghino, ornitologo della LIPU, si è rilevato il passaggio delle seguenti specie: falco pecchiaiolo, nibbio bruno, nibbio reale, capovaccaio, biancone, falco di palude, albanella reale, albanella minore, albanella pallida, sparviero poiana, aquila minore, falco pescatore, gheppio, grillaio, falco cuculo, smeriglio, lodolaio. Globalmente il numero di individui censiti con rilievi visivi è stato di 3927 unità. Si stima che il numero di rapaci che passa in questa zona nella stagione primaverile sia superiore ai 5000 individui.

La presenza di caprioli è relativamente scarsa, a differenza di quanto si verifica in altri boschi della Provincia di Savona, più diffuso è il cinghiale che, in questo ultimo decennio ha avuto un'espansione su tutto il territorio provinciale.

Visita

Il Monte Beigua (1287 m) è raggiungibile sia dal versante tirrenico sia dal versante padano con strade e sentieri.

La strada comunale "Piampaludo" unisce il paese omonimo (857 m), frazione del Comune di Sassello, con la vetta del Beigua, la distanza è di circa 7 Km ., la strada sterrata, ma comunque percorribile in auto, copre il dislivello di 430 m.. Dopo aver superato i confini del Parco del Beigua, a circa 900 m di quota si incontra il Lajone, un piccolo laghetto ricco di flora e fauna tipiche delle zone umide d'alta quota. La zona adiacente alla strada è caratterizzata dalla presenza di piccole aree prative o dal bosco. Raggiunta la zona di crinale, in località "Prà Riondo" (1096 m) presso l'omonimo ristorante si trova un'area picnic del Parco e, pochi chilometri più avanti si è prossimi ai già citati ripetitori televisivi che indicano la cima del Monte Beigua.

La strada provinciale "del Beigua" unisce il monte con la costa ligure. Partendo da Varazze la strada costeggia per alcuni chilometri il torrente Teiro e in corrispondenza della frazione Pero (170 m) inizia la lunga salita (con oltre 1000 m di dislivello) verso la cima del Monte Beigua. A circa 400 m di quota, superata la frazione Alpicella si entra nel territorio del Parco, la strada è immersa in un bosco misto di latifoglie, in una radura è presente l'Area picnic "Meugge". Salendo di quota si ha un mutamento della vegetazione: a piccole aree prative si alternano pinete di pino nero. La strada si sviluppa in tornanti dai quali è possibile ammirare paesaggi che comprendono l'intera riviera ligure e la dorsale "appenninica". Questa strada rappresenta una delle zone più interessanti dell'Area protetta del Monte Beigua per l'alto valore paesaggistico e ricreativo.

A circa 1200 m di quota è presente un'altra area picnic (Pian di Stella); in questa zona l'albero più diffuso è il faggio il quale ha sostituito in varie zone il pino nero. Dopo poche centinaia di metri di strada si raggiunge la cima del Monte Beigua.

Il crinale del Beigua è parte dell'itinerario dell'Alta Via dei Monti Liguri (AV), che si estende da Ventimiglia a La Spezia seguendo lo spartiacque che delimita il versante costiero ligure. L'intero sviluppo dell'itinerario è di circa 440 Km ed è suddiviso in 44 tappe. La zona del Monte Beigua è interessata dalla tappa: Colle del Giovo - Prà Riondo (13 Km). La tappa ha inizio da una strada sterrata a Nord del valico; il percorso sale lungo il versante Nord con tornanti lambendo vecchi castagneti da frutto e, subito dopo, un bosco misto di latifoglie a dominanza di faggio.

La salita diventa più ripida e, raggiunta la quota di 990 m della "Costa del Giancardo", ci si affaccia sul versante Sud. Il percorso prosegue nella faggeta fino all'altopiano, prativo, del Beigua (1200 m). Percorrendo l'itinerario sacro che porta alla chiesetta "Regina Pacis" si giunge alla cima del Beigua.

La strada verso la località Prà Riondo (1096 m) è in leggera discesa e attraversa aree prative che in estate sono pascolate. La successiva tappa dell'alta Via", interna al territorio del Parco del Beigua, è lunga 8.8 Km. e collega Prà Riondo con il Passo del Faiallo. Essa si svolge lungo un vasto altipiano sommitale di notevole valore panoramico, la visuale "abbraccia" tutto l'arco alpino Nord-occidentale, l'intera costa ligure e può arrivare fino alla Corsica . L'elevata panoramicità del sentiero può essere limitata dalla presenza di nebbia, frequente anche nel periodo estivo.

La Foresta Demaniale del Deiva

Caratteri forestali e ambientali

La foresta demaniale del Deiva è situata nel Comune di Sassello, nei pressi del capoluogo, e ha un'estensione di 860 ettari. La legge regionale 9 aprile 1985 ha previsto che tale superficie facesse parte dell'Area protetta regionale del Monte Beigua. Dalla foresta emergono i rilievi: Bric di Salmaceto (701 m), Cima di Deiva (707 m) e Bric della Rama (672 m).

Il bosco è composto da castagno, rovere ed in misura minore da orniello, Carpino nero e pini.

La grande presenza del castagno, diffuso, come si è visto, in tutta la Provincia, è dovuta all'estrema importanza che aveva questa specie in passato sia per la produzione di castagne sia per la produzione di assortimenti legnosi (paleria) molto utili per le produzioni agricole delle zone limitrofe piemontesi (vigne). La rovere forse è la specie che più ha subito la diffusione del castagno, anche se va detto che nella foresta essa è presente ancora in modo consistente.

Il Carpino nero e l'orniello sono le specie prevalenti dei caratteristici boschi misti nei quali, qua e là, in primavera emerge la bianca fioritura dei ciliegi selvatici.

Questi boschi misti sono coetanei e governati a ceduo. Nelle vicinanze del greto dei torrenti la vegetazione diventa di tipo ripario e vi si trovano soprattutto salici e ontani neri.

Nella zona occidentale della foresta, presso la località Bonuzzo, troviamo invece una pineta creata con un rimboschimento degli anni '50, quando la foresta diventò demaniale.

La foresta è caratterizzata da una presenza consistente di cinghiali, caprioli e daini. Essi sono favoriti dalle interruzioni della copertura del bosco con radure e aree prative dove possono pascolare. Proprio in questi ambienti è possibile avvistare gli animali o rilevarne le tracce: segni dei morsi sui rami, sfregamenti, effettuati con le corna, sulla corteccia degli alberi. I daini sono meno comuni rispetto ai cinghiali ed ai caprioli.

Visita

La foresta si raggiunge percorrendo la Strada Statale n° 334 che collega Savona con Acqui Terme. Procedendo da Savona verso Sassello, a poche centinaia di metri dal capoluogo si incontra l'indicazione di accesso alla Foresta presso il ponte sul Rio Sbruggia; arrivando da Acqui Terme o dai centri delle Valli Orba e Stura, è necessario attraversare il capoluogo.

Ricordiamo che Sassello è un importante centro di villeggiatura: il paese in estate diventa meta di numerosi turisti provenienti soprattutto da Genova, Torino e Milano, essi trovano nella zona la possibilità di fruire di beni naturali straordinari, il Monte Beigua, la Foresta Deiva ed il torrente Erro,; uno dei corsi d'acqua più belli e integri della provincia. Un elemento di forte attrazione, soprattutto per il turismo giornaliero, è la gastronomia locale, i piatti tipici sono caratterizzati, tra l'altro, da funghi, selvaggina, castagne oltre che dai pregevoli e famosi "amaretti", prodotto dell'industria dolciaria locale.

