Le stirpi ibero-liguri nell'Occidente e nell'Italia antica

Iberi: § VI

Questa teoria della origine atalantida o americana degli Iberi trova argomenti di credibilità nelle tradizioni antiche e nelle scoperte moderne ad un tempo. E senza dare una importanza storica assoluta alle indicazioni di Platone e di Teopompo (24) sulla estensione, fertilità, abbondanza di ogni cosa, splendore di templi, numero di città e frequenza di popolo della famosa Atlantide; e specialmente sull’esercito di milioni di uomini, i quali partendosi da quell’isola, da una parte avrebbero invasa l’Europa occidentale meridionale fino alla Tirrenia anzi all’Adriatico e ai confini della Grecia, dall’altra l’Africa settentrionale fino all’Egitto, non ci sembra tuttavia potersi negare a quelle narrazioni un qualche fondamento di vero e di credibilità, come quelle che sono confortate anche da altre tradizioni di origine diversa ed antiellenica. I Druidi, ad esempio, sull’origine degli abitatori della Gallia professavano questa dottrina. Dividevano tutta la popolazione della Gallia in tre classi, diverse di stirpe e recatesi nella contrada in periodi cronologici distinti. La prima e più antica comprendeva gli abitatori preistorici, considerati come autoctoni, ai quali un grande numero di genti venute dalle grandi isole dell’occidente sarebbesi sovraimposta colla forza; e la terza venuta dal Reno, composta dei Celti, fatti conquistatori e dominatori di tutta la contrada (25). Ora pare al tutto ragionevole il supporre, che le isole lontane dell’occidente fossero appunto l’Atlantide e le minori isole adiacenti alla medesima, concorrendo a questa medesima conclusione una tradizione americana, secondo la quale una numerosa flotta, salpata in tempi antichissimi da quella regione verso oriente approdò nella Spagna (26).

Alto argomento in appoggio dell’origine atlantica o americana sarebbe la scoperta fattasi non lungi dai grandi laghi dell’America settentrionale di monumenti, in cui sono scolpiti caratteri geroglifici simili a quelli che si trovano sulle roccie vulcaniche delle isole Canarie, che dovettero far parte ed essere una rimanenza della Grande Atlantide. Di quelle lettere esistono esempi in parecchi luoghi dell’Africa settentrionale, e furono giudicate di carattere numidico, e riguarderebbero i popoli Berberi attuali, discendenti dagli antichi Libi, la cui fisiologia esterna avrebbe molla analogia con quella degli antichi Iberi, secondo Humboldt, ed eziandio colle mummie scoperte nelle caverne delle Canarie, e di tipo evidentemente analogo a quello dei Guanchi (Zangia e Zenaga) di quell’Arcipelago, ancora conservato in alcuna di quelle isole e che si accostano ai Berberi, anche nelle consuetudini. Nel 1421 alcune delle Canarie erano tuttavia abitate dagli indigeni, di cui rimangono tuttora dei discendenti. Le iscrizioni in quelle lettere non furono ancora dicifrate, e finchè non lo siano ogni conclusione assoluta sarebbe intempestiva ed arrischiata tanto più che le analogie nella configurazione delle lettere non hanno che una mediocre importanza nelle ricerche etnografiche, quando non vengano confermate da altre testimonie più concludenti, quali sono ad esempio le somiglianze e spesso vera identità di numerosi nomi dell’Africa settentrionale con quelli di molti luoghi e città della Spagna, e dei suoni medesimi di sillabe successive e desinenze identiche, con un accordo e conformità che non si può attribuire semplicemente a caso fortuito. Ora, tutte codeste osservazioni di fatto, aggiunte a quelle già messe innanzi nel fine del §IV sulle analogie del basco colle lingue americane, non sono senza significato in ordine alle origini e alla patria primitiva delle genti iberiche. Nè sarebbe stato ostacolo alla venuta nel continente antico la lunghissima distanza che lo separa dall’America: poiché la storia della navigazione prova con molti esempi il Contrario al punto che Vogt medesimo, nelle sue lezioni, ammette, che i suoi uomini-scimmie Avrebbero benissimo potuto superarla nel periodo di svolgimento della supposta loro evoluzione (27).