Le stirpi ibero-liguri nell'Occidente e nell'Italia antica

Iberi: § III

Gli antichi geografi concordano nel considerare l’Iberia come una contrada fertilissima d’ogni rara ed utile produzione in tutte le sue parti (11): ma sulla etnografia degli Iberi disputarono lungamente i moderni storici, antropologi e filologi, che professavano e parecchi ancora professano teorie ed opinioni affatto contrarie su questo punto, su cui non era facile pronunziare un giudizio prima della metà del presente secolo. Perciocché agli antichi Greci, dai quali ci vennero le prime notizie sulle genti iberiche, in generale l’occidente dell’Europa era pochissimo noto ancora nel III e II secolo a. C.; ed i Romani, che più tardi ci fecero conoscere la parte occidentale dell’Europa, non varcarono l’Ebro prima del VI secolo della città (517 d. R.), e non cominciarono ad occuparsene che nel secondo prima dell’êra volgare; quando già la nazione iberica era da gran tempo stata disfatta da’ Fenici, Cartaginesi, Celti e dai Romani medesimi; i quali poi non si curavano punto di ciò che riguardava la coltura dei popoli vinti, e tanto meno d’investigare d’onde fossero venuti e a quale stirpe appartenessero. Gli esempi di Giulio Cesare e di Tacito sono una vera eccezione. E di fatto le notizie, che gli scrittori ci lasciarono sulle origini degli Iberi sono scarse oltremodo, e ciò che della loro lingua medesima pervenne a noi di schiettamente nazionale, si riduce a brevissime iscrizioni non ancora dicifrate, a nomi proprii di luoghi, fiumi, città ed a leggende di medaglie e dì monete; documenti rari, che potranno tuttavia essere accresciuti con una analisi diligente e collo studio fatto con indirizzo scientifico dei dialetti spagnuoli e francesi, parlati nelle regioni prossime alle basche, e specialmente fra i montanari dei Pirinei occidentali, e con molti riguardi anche dei dialetti della Liguria, della Corsica e della Sardegna (12). Vi hanno iscrizioni in idioma e caratteri iberici, altre in lingua greca con lettere iberiche; le quali giovarono efficacemente a rimettere insieme l’alfabeto iberico, ma finora non giovarono punto a farci conoscere il vero carattere della lingua. Quell’alfabeto ha l’aspetto del Fenicio, che è quello di quasi tutti gli alfabeti dell’occidente antico e moderno. Contiene tutte le lettere dell’alfabeto fenicio, tranne il teta che vi è surrogata da un altro segno, e scrivesi da diritta a sinistra, da rare eccezioni in fuori: ma è meno semplice del Fenicio e meno reciso, perchè parecchie lettere hanno più di una configurazione e una stessa lettera è rappresentata da segni diversi. Aggiungesi, che i nomi iberici presentavano somma difficoltà ad essere bene intesi e ben pronunziati dagli stranieri, ed il geografo Pomponio Mela ci avvisa, che ciò accadeva anche ai Romani rispetto a parecchi vocaboli e nomi dei Cantabri, ramo degli Iberi, impossibili ad essere pronunziati giusti da quelli; per cui non possiamo riporre troppa fiducia nella sincerità dei nomi iberici, quali troviamo negli scrittori greci e romani, che non di rado sfigurarono in modo singolare i nomi stranieri, la cui pronunzia era per essi difficile fino a fare Hiempsal da Hacambal, Hamilcar da Abdmileart, e così di altri esempi che si possono citare (13).

Ma i progressi, che nel secolo XIX già hanno fatti l’antropologia e la filologia comparate, due rami di scienza al tutto moderni, e che adoperati con moderazione e prudenza sono di grande ed efficace aiuto nelle ricerche etnografiche, se non ci condussero ancora a conclusioni assolute sulla etnografia degli Iberi e sulla loro patria primitiva, della quale tratteremo nel seguente paragrafo, ci permisero però di accertare alcuni fatti della massima importanza sulla prima, fra cui dal lato filologico sono notevoli i due seguenti: " l° che la lingua basca od eskuara, se non è e non può essere propriamente l’antico idioma genuino parlato ab antico dagli Iberi, conservatosi più o meno alterato in alcune regioni dei Pirinei occidentali, puossi tuttavia francamente affermare che ha con quello una incontestabile e strettissima parentela, ed appartiene alla famiglia delle lingue iberiche, le quali dominarono largamente nelle regioni occidentali e meridionali della vecchia Europa, delle quali il Basco od Eskuaro è l’ultimo e più sincero rappresentante; 2° che questo idioma, e per conseguente l’ibero non ha lingue sorelle nel continente europeo ". Delle quali due conclusioni, benché la seconda sia puramente negativa nella forma, nella sostanza però hanno entrambe un valore schiettamente affermativo, come vedremo più innanzi.