Cairo nella storia della Liguria e della Nazione, di Piero Angelo Tognoli

Gli Scarampi

Le condizioni finanziarie del marchese di Saluzzo diventarono di anno in anno sempre più disastrose.
Egli con atto 7 e 8 febbraio 1337 alienò gran parte dei feudi, che aveva avuto dai Del Carretto, ai fratelli Giacomo, Matteo, Giovannone e Tomeo Scarampi di Asti per la somma di 15.000 fiorini d’oro.
Costoro, ricevendone regolare investitura dal Comune di Genova, divisero nel 1339 i beni acquistati e a Giovannone toccò Cairo e Rocchetta con diritti su Carcare ed Altare.
Gli Scarampi il 13 aprile 1360 ottennero dall’imperatore Carlo IV il diploma di conferma dei privilegi (2).
Nel 1388 gli uomini di Cairo giurarono fedeltà alla repubblica di Genova (3)
Seguirono per Cairo, da questo periodo, anni di tranquillità.
I Signori che dominavano il Borgo dall’alto dai loro castello si dimostrarono più umani e ben disposti verso i miseri loro sudditi che campavano con il provento dell’agricoltura, della pesca, della pastorizia e dell’artigianato.
Alla morte del duca di Milano, Gian Galeazzo Visconti (1402), essendosi accesa una dura e lunga lotta per la successione, Cairo subì le scorrerie delle soldatesche di tutti i contendenti e fu assoggettato a dure restrizioni .
La pace, mercè l’intervento del papa Martino V, venne conclusa il 10 maggio 1419.
In forza del trattato, il marchese di Monferrato, Gian Giacomo, venne investito dal nuovo duca di Milano, Filippo Maria Visconti, di numerosi luoghi tra i quali Cairo.
Il 12 luglio dello stesso anno, i consignori Giovanni ed i fratelli Antonio e Bartolomeo Scarampi furono per la prima volta investiti dal Marchese di Monferrato.
Dopo un breve periodo di pace, la guerra si riaccese nel 1426 fra il ducato di Milano da una parte e Venezia, Ferrara, Mantova, Firenze, Savoia ed il Monferrato dall’altra.
La lotta, interrotta nel 1428 fu ripresa nel 1430, e, dopo un periodo d alterne vicende, volse in modo sfavorevole agli alleati per cui nell’ottobre del 1431 il duca di Milano tolse al marchese del Monferrato numerose terre fra le quali Cairo, Carcare, Millesimo e Cosseria.
Contemporaneamente gli Scarampi fecero omaggio dei loro feudi al duca vincitore ottenendo la sua protezione e ricevendo l’investitura dei feudi stessi.
Con la pace, stipulata a Ferrara il 29 gennaio 1434, si stabili che il duca di Milano avrebbe restituito quelle terre i cui feudatari preferissero di tornare al Menferrato.
In virtù di tale clausola, i nostri consignori, Giovanni per la sua metà e Bartolomeo Scarampi per il suo quarto, fecero ritorno con l’antico padrone, mentre Antonio Scarampi preferì rimanere con il ducato di Milano.
Da questo periodo il territorio di Cairo fu soggetto per tre quarti al marchesato di Monferrato e per un quarto al ducato di Milano.
I disagi delle nostre popolazioni accrebbero col manifestarsi dei disaccordi fra Genova e Milano.
Il territorio Cairese fu costantemente occupato da truppe di presidio che il Comune doveva alloggiare e mantenere a sue spese.
Fu in questo periodo che Savona insorse contro Genova e, a causa delle rappresaglie che ne seguirono, molti fuoriusciti Savonesi si rifugiarono in Cairo ove furono accolti ed ospitati calorosamente.
Nel settembre dell’anno 1453 Cairo assistette al passaggio delle truppe del Re di Francia, Renato D’Angiò, il quale sbarcato a Savona con duemila cavalieri ed altrettanti fanti, discese la Valle Bormida e, transitando per il Borgo, proseguì per il Piemonte riuscendo a riappacificare il Marchese di Monferrato ed il duca di Milano.
Cairo, fino alla pace di Castel Cambreis (1559), fu coinvolta nelle continue guerre fra la Francia e l’impero.