Nella foresta demaniale è presente un itinerario escursionistico lungo 15 Km. Si tratta di una strada sterrata percorribile a piedi, a cavallo o in mountain-bike. La prima parte del percorso si sviluppa all'interno di un bosco di conifere; in alcuni punti la densità delle piante è elevatissima ed è evidente l'origine artificiale del popolamento. A circa un chilometro dalla partenza si raggiunge il castello Bellavista (478 m), costruzione ottocentesca. Dopo alcune centinaia di metri inizia il percorso ad anello impostato tra quote variabili tra i 500 e i 650 metri che circoscrive la zona centrale della foresta . Dopo aver attraversato boschi misti di latifoglie, l'itinerario, presso la località Bonuzzo rientra nel bosco di conifere. In località Giumenta è presente una sorgente. Lungo la Strada Statale n° 334 presso il Colle del Giovo a pochi chilometri dalla foresta del Deiva, vi è un'area picnic, che include il Forte Moglie, struttura militare abbandonata. L'area picnic localizzata all'interno di una pineta a pino nero, è attrezzata di tavoli e panche, braceri protetti e punti acqua, inoltre è corredata da un percorso ginnico attrezzato.

Sempre al Colle del Giovo, ma lungo la Statale n° 542 che unisce il Colle con la Valle Bormida, è presente anche l'area picnic Scarato.

I boschi della Riserva Naturalistica dell'Adelasia

Caratteri forestali e ambientali

I boschi dell'Adelasia sono situati nel Comune di Cairo Montenotte, sul versante padano della Provincia di Savona e fanno parte di una vasta proprietà della 3M Italia che dal 1989 è Riserva Naturalistica.

I confini orografici della Riserva sono caratterizzati da una successione di rilievi che dal crinale appenninico si dipartono verso Ovest: abbiamo il Bric del Tesoro (852 m), il Bric Curlino (823 m), il Bric degli Scaglioni (692 m) e il Monte Cisa (710 m).

Altri rilievi che caratterizzano il reticolo orografico della Riserva sono il Bric dell'Amore (670 m) e la Rocca dell'Adelasia (698 m).

L'albero più diffuso nei boschi dell'Adelasia è il faggio, esso è presente alle quote più basse in popolamenti misti mentre alle quote più alte dà luogo a faggete pure governate a ceduo o a ceduo composto. La faggeta più bella della Riserva, ricca di alberi secolari con circonferenze superiori ai tre metri, è quella del Costellasso, situata tra la Cascina Miera, sede della foresteria della Riserva, attrezzata con un centro per l'educazione ambientale, ed il Bric del Tesoro.

Il castagno è molto diffuso, localizzato prevalentemente alle quote più basse e governato a ceduo e a fustaia da frutto. Quest'ultima è stata diffusa nel corso dei secoli dall'uomo, e senza il suo intervento gradualmente sparisce. Il castagno sta così lasciando il posto ad altre specie, quali: il Carpino nero, l'orniello, la roverella, l'acero campestre, il ciavardello, il ciliegio selvatico, il cerro, la rovere, il Carpino bianco, il nocciolo, l'acero di monte ed il tiglio. Il patrimonio faunistico della Riserva dell'Adelasia è consistente grazie alla presenza di vari ambienti come: i corsi d'acqua, o le aree prative, i boschi. Nei ruscelli è presente un crostaceo, un tempo molto diffuso ed ora raro: il gambero di fiume; di colore bruno, può raggiungere 15 centimetri di lunghezza, è provvisto di un paio di grosse chele con cui cattura le sue prede . Sono ovviamente presenti anche i pesci, in particolare le trote, le arborelle, i cavedani.

Le specie più diffuse degli anfibi sono: il rospo comune, la rana rossa e la salamandra giallo-nera. Consistente è anche la presenza dei rettili, si passa dal saettone, specie tipica di boschi collinari, alla comune biscia d'acqua ed alla natrice viperina, entrambe ottime nuotatrici. Segnaliamo inoltre il ramarro, l 'orbettino e la vipera, quest'ultima è diffusa soprattutto nelle zone prative.

Numerose sono le specie di uccelli: fiorrancino, capinera, pettirosso, usignolo, ghiandaia, colombaccio, picchio verde e picchio muratore. Quest'ultimo corto e "massiccio", si arrampica sugli alberi con brevi "corrette" in qualsiasi direzione, compresa quella all'ingiù, "martella" le noci dopo averle incuneate nella corteccia e predilige i cedui invecchiati, molto diffusi nel territorio della Riserva.. Il picchio rosso maggiore tambureggia rapidamente su rami morti che risuonano. Altri uccelli caratteristici dell'ambiente boschivo presenti nel territorio dell'Adelasia sono: la cincia mora, il codibugnolo ed il ciuffolotto. Negli ambienti torrentizi, sono comuni la ballerina gialla e il merlo acquaiolo.

Significativa è anche la presenza dei rapaci, ricordiamo la poiana e il gheppio e, tra i rapaci notturni, l'allocco, la civetta e il barbagianni.

Nei boschi della Riserva vi sono anche molti mammiferi: l'arvicola, il riccio, il ghiro, la talpa, la donnola, lo scoiattolo, la faina, il tasso, la volpe e la lepre, introdotta per scopi venatori. Particolarmente diffusi nel territorio dell'Adelasia e in tutto il Comune di Cairo Montenotte sono i cinghiali ed i caprioli, specie che non hanno predatori veri e propri e che sono in continuo aumento. Il capriolo fu immesso in Liguria, proprio a Ferrania, nel 1952, nella Riserva di caccia della "Ferrania" (ora 3M) e in seguito all'abbandono della Riserva iniziò la progressiva diffusione nel Savonese, ancora oggi in crescita.

Visita

Il territorio della Riserva dell'Adelasia ha due principali accessi stradali, il primo è situato alla periferia di Ferrania: procedendo lungo la Strada provinciale che unisce Ferrania con Bragno, si attraversa la linea ferroviaria presso la stazione lasciando sulla sinistra il borgo antico del paese e poi si svolta a destra nella strada Ferranietta che si sviluppa lungo la valle omonima. Dopo poche centinaia di metri la strada diventa sterrata e si sviluppa a fianco di aree prative, campi e lembi di bosco. La strada termina dopo quasi 2 Km nei pressi della cascina "Caramellina", in questa zona ha inizio uno degli itinerari della Riserva ed è stato installato un "Percorso Vita".

Il secondo accesso alla Riserva è situato lungo la strada provinciale Montenotte Superiore in corrispondenza di un ampio tornante in prossimità della località Traversine, si accede alla zona Est della Riserva dove è situata la Cascina Miera e da dove si dipartono interessanti itinerari escursionistici.

La 3M Italia, proprietaria della Riserva Naturalistica, ha effettuato un restauro conservativo della "Cascina Miera", situata nell'estremità ad Est della Riserva, al fine di realizzare un centro di educazione ambientale con rifugio escursionistico a fruizione pubblica. Il centro è dotato di 10 posti letto e di tre sale destinate ad attività didattiche, di una biblioteca e di un'aula per conferenze.

