Domata da G.Cicereio pretore la Corsica, dice Livio lib.II de. V, nella Liguria si combattè sotto le mura di Caristo nel territorio de' Liguri Statellati. Erasi colà radunato un poderoso esercito di que' popoli, il quale da principio vedendo che M. Popilio Lenate console gli si avvicinava, si ritirò nel recinto fortificato della città suddetta come in sito di maggiore sicurezza: ma quando s'avvidero gli Statellati che i Romani s'apparecchiavano a tentarne l'espugnazione, piuttosto di lasciarsi seppellire sotto le ruine della medesima, ne uscirono, e lasciandosela alle spalle per opportuno ricovero in caso avverso, si trincierano tra quella, e l'inimico , che non tardò guari ad assalirgli. Durò la battaglia più di sei ore senza che si potesse distinguere da qual parte inclinasse la vittoria. Finalmente M. Popilio comandò a' suoi cavalieri d'urtare da tre parti diverse col maggiore impeto possibile nelle squadre nimiche. Fu tal ordine con tanto impegno eseguito, che una gran parte della cavalleria passò a traverso del'esercito Ligure, e venne ad offenderlo alle spalle con terrore sì grande, e confusion tale di questo, che si sbandò, e non potendo più ricoverarsi nella città perché la detta cavalleria vi s'opponeva, fuggirono i Liguri cni da una parte e chi da un'altra senza scopo, e senza consiglio, nel qual disordine i Romani ne trucidarono diecimila, ne fecero settecento prigionieri, e s'impadronirono di settantadue stendardi: vi perdettero però anch'essi più di tremila soldati. Vittoria comprata a carissimo prezzo, se si considera la somma disuguaglianza di forze che passava tra i due eserciti. In fatti dal principio del secondo libro della dec. V di Livio si ricava, che Popilio aveva quattro legioni, ed ogni legione secondo Vegezio comprendeva dodicimila e cinquecento soldati; avea inoltre diecimila fanti di truppe ausiliarie, e seicento cavalli: a tutti questi soldati s'aggiunsero tremila fanti, e dugento cavalli Spagnuoli, il che formava un corpo di sessantatremila e ottocento soldati agguerriti, e ben disciplinati, parte de' quali erano a cavallo e bene in arme, contro poco più di ventimila Liguri senza cavalleria, anche rapportandoci al riferire di Livio stesso, e de' Romani, che non avranno mancato d'ingrandire il numero per diminuire la lode ben meritata da quelli, che resistettero loro con tanta fermezza, e per tempo così lungo.
I Liguri fuggitivi si riunirono ben presto in un altro luogo, e fattesene la rassegna da' capi se ne trovarono ancora diecimila: vi si saranno dibattute le varie opinioni, che le circostanze avran fatto nascere; ma prevalse per isventura di quel popolo il parer pacifico di coloro, che considerando come inutile la speranza di resistere al nemico in così poco numero quando il maggiore del doppio n'era stato sbaragliato, proposero d'arrendersi alla discrezione del console Popilio, lusingandosi ch'ei non avrebbe usato seco loro maggior severità che gli antecessori suoi. Ma oh quanto s'ingannarono mai! Popilio levò le arme a tutti, proibì loro di fabbricarsene delle nuove; smantellò Caristo, vendette all'incanto sì gli uomini, che i poderi loro, e ciò fatto diede notizia al Senato della vittoria ottenuta, e dell'uso, ch'egli avea creduto opportuno di farne. Giunte le sue lettere a Roma, Aulo Attilio Pretore avendone fatto a quel consesso la lettura, non vi fu tra' Senatori chi non condannasse come indegna ed atroce la condotta di Popilio, ed inorridirono tutti al pensare che gli Statellati, il solo popolo della Liguria, che non aveva impugnato le arme contro la Rep. Romana, che neppure in quest'ultima occasione non era stato il primo ad assalire non avendo fatto altro, che una giusta difesa contro il Console dal qual era stato attaccato, gli Statellati, dissi, che sottoposti si erano ed abbandonati alla fè del popolo Romano, fossero stati da quello con s'ì esecrabile crudeltà maltrattati. Tutti asserivano, che il Lenate avendo venduto a migliaja coem schiavi que' tanti innocenti, che imploravano dal Romano popolo giustizia, avea lasciato un esempio troppo pernicioso, il quale farebbe, che in avvenire i nemici piuttosto che arrendersi avrebbero amato meglio combattere e diffendersi fino all'ultimo sangue. Per tali ragioni piacque al Senato di decretare che M. Popilio console rendesse a' Liguri venduti la libertà, restituendo il prezzo ricavatone a' compratori: restituisse pur loro tutto ciò, che si fosse potuto ricuperare delkle facoltà, e de' beni a ciascuno d'essi appartenenti: gli provvedesse di nuove arme, e fosse loro permesso di fabbricarsene: e quando avesse rimessi nella loro sede, e nel pristino stato tutti quelli ch'erano stati nella dedizione compresi, uscissetosto di quella provincia, la massima del Senato essendo, che il domar con la forza dell'arme coloro, che si sottomettono, è ciò che rende le vittorie chiare ed illustri, non già l'incrudelire contro gli afflitti soggetti.