Le stirpi ibero-liguri nell'Occidente e nell'Italia antica

Liguri: § XIV

Ma io non credo allontanarmi dal vero, se, pure ammirando la dottrina filologica e i sottili ragionamenti di D’Arbois, non posso tuttavia accettarne le conclusioni; essendo per me un fatto oramai acquistato alla scienza, che a dimostrare la comunanza etnografica di due nazioni non solo non bastano pochi vocaboli staccati, comuni ad entrambe, ma bene spesso neppure la comunanza della lingua medesima, come abbiamo più innanzi ricordato con alcuni esempi, i quali si potrebbero agevolmente accrescere (§ IX, p. 72 e seg.); e sono prova evidente che la filologia comparata deve adoperarsi con riguardo, come criterio a risolvere problemi etnografici. E per citare un esempio recentissimo, abbiamo l’affermazione esplicita di Retzius nello splendido suo lavoro sui Finni, di avere trovato moltissimi Finni di purissimo sangue, che parlano la lingua svedese, ce molti Svedesi di schietta origine svedese, che parlano la lingua finnica; benchè i primi appartengano essi pure alla famiglia delle genti turaniche. tra cui però formano un popolo con carattere distinto dagli altri della medesima stirpe, come abbiamo più innanzi osservato (capo I, p. 10). E perciò gli argomenti filologici dell’arianesimo dei Liguri, messi innanzi da D’Arbois, ci sembrano insufficientì in termini assoluti, lasciando anche che le poche parole, comuni ai Liguri ed agli Ariani, sono troppo lontane dal poter provare l’identità o la sola affinità delle loro favelle, come sembra credere D’Arbois, secondo il quale non solo i Liguri non appartengono alla famiglia delle genti iberiche, ma ne furono i nemici più formidabili anteriori alle invasioni celtiche. Egli ravvisa una prova evidentissima della inimicizia nazionale dei Liguri contro gli Iberi nel fatto, già menzionato (§ II) e concordemente narrato dagli antichi scrittori, che i Liguri assalirono i Sicani di sangue iberico, abitatori di una città sicana sul fiume di questo nome; e da quelli inseguiti fino in Italia, d’onde li cacciarono nell’isola che da essi prese il nome di Sicania.

Che l’ultimo fatto sia da Dionisio attribuito ai Siculi non cambia punto il suo concetto, essendo i Siculi per lui un ramo dei Liguri (231), e quindi Ariani di stirpe. Ma in questo suo ragionamento l’illustre francese fa intieramente astrazione ad un altro fatto della medesima natura, e d’una significazione evidentemente opposta, incomparabilmente più grave e di più lunga durata, la coesistenza pacifica secolare degli Iberi coi Liguri, non dirò nel bacino del Guadalquivir nell’interno della Spagna, ma certamente sulla costa orientale della penisola, prima dal fiume Sicano (Xucar) ad Emporium (Ampurias), e poi da Emporium al Rodano, dove li troviamo ancora nel IV secolo a. C., dodici o quindici almeno dopo quell’avvenimento. ed alla coesistenza politica per parecchi secoli dei Siculi e dei Sicani nella Sicilia di cui primi, anche secondo D’Arbois, erano un ramo dei Liguri, che per lui sono Ariani e nemici inesorabili dei Sicani, che sono Iberici, finchè non vennero le invasioni elleniche e cartaginesi, che loro si sovraimposero. Ma, pure ammettendo la presenza, e nel caso dei Sicani la prevalenza dei Liguri, D’Arbois colloca poi quel fatto nella Gallia in sulla Senna, che è per lui il fiume Sicano, benché tutti gli altri antichi e moderni scrittori lo trovino nello Xucar della Spagna; e fa distinzioni molto sottili sull Iberia e sugl’Iberi (pag. l8), che non ci sembrano in modo alcuno accettabili, perchè in contraddizione colle antiche memorie. Le quali ci rappresentano sempre i Liguri come una nazione affatto distinta e diversa dalle genti ariane nei principali caratteri fisici e morali, e in tutte le consuetudini; che visse con quelle in perpetua inimicizia e da cui fu perseguitata con una guerra di sterminio; sicché venne espulsa dalle coste della Spagna e della Gallia, confinata nella regione che ne conserva il nome e le reliquie, fino a perdere l’uso della lingua nazionale, ed ogni documento della medesima, da pochissime parole in fuori, che non bastano a gran pezza per farcene conoscere la natura. All’opposto, delle lingue ariane non solo si conservarono incontestabili monumenti, ma continuarono a parlarsi e scriversi, finchè, prevalendo sovrattutti il latino, nella decadenza dell’impero romano e nel primo periodo del medio evo ne nacquero i dialetti, che ancora si parlano attualmente; ritenendosi tuttavia nel Ligure-Pedemontano un carattere affatto diverso dagli altri tutti dell’ltalia (63), al punto che nel dialetto ligure alcuni vorrebbero riconoscere un elemento iberico (64), novella prova contro l’opinione di D’Arbois.