Nel 1992 nei pressi della località Saraveglione e della Cascina Caramellina, nel territorio a monte della confluenza del Rio della Beghina nel Rio Ferranietta è stato realizzato un percorso "Vita": lungo 1.5 Km con 15 tappe in ognuna delle quali sono posti cartelli che spiegano ai visitatori gli esercizi ginnici da effettuare.

Lungo parte del confine orientale della Riserva si svolge la 17a tappa dell'Alta Via dei Monti liguri (Colle di Cadibona - Le Meugge) che, in questo tratto, coincide con la strada provinciale "Montenotte Superiore". E' consigliabile quindi, per gli escursionisti, effettuare una variante all'interno della Riserva.

Nei boschi della Riserva naturalistica dell'Adelasia sono presenti quattro itinerari.

1) L'itinerario n° 1 è lungo 5 Km ed è a sviluppo circolare. La partenza (693 m) è situata in corrispondenza di un'ampio tornante lungo la strada Provinciale "Montenotte superiore", nei pressi della località Traversine . Oltrepassata la Cascina Miera, a 880 m di quota inizia la faggeta del "Castellazzo", che per una pluriennale assenza di utilizzazioni forestali, sta perdendo i connotati della originaria forma di governo a ceduo e si sta evolvendo a fustaia. Si segnalano esemplari di faggio che hanno raggiunto dimensioni ragguardevoli, con circonferenza di circa tre metri. Il sentiero si snoda lungo il crinale del Bric del Tesoro, percorrendo i luoghi che furono teatro di battaglia tra Francesi e Austro-Piemontesi nella battaglia di Montenotte (1796) con cui iniziò la 1° Campagna Napoleonica d'Italia. Al termine del pianoro, in località Taverin, si scende verso quote inferiori; al piede di una ripida discesa che attraversa un bosco misto di castagno e faggio si giunge alla Rocca dell'Adelasia che è il punto panoramico più importante dell'intera zona.

Proseguendo per un'ampia carrareccia si raggiunge in pochi minuti il punto di partenza. Nella parte finale del percorso, presso la località Pian Nocciola vi è una piazzuola anticamente usata per la produzione del carbone di legna.

2) L'itinerario n° 2, lungo 6 Km (ad anello), ha inizio nella porzione più bassa della Riserva, nella Valle del Rio Ferranietta. La partenza è situata a 400 m di quota, presso la "Cascina Caramellina", una delle poche fattorie abitate della zona. Il sentiero, che inizialmente si svolge lungo prati, prosegue attraverso cedui di castagno e faggio dove è possibile rinvenire tracce del capriolo e del cinghiale. Nei pressi della Cascina Psigni sono presenti esemplari di una specie arborea rara, la "cerrosughera" (Quercus crenata), incrocio tra cerro e sughera. Con una deviazione a destra di poche centinaia di metri si raggiunge la Rocca dell'Adelasia. Si torna al punto di partenza attraverso un'ampia carrareccia, lungo la quale si incontra una sorgente perenne.

3) L'Itinerario n° 3, come il n° 1, ha inizio dalla strada Provinciale "Montenotte Superiore", nei pressi della località Traversine. In prossimità dei luoghi della battaglia napoleonica, mentre l'itinerario n° 1 si dirige a sinistra, l'itinerario n° 3 prosegue lungo la carrareccia dirigendosi verso i confini settentrionali della Riserva.

La carrareccia sale attraversando un bosco di faggio misto a castagno e raggiunge gli 800 m di altezza, passa poi attraverso una zona in cui occasionali abeti rossi costeggiano il sentiero dove sono evidenti gli schianti da neve che si sono verificati negli ultimi inverni. Si prosegue scendendo fino alla località "Chiappa" caratterizzata da un'area prativa che rappresenta un interessante punto panoramico, dal quale nelle giornate più limpide è possibile scorgere il gruppo del Monte Rosa. Nel periodo primaverile in questa zona c'è il passaggio, numericamente consistente, di uccelli migratori, prevalentemente di rapaci che, dal Mediterraneo occidentale si spostano verso l'Europa Nord-Orientale. Proseguendo si giunge in località Pianellazzo (706 m), margine occidentale della Riserva. Qui transita un altro importante itinerario escursionistico denominato "Bormida Natura", che collega le Aree protette della Val Bormida (Riserva Naturalistica dell'Adelasia, Area protetta "Bric Tana" di Millesimo, Area protetta "Langhe di Piana Crixia", Oasi faunistica di Rocchetta Cairo).

Il percorso prosegue verso il Bric degli Scaglioni; superato il Rio Lamone la carrareccia giunge al Rio Grinda, la vegetazione è quella tipica delle zone umide. Lasciato il Rio si sale fino a "Cascina Grinda" per poi proseguire, attraversando il Rio della Chiappa, fino alla "piana" della località Amore; si attraversa un vecchio castagneto da frutto e, dopo una salita piuttosto ripida, si giunge alla Rocca dell'Adelasia. La parte conclusiva dell'itinerario è comune a quella del percorso n° 1.

4) L'itinerario "A", è così denominato in quanto studiato e "collaudato" dalla rivista "Airone", che ha premiato, nel 1992, la 3M con "L'airone d'argento" per aver istituito la Riserva Naturalistica dell'Adelasia.

Il percorso ad anello è lungo circa 7 Km La prima parte del percorso è in comune con gli itinerari n° 1 e n° 3. Giunti alla località "Chiappa" si segue il sentiero che costeggia un affluente del Rio Chiappa, il terreno è accidentato, sono numerosi i ruscelli e i pantani. Si prosegue fino ai prati di "Cascina Amore" e si svolta a sinistra in direzione della Rocca dell'Adelasia, visibile sullo sfondo e raggiungibile attraverso una ripida salita.

La lecceta di Bric Vaderno

Caratteri forestali e ambientali

Il Brio Vaderno (515 m) è situato nei pressi di Rocchetta Cairo, nel Comune di Cairo Montenotte, in una zona che, secondo i criteri geografici, fa parte delle Langhe e, in particolare, del ristretto territorio compreso tra la Bormida ed il Piemonte: le "Langhe liguri".

Secondo abitanti della zona il toponimo Vaderno, deriverebbe da "Valle Armi", in ricordo delle battaglie napoleoniche che si svolsero in quella zona nel 1794 e nel 1796. Ulteriori ipotesi sull'origine di tale denominazione sono allo studio.

Il suolo di questa zona è quello tipico delle Langhe liguri, è cioè caratterizzato da marne e arenarie, con morfologia dolce. Gran parte di questa zona era coltivata a viti, le colline venivano terrazzate e il loro aspetto era simile a quello dei rilievi coltivati della vicina Riviera. Ora la presenza di vigneti è marginale e il territorio è stato gradualmente riconquistato dal bosco. La valle del Rio Vaderno è delimitata, a Nord - Ovest, dal crinale che unisce Monte Ubrì con il Bric di Vaderno, a Sud - Ovest dal Colle dei Bricchi e a Sud - Est dal crinale che unisce quest'ultimo con la Vignazza. Il Rio, che nel periodo estivo è pressoché privo di acqua, è un affluente di sinistra della Bormida di Spigno. Il versante occidentale del Bric Vaderno fa parte della Valle del Rio dei Gelosi, nel Comune di Dego. La "leccata" è situata sul versante meridionale del Bric Vaderno, alla testata del Rio omonimo.

