Inviato da: Cartesio il July 18, 2003 at 09:19:28:
In risposta a: Segni 8LA (parlare-hablar-favellare-falar)
Inviato da Mauro il July 18, 2003 at 00:09:30:
E’ difficile in un solo, piccolo documento
riuscire a trovare tante affermazioni
falsificabili. Pertanto la mia gioia è grande e
mi ci tuffo.
“Termini mediterranei”? Qui non stiamo parlando
di lingue male attestate ma di lingue neolatine,
il cui albero evolutivo è tutto testimoniato!
Favella/favola/favellare derivano dal latino
fabula/fabulari.
“Hablar” dello spagnolo è la stessa cosa, solo
che in quella lingua (per suoi propri meccanismi
linguistici generati probabilmente da un subtrato
locale prelatino) la “f” iniziale esita
regolarmente in “h”: factus -> hecho; formosa ->
hermosa; filius -> hijo. Perciò di quale “ha”
articolo ebraico vai blaterando?
E’ per questo che sostengo che alla base di
questo forum ci dovrebbe essere lo studio dei
meccanismi linguistici, mentre ci si limita ai
vocabolari.
“Parlare” discende invece dal latino
medioevale “parabolare”, derivato da “parabola”
nel senso di “parola”: uno si potrebbe chiedere
come mai certe popolazioni hanno privilegiato una
parola della lingua-madre, altre un’altra. Ma
forse non è questa la sede.
Che gli Egiziani ottengano “magicamente” qualcosa
dalla lingua ebraico è semplicemente assurdo.
Oltretutto l’alef ebraica non è proprio il suono
A, bensì è una gutturale: il colpo di glottide
che ha anche l’arabo e, incredibile dictu, anche
il tedesco.
Poi questa gutturale prende varie coloriture
vocaliche (è quella che i linguisti definiscono
una “mater lectiones”) : nel caso specifico della
parola “parlare” in ebraico può essere la “A” ma
anche la “O”, a seconda della forma verbale.
Il nostro “chiamare” deriva palesemente dal
latino “clamare (“De profundis calmavi ad te,
Domine…”), e un minimo di sensibilità linguistica
ti dirà che il nesso latino “CL” è esitato in
italiano in “CH”: clavis -> chiave; clericus ->
chierico; claudere -> chiudere.
Il discorso dei dialetti è un capitolo simile:
il “CH” può diventare “SH” in ligure, “C” dolce
in veneto (ciamar), ecc., ma la matrice è sempre
la stessa. Sono le regole di trasformazione
fonetica che cambiano da una lingua/dialetto
all’altra, e bisogna conoscerle, o
almeno “sentirle”, prima di sproloquiare.
Sono le famose regole di trasformazione che nel
Germanico hanno descritto i Grimm, e che servono
per capire la deriva delle lingue indoeuropee da
un tronco comune, e di altre famiglie
linguistiche (camito-semitica, ecc.) . Chi non le
conosce, o non vuol conoscerle, o non le “sente”
come leggi di natura, taccia di lingue.
Nel BLA dei fumetti forse (ma bisognerebbe
interpellare chi l’ha introdotta per primo) c’è
il “blaterare” latino, e italiano, che significa
il parlare molto e a vanvera.
Il “blaterare” latino appare molto onomatopeico,
ma “hipoteses non fingo”.
Quando si afferma che:
“Nei dizionari etimologici non ho idea a che
parola "indoeuropea" facciano risalire parlare-
hablar-falar che sono chiaramente legati tra
loro”,
si pecca di una ingenuità divertente e
disarmante. Gli antichi dicevano che per guardare
lontano bisogna mettersi sulle spalle dei
giganti, cioè dei grandi che sono venuti prima di
noi, degli studiosi che hanno, uno dopo l’altro,
con abnegazione e sacrificio e lavoro di squadra
attraverso i secoli, portato avanti una
disciplina.
Chi vuol fare tutto da solo, e riconosce la sua
limitatezza, è un po’ patetico.