Come si è detto in precedenza, gran parte dei territori un tempo coltivati è stata conquistata dal bosco, formato in prevalenza da orniello, roverella e Carpino nero, i boschi sono governati a ceduo. Il paesaggio della zona è molto interessante grazie alla sua eterogeneità, è presente il contrasto tra il bosco, le aree prative ed il caratteristico colore grigio azzurro delle emergenze rocciose (marne ed arenarie) che talvolta producono suggestivi calanchi.

La presenza del leccio è limitata alla località Casa Castellano (460 m) sul versante meridionale del Bric Vaderno. Il popolamento è costituito da una decina di alberi di circa 30-40 anni di età e da decine di esemplari molto giovani risultato di una recente e naturale rinnovazione. Il popolamento si estende su aree prative terrazzate e, in modo marginale nei boschi di latifoglie confinanti. Ricordiamo che il leccio è una specie sciafila, quindi soprattutto allo stadio giovanile predilige crescere all'ombra, e trova difficoltà a colonizzare le aree prative. Tuttavia, gradualmente, si sta diffondendo in questa porzione di territorio. Ovviamente la presenza del leccio in Provincia di Savona non rappresenta una novità, tuttavia si ritiene significativa la presenza di un popolamento sulle Langhe liguri, a pochi chilometri dal confine con la regione Piemonte. Il popolamento di Vaderno rappresenta la stazione più settentrionale di leccio della Provincia di Savona.

Il Bric Vaderno confina con l 'Oasi faunistica di Rocchetta Cairo il cui territorio si estende sulle alture delle Langhe (Monte Ubrì, Vigneroli, Chinelli) e in un'ampia area pianeggiante, situata alla destra della Bormida che si raccorda con i primi contrafforti appenninici. L'Oasi è frequentata da circa 130 specie di uccelli tra svernanti, nidificanti e di passaggio. Tra le specie più interessanti segnaliamo il biancone (detto anche "l'aquila dei serpenti"), il falco cuculo, l'albanella reale, il cavaliere d'Italia, l'anitra quattr'occhi ed il tarabusino inoltre sono diffuse specie di interesse venatorio come il fagiano, la pernice rossa e la lepre.

Visita

Il Bric Vaderno può essere raggiunto da Rocchetta Cairo seguendo la strada comunale "Ponte romano" che, dopo aver attraversato "la Piana", termina in prossimità del ponte omonimo. Proseguendo in direzione Nord - Ovest parallelamente al corso del Rio Vaderno termina la strada asfaltata, si procede lungo la valle superando la località "Curtin". Sulla sinistra del sentiero, si trova un esemplare di cerro sughera( Quercus crenata), rara pianta a foglie persistenti derivante dall'incrocio tra il cerro e la sughera. Dopo un breve tratto in asfalto la strada ritorna sterrata, superata una brevissima discesa vi è un bivio, il Bric Vaderno può essere raggiunto tramite entrambi i percorsi: procedendo diritti si prosegue lungo il fondovalle, parallelamente al Rio fino alla testata della valle da dove è necessario risalire, fino al crinale della valle che unisce Monte Ubrì con la meta del percorso, il Bric Vaderno.

Anche il sentiero appena descritto fa parte del complesso BN (Bormida Natura), riconoscibile per il segnavia

Dopo aver superato il Bric Vaderno, l'itinerario "Bormida Natura" raggiunge il crinale presso Bric Ciappera (551 m) con due diramazioni, a Sud si dirige verso l'Area protetta "Bric Tana" di Millesimo, a Nord si dirige verso l'Area protetta "Langhe di Piana Crixia" seguendo la valle del Rio dei Gelosi.

I boschi delle Langhe di Piana Crixia

Caratteri forestali e ambientali

"Langhe di Piana Crixia" è la denominazione dell'Area protetta istituita con Legge regionale del 27 Febbraio 1985, ed estesa per 830 ettari. Piana Crixia è il comune più a Nord della Provincia di Savona, e il territorio dell'Area protetta fa parte delle Langhe liguri, cioè di quella zona che, dalla sponda sinistra della Bormida di Spigno si estende verso il Piemonte. A Nord - Est l'Area protetta confina con le province di Alessandria e Cuneo, a Sud ed Ovest i confini coincidono con le Strade Statali n° 29 e n° 30.

Dal punto di vista idrografico la zona è caratterizzata da un complesso di solchi torrentizi subparalleli con deflusso verso Sud, tutti affluenti di sinistra del Rio della Madonna che, a sua volta, è un affluente di sinistra della Bormida di Spigno. L'andamento dei corsi d'acqua è impostato su linee di frattura del territorio che danno luogo ad un'idrografia irregolare e suggestiva. L'azione di ruscellamento e di erosione delle acque piovane genera a sua volta altri elementi di frattura del territorio che costituiscono l'emergenza geomorfologica più importante della zona: i calanchi.

Gran parte del territorio dell'Area protetta è infatti soggetto ad erosione concentrata che si manifesta proprio con calanchi, interessanti dal punto di vista geomorfologico ma non colonizzabili dalla vegetazione salvo per specie pioniere: nella migliore delle ipotesi qualche roverella, orniello e Carpino nero. La specie arborea che più di altre riesce ad insediarsi in ambienti difficili è il pino silvestre, che si trova sia sul suolo marnoso-arenaceo sia in prati ed in ex coltivi. Talvolta forma piccole fustaie coetanee. L'uomo in passato ha conquistato terreno con la realizzazione di terrazzamenti, per coltivare viti ma in questi ultimi anni, in seguito all'abbandono delle attività agricole vi è stata un'espansione del bosco con roverella, cerro, Carpino nero, orniello e pino silvestre . Le latifoglie sono governate a ceduo e formano popolamenti coetanei; a boschi radi si alternano boschi molto densi, ciò dipende soprattutto dal suolo che, come si è visto, può essere accidentato o può ancora avere i "segni" delle precedenti utilizzazioni agro-pastorali. In alcuni boschi, le matricine secolari di cerro sovrastano il popolamento i cui margini sono ravvivati dai fiori bianchi e dai coloratissimi frutti della Lantana (Viburnum lantana). Sono presenti anche cedui di castagno e vecchi castagneti da frutto oggi in stato di abbandono.

Negli ultimi anni nei boschi di Piana Crixia si sono verificati incendi boschivi; durante uno di essi un aereo "Canadair" impiegato nelle azioni di spegnimento si è schiantato su una collina ed i piloti sono deceduti.

La zona delle "Langhe di Piana Crixia" non ha emergenze faunistiche di particolare rilievo: ma è ampia la rappresentanza dei rettili: orbettino, ramarro, lucertola muraiola, biacco, saettone, natrice viperina, natrice dal collare e vipera comune sono i più diffusi.

La parziale variabilità di ambienti presenti, boschi, campi, prati, corsi d'acqua, garantisce una buona presenza avifaunistica, particolarmente numerosi sono i piccoli uccelli: allodola, rondine, balestruccio, ballerina gialla, ballerina bianca, scricciolo, pettirosso, codirosso, saltimpalo, merlo, capinera, luì piccolo, cincia bigia, cincia mora, cinciarella, cinciallegra, storno, passera d'Italia, verzellino, cardellino. Interessante è la presenza del picchio verde, specie dal caratteristico volo ondulante, che nidifica in buchi scavati negli alberi. I corvidi, in espansione, sono rappresentati dalle ghiandaie, dalle gazze, taccole e cornacchia grigia. Grazie alla presenza, sul territorio comunale, di un'azienda faunistico - venatoria, sono particolarmente diffusi i fagiani e le pernici, si tratta di specie tipiche di un habitat caratterizzato da terreni coltivati, pascoli, terreni incolti, cespuglieti.

Concludono il quadro delle presenze avifaunistiche la tortora e l'allocco.

Tra i mammiferi ricordiamo i ricci, le talpe, la faina ed una specie di interesse venatorio, la lepre.

Visita

I boschi dell'Area protetta delle Langhe sono raggiungibili con la SS n° 29 del Colle di Cadibona, che collega la costa ligure con Piana Crixia e prosegue verso le province di Cuneo e Asti. La SS n° 30 collega Piana Crixia con la Provincia di Alessandria e si sviluppa parallelamente al corso della Bormida di Spigno. Inoltre Piana è raggiungibile anche in treno, lungo la linea Savona-Alessandria.

La zona dell'Area protetta è anch'essa interessata dal percorso escursionistico "Bormida Natura" (BN); il sentiero permette di collegarsi verso Sud con l'Oasi faunistica di Rocchetta Cairo ed in direzione Sud-Est con la Riserva Naturalistica dell'Adelasia.

All'interno dell'Area protetta sono presenti sei itinerari.

La Foresta Demaniale della Barbottina

Caratteri forestali e ambientali

La foresta demaniale della Barbottina è situata nei pressi del Colle del Melogno, nel Comune di Calizzano. I 244 ettari della foresta, di proprietà del demanio regionale dal 1954, interessano il bacino del torrente da cui essa prende il nome

Si tratta di una faggeta pressoché pura; solo sporadicamente, dove il suolo è più superficiale (costoni, dirupi, rocce affioranti), troviamo la rovere. Molto marginale è la presenza dell'acero di monte che si rinnova alle quote più alte della foresta. Il castagno, un tempo molto diffuso è in regressione e oggi rimangono solo vecchie ceppaie . La foresta è dunque costituita da una fustaia disetanea di faggio nella quale non si eseguono tagli da oltre 25 anni: gli esemplari più vecchi sono di notevole diametro e considerevole altezza. L'ambiente è particolarmente suggestivo: il silenzio è rotto solo dal rumore delle acque del Rio Barbottina e dei rivi secondari.

La foresta demaniale, come i boschi di tutto il Comune di Calizzano, negli anni 1991 e 1992 stata colpita da un'eccezionale infestazione di Pudibonda (Dasychira pudibunda), lepidottero della famiglia dei Limantridi, le cui larve (bruchi) hanno defogliato interamente la faggeta.

Grazie ad efficaci interventi di lotta, negli anni successivi il problema non si è più presentato.

L'uniformità ambientale della Barbottina, che si presenta in definitiva piuttosto omogenea, non favorisce la diffusione di un elevato numero di specie animali, limitandosi a quelle più tipiche della faggeta.

Per quanto riguarda gli anfibi possiamo trovare la salamandra giallo-nera, il tritone alpestre, il rospo comune e la rana temporaria. Tra i rettili, anch'essi poco rappresentati, segnaliamo l'orbettino, il ramarro, la lucertola muraiola, il biacco e la vipera comune. Uccelli assidui frequentatori dei rii della zona sono le ballerine (ballerina gialla e ballerina bianca) mentre poco numerosa, ma comunque significativa, è la presenza di rapaci come il falco pecchiaiolo e la poiana, che spesso capita di vedere volteggiare alti nel cielo.

Nell'area della Barbottina alla fine degli anni '80 i rapaci sono stati protagonisti di un'interessante iniziativa della L.I.P.U. (Lega Italiana Protezione Uccelli), nell'ambito della quale sono stati liberati gheppi, poiane, allocchi, civette, sparvieri e falchi pellegrini. Gli esemplari provenivano dal centro rapaci di Parma, noto "ospedale" dove gli individui sofferenti, per lo più per ferite da arma da fuoco vengono curati e gradualmente riabilitati. Purtroppo il numero degli esemplari reimmessi nel proprio ambiente è quasi "simbolico" rispetto al numero dei rapaci che perdono la vita per motivi venatori, nonostante la considerevole tutela di cui sono oggetto, che dovrebbe garantire loro una protezione totale.

Visita

L'unico accesso stradale alla Barbottina è rappresentato dalla Strada Statale n° 490 che collega Calizzano (640 m) con Finale Ligure. Dal Colle del Melogno sul crinale alpino, si dipartono alcuni interessanti sentieri che attraversano la foresta della Barbottina.

1) La 14a tappa dell'Alta Via dei Monti Liguri collega il Colle del Melogno al Giogo di Giustenice (1143 m) con 9 chilometri di tappa, che si percorrono in due ore e mezza.

2) Un ampio sentiero, che è in realtà una pista forestale, parte nelle vicinanze della fortificazione sul Colle del Melogno e si inoltra nel bosco in direzione Ovest. Il percorso è pianeggiante e dopo circa mezz'ora di cammino entro una bella fustaia disetanea di faggio di proprietà comunale, si raggiunge la foresta demaniale della Barbottina, il cui confine è riconoscibile dalle indicazioni del Corpo Forestale dello Stato. La pista forestale prosegue all'interno della foresta con moderate pendenze e in venti minuti circa si raggiunge il Torrente Barbottina. Lungo il percorso si potranno notare di tanto in tanto i "piazzali" utilizzati in passato per la produzione del carbone di legna.

3) Dalla cima del Colle del Melogno si sviluppa infine lungo la valle del torrente Frassino un interessante itinerario che in circa 8 Km giunge fino a Calizzano. Si tratta di un sentiero storico denominato la "Via del ferro", ripristinato di recente . Lega il suo nome al minerale proveniente dall'isola d'Elba e dalla Corsica, che veniva portato a dorso di mulo a Calizzano per essere lavorato e trattato presso le ferriere presenti in zona.

La Foresta Demaniale di Cadibona

Caratteri forestali e ambientali

La foresta demaniale di Cadibona è ubicata tra i 200 e i 650 m di quota e si estende sul versante tirrenico degli Appennini. La superficie è di 220 ettari: la massima lunghezza, da Nord a Sud, è di 3.4 Km, la larghezza varia da 200 a 1350 metri.

La foresta demaniale, fino alla fine del Medioevo, faceva parte di un complesso boschivo denominato "Bosco di Savona " che si estendeva su gran parte del territorio comunale savonese. Esso forniva in abbondanza legname pregiato ed era oggetto di una particolare tutela, come già descritto nel secondo capitolo.

La tutela di cui è stata oggetto per lunghissimo tempo la foresta demaniale di Cadibona, ha avuto un effetto benefico sulle condizioni vegetative . La differenza più evidente che si riscontra tra la foresta demaniale e i boschi circostanti riguarda la composizione: mentre i boschi di proprietà privata sono prevalentemente composti da castagno e, in parte, da pini, la foresta demaniale è composta da faggio e rovere con formazioni miste di latifoglie a Carpino bianco, orniello, Carpino nero, ciliegio selvatico con presenza anche di agrifoglio . La discreta diffusione del rovere testimonia che la reale composizione del "climax", cioè la situazione di maggior equilibrio naturale, dovrebbe essere qui rappresentata dal querceto.

Nella parte più settentrionale della foresta è presente un piccolo popolamento di abete bianco che però è di origine artificiale. Ad esclusione della faggeta, governata a fustaia, il resto del bosco è a ceduo composto. Da notare la presenza, nella zona meridionale, della robinia, pianta di origine nordamericana, che viene solitamente impiantata per consolidare le pendici e limitare il pericolo di smottamenti.

Percorrendo la foresta dalle quote più alte si incontrano numerosi ambienti, il primo di essi è rappresentato dalla citata fustaia di abete bianco di origine artificiale: in essa vi è contrasto tra alberi di dimensioni maestose, alberi poco sviluppati, "soffocati" dalla concorrenza e piante seccate a causa della elevata densità del popolamento. Sotto l'abetaia si estende la faggeta, nella quale i vecchi polloni raggiungono dimensioni ragguardevoli e le matrici ne, alte e ramose, sono molto vecchie. Al di sotto della faggeta entriamo nel querceto a rovere, diffusissimo lungo i pendii meridionali.

La varietà degli ambienti del territorio della foresta rappresenta una ricchezza per la fauna; in poche centinaia di metri si passa da un'ambiente montano a zone ad influenza mediterranea ad ambienti di ripa (negli impluvi).

Per quanto riguarda la fauna, sono presenti numerosi anfibi: rospo comune, rospo smeraldino, rana verde comune, raganella mediterranea, salamandra pezzata, tritone crestato e ben dodici specie di rettili: biacco, colubro di Esculapio, colubro liscio, colubro di Riccioli, colubro lacertino, orbettino, luscengola, ramarro, lucertola muraiola, lucertola campestre, geco comune, geco verrucoso. Per quanto riguarda l'avifauna, nella zona vivono una cinquantina di specie, ma in alcuni periodi dell'anno se ne possono osservare oltre 100, tra stanziali, svernanti e di passaggio. Nell'ambiente ripario dei torrenti nidificano due uccelli caratteristici e inconfondibili, il martin pescatore e il merlo acquaiolo.

Il primo, velocissimo, ha un volo radente all'acqua, e può essere osservato quando staziona sui rami. Il secondo, il merlo acquaiolo, ha corpo tozzo, colore marrone, corta coda all'insù un'evidente macchia sul petto; per cercare nutrimento si tuffa o ...cammina sott'acqua!

Altre specie frequenti negli ambienti ripari sono le ballerine, piccoli uccelli dalla lunga coda che svolazzano o camminano senza sosta lungo le rive. I boschi ripari ospitano anche la cutrettola e il lucherino.

La presenza di vecchi alberi arricchisce molto il bosco dal punto di vista faunistico: i rami secchi e le cavità dei tronchi favoriscono la presenza di picchi, cince, del picchio muratore e dell'allocco.

Nei boschi governati a ceduo, confinanti con la foresta demaniale, sono diffuse soprattutto la ghiandaia ed il cuculo. Per quanto riguarda i rapaci si segnalano: la poiana, il gheppio e lo sparviero Ricordiamo, inoltre, il pettirosso ed il merlo, diffusi ovunque nella foresta.

Nel periodo delle migrazioni si verifica il passaggio di molte specie tra le quali ricordiamo il falco pecchiaiolo ed il (coloratissimo) gruccione.

Come nei boschi della "vicina" Riserva dell'Adelasia, sono molto diffusi i caprioli ed i cinghiali.

Visita

Il "bosco di Savona" è raggiungibile con la strada provinciale Montenotte Superiore che attraversa la parte settentrionale della foresta.

Ad Est della "Foresta demaniale" si può percorrere anche la strada provinciale Montenotte Superiore - Savona - Santuario che unisce il capoluogo provinciale con il crinale appenninico.

Il bosco è interessato dalla tappa n°17 dell'Alta Via dei Monti Liguri che unisce il Colle di Cadibona con la località "Le Meugge".

Un'escursione nel bosco è possibile anche attraverso i numerosi sentieri segnalati: tra questi citiamo l'itinerario Pian del Melo - Montegrosso.

Il sentiero si svolge lungo parte del confine orientale della foresta, il tempo di percorrenza è di 2 ore e 30 minuti, la lunghezza è di 6.5 Chilometri.

La partenza avviene in corrispondenza della strada provinciale Montenotte Superiore, l'arrivo è situato in prossimità della linea ferroviaria Torino-Savona. Iitinerario Burrè - Miniera di Cadibona.

Questo sentiero costeggia per quasi la sua totalità il confine occidentale della foresta, il tempo di percorrenza è di 3 ore e dieci minuti, la lunghezza è di 6.9 chilometri.

Anche in questo caso la partenza è situata lungo la strada provinciale Montenotte Superiore e la zona di arrivo è nelle vicinanze della linea ferroviaria Torino-Savona.

I boschi del Monte Alto

Caratteri forestali e ambientali

Il Monte Alto (956 m) si trova nel territorio del Comune di Mallare e solo le sue pendici Sud- orientali confinano con i Comuni di Orco Feglino e Vezzi Portio.

Il Monte Alto ha la forma di un cono ed è completamente coperto da boschi; la tipologia forestale più estesa è senza dubbio la faggeta, governata sia a ceduo che a ceduo composto, e recentemente una parte di essa è stata convertita a fustaia. Nel bosco colpiscono particolarmente le matricine del ceduo composto, che in alcuni casi sono secolari, la cui chioma è espansa e molto ramosa tanto da far sembrare giganteschi gli esemplari rispetto al resto del ceduo. Alle quote più basse la faggeta si mescola al castagneto, che è governato a ceduo. Sulle pendici Sud-orientali è presente una pineta a pino nero di origine artificiale, dove gli alberi raggiungono dimensioni ragguardevoli e le chiome sono molto sviluppate. Il paesaggio della pineta è arricchito da pini marittimi isolati provenienti dalle quote più basse e da faggi che scendono invece, dalle quote più alte: si verifica così un incontro "insolito' tra due alberi molto diversi.

La presenza di tanti ambienti, bosco alle quote più alte, bosco alternato a pascolo alle quote più basse e corsi d'acqua rappresenta una ricchezza per la fauna. Tra gli anfibi: salamandra giallo-nera, tritone alpestre, rospo comune, rana temporaria Significativa è la presenza dei rettili, dall'orbettino al ramarro, dalla lucertola muraiola al biacco, al colubro lacertino alla vipera comune. I torrenti ospitano la natrice viperina e la natrice dal collare.

Tra gli uccelli particolarmente numerosi sono i rapaci: falco pecchiaiolo, poiana, gheppio, lodolaio e, tra i "notturni", civetta e allocco. Altro uccello di abitudini notturne è il succiacapre, il cui nome curioso deriva da un'antica credenza popolare, secondo la quale questo uccello si alimenterebbe succhiando il latte delle capre. La realtà è che il succiacapre è un insettivoro e che, nei suoi spostamenti notturni si dirigeva verso le stalle e le greggi dove, attirate dalle fievoli luci dei pastori, erano presenti in gran numero le sue prede, come ad esempio le falene. Non meno pittoresco è il nome dialettale del succiacapre in Val Bormida: "shcuarta baggi" (squarta rospi). Anche in questo caso vi sarebbe un errore di associazione tra il succiacapre e l'ambiente che frequenta: nel periodo estivo, sempre nelle ore notturne, il succiacapre infatti frequenta le strade e le scarpate. L'aver notato l'uccello in un sito dove sono frequenti i rospi ha fatto pensare al succiacapre come ad uno squartatore di rospi ignorando la sua vocazione insettivora. Invece il succiacapre frequenterebbe le scarpate stradali al fine di catturare le sue prede naturali, le farfalle notturne attirate dai fanali dello auto e dal calore emanato dall'asfalto.

Per quanto riguarda i picchi sono presenti: il torcicollo il picchio verde e il picchio rosso maggiore. Ecco alcune altre specie di comune avvistamento: rondine, balestruccio, prispolone, scricciolo pettirosso saltimpalo, merlo, capinera, luì bianco, luì piccolo, codibugnolo cincia bigia, cincia dal ciuffo, cincia mora, cinciarella, cinciallegra, ghianclaia, cornacchia nera, storno fringuello, ciuffolotto, zigolo muciatto, strillozzo.

Il cinghiale è meno diffuso rispetto a molti Comuni della Val Bormida e delle Valli Erro e Orba, tuttavia la sua presenza è consistente come dimostrano i danni procurati annualmente alle colture agricole.

Visita

Il Monte Alto è raggiungibile da Mallare grazie alla strada comunale che unisce la località Eremita (sede dell'omonimo santuario) con il Colle di San Giacomo. Le pendici del Monte Alto sono interessate dal passaggio della 16a tappa dell'Alta Via dei Monti Liguri, Colle di San Giacomo (796 m ) - Colle ali Cadibona (459 m ), lunghezza 13 Km, tempo di percorrenza 3 ore e 30 minuti.

Il percorso inizialmente si sviluppa lungo la Strada rotabile pianeggiante, dopo pochi minuti di cammino si devia a sinistra tagliando a mezza costa i versanti Sud ed Est del Monte Alto: il sentiero prosegue all'interno di una rada pineta ali pino nero e nel versante Est in un ceduo composto e in una fustaia di faggio.

Presso il Colle del Termine il sentiero si unisce con la rotabile per Quiliano fino alla località Baraccone, successivamente sale i contrafforti del monte omonimo (821 m). Si procede verso il Monte Burotto (745 m) lungo il crinale; raggiunto il rilievo si scende l'acclive versante Nord fino ad una rotabile secondaria che si innesta sulla SS n° 29 del Colle di Cadibona a Nord della galleria di valico.

La zona del Monte Alto è interessata anche da alcuni sentieri escursionistici provenienti dal Quilianese.

Roviasca - Tagliate - Colle di San Giacomo (tempo di percorrenza: 4 ore); si parte da Roviasca (220 m), frazione del Comune di Quiliano. A quota 648 metri, presso la Sella del Baraccone l'itinerario si unisce all'Alta Via e raggiunge il caratteristico Forte del Baraccone, antica costruzione del '600. Raggiunto il Colle del Termine l'itinerario prosegue verso Sud-Ovest, sviluppandosi lungo un'ampia carrareccia e lasciando "l'Alta Via" che si dirama, a destra, nel bosco.

Questo tratto di itinerario è caratterizzato da una buona panoramicità, la visuale raggiunge le caratteristiche rocche del Finalese. Per quanto riguarda la vegetazione siamo in presenza di un bosco misto di latifoglie, dove si trovano grossi esemplari di carpino bianco, frassino e acero di monte. Giunti in località Cà Nuova si svolta a destra, in direzione Nord-Ovest, dopo qualche centinaio di metri il sentiero si unisce nuovamente con "l'Alta Via", tra pinete di pino nero. Il percorso si sviluppa in leggera salita lungo le pendici del Monte Alto e a quota 796 metri, presso un'ampia area prativa, si raggiunge il Colle di San Giacomo dove è presente un'area picnic.

Sentiero Colle del Termine - Monte Alto (tempo di percorrenza: 2 ore 30).

Dal Colle del Termine (663 m), importante punto di incrocio tra l'Alta Via e le strade provenienti dal Comune di Altare e dal Comune di Quiliano si segue il sentiero che si inoltra nel bosco in direzione Sud-Ovest, si aggira il Bric del Termine e si raggiunge il crinale. Proseguendo in direzione Sud-Ovest, presso la località Colle della Tagliata si incrocia l'area gradonata percorsa dal metanodotto. Si devia verso Sud e poi si risale fino a raggiungere la vetta del Monte Alto, restando sempre all'interno della faggeta. Sentiero Colle di San Giacomo - Faggi di Benevento (tempo di percorrenza: 1 ora). Questo sentiero non interessa direttamente il Monte Alto, tuttavia è importante in quanto interessa un pregio forestale della zona, i "faggi di Benevento". Dal Colle di San Giacomo si procede in direzione Ovest lungo una pista forestale, si attraversa una faggeta recentemente convertita da ceduo a fustaia e, successivamente, boschi misti cedui di castagno e faggio. Il percorso è pianeggiante, solo in prossimità della meta vi sono alcuni saliscendi . Questi faggi, monumentali, sono anche detti "napoleonici", tuttavia non si sa con precisione a quale episodio storico siano legati; si tratta di 5 esemplari, il più imponente del gruppo misura 7.7 metri di circonferenza e 34 metri di altezza, il tronco mostra chiaramente la sua derivazione da parecchi fusti con cresciuti. Questo esemplare è stato censito tra gli alberi monumentali d'Italia. In località Colle San Giacomo è presente un'area picnic, fornita di sorgente perenne, tavoli, panche e di braciere protetto.

I boschi tra il Monte Carmo e Bardineto

Caratteri forestali e ambientali

Il Monte Carmo di Loano (1389 m), una delle montagne più alte della Provincia di Savona, è situato sulla dorsale alpina tra il Giogo di Toirano ed il Giogo di Giustenice. Come molte altre alture della Provincia il Monte Carmo presenta forti differenze tra il versante tirrenico ed il versante padano, soprattutto dal punto di vista del paesaggio vegetale: mentre il versante padano, dalla vetta Ano a Bardineto, ospita un interessante patrimonio forestale, il versante tirrenico è in parte prativo, in parte arbustivo mentre il bosco è presente solo alle quote più basse.

I boschi del versante padano sono composti da vecchi castagneti da frutto, cedui di castagno, fustaie di faggio, cedui di faggio. E' presente anche la betulla, prevalentemente ai margini delle piste forestali. Nella zona di crinale prossima al versante padano è presente anche il Carpino bianco che qui, cosa piuttosto rara, è governato a fustaia.

Visitando questi boschi si notano i segni della pratica della selvicoltura: sono presenti cataste di legname, piste forestali, rimboschimenti, inoltre vengono praticate conversioni ad alto fusto; si ha la sensazione che sia stato raggiunto un equilibrio tra le attività umane (quelle selvicolturali) e l'ecologia della foresta dove quest'ultima mantiene inalterato il suo fascino, le piante hanno una crescita vigorosa che spesso produce esemplari di grosse dimensioni, veri e propri "monumenti" della natura.

Nelle vicinanze del crinale è presente un bosco misto di faggi e larici di 8 ettari. Il larice è stato inserito con rimboschimenti negli anni '50 che rappresentano l'unico popolamento di questa specie della Provincia di Savona. Nel passato è stato favorito dall'uomo poiché era considerato un albero prezioso per l'economia montana, fornendo legname di grande pregio e permettendo il pascolo sotto le sue chiome.

All'interno dei cedui capita di trovare piccoli esemplari di abete bianco: si tratta comunque sempre di piante inserite dall'uomo. E' curioso notare il contrasto tra abeti di differente sviluppo anche se vicini: tutti furono piantati nello stesso periodo e la straordinaria differenza di dimensioni deriva dal fatto di aver trovato o meno le condizioni per svilupparsi.

Nel sottobosco umido, presso i ruscelli, sotto i sassi, sotto le foglie marcescenti e nei tronchi marci è presente la salamandra pezzata; nei boschi del Monte Carmo sono presenti altre tre specie di anfibi: il tritone alpestre, il rospo comune e la rana temporaria.

Tra Aprile e Ottobre è possibile incontrare uno degli ospiti meno graditi dei boschi del savonese, la vipera comune. Gli habitat preferiti dalla vipera sono: piccole radure erbose circondate da pietraie, alberi abbattuti, ceppaie, ammassi di legname o cortecce e terreni ricoperti da foglie. La zona del Carmo ospita anche altri rettili, l'orbettino, il ramarro, la lucertola muraiola e il biacco.

Per quanto riguarda le presenze degli uccelli segnaliamo la ballerina gialla e la ballerina bianca, entrambe frequentatrici dei corsi d'acqua e il luì piccolo e il luì verde. Sono presenti anche due specie di rapaci: la poiana ed il falco pecchiaiolo.

Visita

Bardineto è collegato con il Monte Carmo da una strada comunale che si sviluppa in direzione Sud - Ovest; si prende la strada provinciale per Loano e, presso Case Giairolo, si svolta a sinistra seguendo le indicazioni "Monte Carmo"; la strada è stretta e si inserisce nella Valle del Rio Giaire.

In località Case Principe la strada diventa sterrata e si sviluppa tra vecchi castagneti da frutto, betulle e faggi. Dalla località Tetti Madonna (976 m), al crinale, presso il Giogo di Giustenice (1197 m) , il tempo di percorrenza pedonale è di 40 minuti. Dal Giogo di Giustenice la Strada prosegue lungo il versante tirrenico verso Giustenice e Pietra Ligure. Il Giogo costituisce anche l'inizio della 13a tappa dell'Alta Via, Giogo di Giustenice - Giogo di Toirano, 7 Km di percorso con un tempo di percorrenza di 2 ore e 15 minuti.

Dopo circa venti minuti di cammino lungo il crinale, presso un costone roccioso si giunge a un incrocio le cui diramazioni portano alla vetta del Monte Carmo.

Presso la cima del Carmo sono presenti due rifugi, il "Monte Carme" ed il "Pian delle Bosse".

Il percorso dell'Alta Via prosegue a Sud, in un'ampia conca prativa con isolati affioramenti rocciosi, per poi riavvicinarsi allo spartiacque. Dopo aver superato il Bric Pagliarina (1215 m) la discesa diventa più ripida e, in un ambiente caratterizzato dall'alternanza tra i prati e il bosco, si raggiunge il Giogo Di Toirano (807 m).

La pineta di pino d'Aleppo di "Colla Micheri" (Capo Mele)

Caratteri forestali e ambientali

La pineta di pino d'Aleppo di "Colla Micheri" si trova sulle alture di Capo Mele tra i 140 ed i 200 metri di quota, al confine tra i Comuni di Laigueglia e Andora . Il bosco è esposto a Nord - Est e a Sud - Ovest e, alle quote più alte, sfuma in ampie radure di macchia mediterranea. Il suolo, acclive sul versante meridionale, più dolce sul versante settentrionale, ha caratteristici affioramenti rocciosi.

Il pino d'Aleppo domina tanto sul versante della Val Merula che verso Laigueglia, e pur non raggiungendo elevate dimensioni costituisce interessanti gruppi coetanei ad alto fusto. Il bosco si è sviluppato ovunque, sui pendii acclivi, accanto alla "macchia" e in mezzo agli ulivi, dando luogo a suggestivi scorci di paesaggio mediterraneo. Sul versante Nord-Orientale il bosco è in via di sviluppo formato com'è da giovani esemplari di pino d'Aleppo che si stanno diffondendo nelle aree prative confinanti.

Nella zona cacuminale di Capo Mele, in località "Mulino a vento", sono evidenti i segni del passaggio del fuoco: scottature sul tronco dei Pini e perfino alberi morti. A seguito degli incendi, nella pineta si sono formate numerose zone occupate da macchia mediterranea.

Le pinete a pino d'Aleppo sono poco estese in Liguria; questa, tra Laigueglia e Andora, è una delle poche presenti in Provincia di Savona.

Il patrimonio faunistico della pineta è interessante abbastanza vario. Tra gli anfibi ricordiamo la raganella mediterranea, la rana agile, la rana esculenta e la rana verde maggiore.

I rettili sono più numerosi: il geco comune, l'orbettino, il ramarro, la lucertola muraiola, il biacco, il colubro lacertino e la vipera comune.

Le radure a macchia mediterranea rappresentano un ambiente ospitale ed interessante dove gli arbusti sempreverdi e le bacche offrono riparo e nutrimento a molti piccoli uccelli, non facilmente individuabili nel fitto della vegetazione.

Vi nidifica l'occhiocotto, il cui maschio si riconosce facilmente grazie al cappuccio nero e ad un sottile anello rosso intorno all'occhio; vi si incontrano inoltre, specie in inverno, la capinera, il pettirosso ed il merlo.

Nella zona sono presenti rapaci quali poiana, gheppio, assiolo, barbagianni, allocco e specie comuni come la tortora, lo scricciolo, il saltimpalo, il pigliamosche, il codibugnolo, la cincia dal ciuffo, la cornacchia grigia, lo storno ed il fringuello. Altre due presenze interessanti sono rappresentate dal succiacapre e dall'upupa.

Visita

La pineta si può raggiungere con strade asfaltate e sterrate, provenienti da Laigueglia, da Andora e dall'Aurelia. L'antico borgo di Colla Micheri (165 m) è situato nel "cuore" della pineta ed è raggiungibile sia da Andora sia da Laigueglia.

Alla Colla si perviene ad alcuni sentieri escursionistici.

Un itinerario parte da Laigueglia (Piazza de Amicis) e si sviluppa lungo una tortuosa salita da cui si possono ammirare l'isola Gallinara e la ' baia del sole".

Raggiunto il crinale il percorso si unisce alla "strada romana" proveniente dalle alture di Alassio e raggiunge la Colla .

Altri due sentieri segnalati dalla FIE portano da Andora in poco più di mezz'ora alla Colla; infine, da Colla Micheri è raccomandabile la prosecuzione della gita fino a Capo Mele, percorrendo tutto il crinale in direzione sud.