(4) Archivio di Stato di Milano.
Durante queste lotte le nostre popolazioni furono continuamente sollecitate a pagare gravosi tributi per sostenere le immense spese belliche.
Quasi di continuo transitavano gli eserciti, sia dell’uno che dell’altro contendente, lasciando dietro di loro rovina, miseria e debiti da pagare
Benché Cairo avesse avuto sia dal Monferrato che dal ducato di Milano certe immunità, conseguenti alle investiture ottenute dagli Scarampi, capitava con frequenza che i due Stati violassero i trattati e pretendessero gravosi tributi dal povero Borgo.
Furono presentate ai due Senati, dai Sindaci e dai consignori di Cairo, continue suppliche alfine di rivendicare i loro diritti e di portare a conoscenza dei governanti la loro triste situazione.
Nel 1573, in tutto il marchesato del Monferrato il duca di Mantova aveva imposto una speciale gabella detta «tratta foranea» la quale, logicamente, gravò pure su Cairo.
Al Governatore di Milano, che protestò per questa imposizione, venne offerta la quarta parte di detto cespite, se egli avesse dato in cambio i tre quarti dei nuovi dazi che Sua Maestà Cattolica avesse imposto nelle terre soggette parzialmente al ducato di Milano.
Seguirono altre dispute fra i due Stati, per effetto della riscossione dei tributi in Cairo, con vertenze che si protrassero per lunghi anni, durante i quali a sopportarne le conseguenze furono i poveri abitanti del Borgo.
A causa di tali divergenze furono avanzate, sia dall’uno che dall’altro Governo, proposte per la divisione del territorio.
Anzi, nel 1558, inviati dal Governatore di Milano, si recarono a Cairo due valentissimi ingegneri per eseguire i necessari rilievi in ordine alla progettata divisione.
Il loro parere, però, fu contrario alla divisione stessa, anche perchè l’accesso alla riviera era dato da un’unica strada che, per Ovvie ragioni, non poteva essere attribuita ad ambedue le parti.
Nel 1616 il Governo di Casale anch’esso desideroso di porre fine alle frequenti divergenze che si verificavano in Cairo per questioni tributarie chiese il parere di esperti circa la permuta con il Senato di Milano delle tre quarte parti di Cairo col feudo di Rocchetta.
 Questi progetti causa le difficoltà di realizzazione, furono però accantonati e, sia da una parte che dall’altra, non furono più avanzate proposte per addivenire alla divisione o alla permuta del territorio.
Cairo, già alla fine del secolo XVI, era un Borgo notevole ed un importante nodo stradale per il Monferrato e la riviera.
Giovanni Hurtado de Mendoza, dottore del Magistrato Straordinario del Ducato di Milano, venuto a Cairo per il sopralluogo circa la già ricordata divisione, riferiva nella sua relazione:
«Il loco del Cairo essere forse il maggiore et più principale di tutte le Langhe, et come metropoli, al quale vi concorrono quasi tutte le langhe confinanti col savonese et monferrato, discosto dalla marina solo mezza giornata d’homo a cavallo et una di gente di guerra, loco non solo molto comodo, ma necessario a Sua Maestà non havendone altro proprio migliore, si per la sbarcazione della gente di guerra ch’ogni anno manda di Spagna per Napoli, Sicilia. Fiandra, Milano et altre parti, come per l’imbarcatione d’altra gente tale per simili effetti, nel qual loco fanno riposo quelli vengono dal mare senza alogiar sopra l’altrui paese, et quelli vanno ad esso mare sintanti si presenti l’opportunità dell’imbarcare».
Con decreto del 1533 Francesco I Re di Francia istituì in Cairo due fiere una a S. Andrea e l’altra a S. Lorenzo, nonché tre mercati settimanali.
Il paese, protetto da un muro di cinta con sette torri, era dominato dal massiccio castello costruito nell’XI secolo e riattivato poi in varie epoche e contava circa 1.800 abitanti che in prevalenza erano dediti all’agricoltura, al commercio e all’artigianato.
Il feudo era governato dagli Scarampi col titolo di Capitano di Giustizia «per divisione di tempo alla rata delle portioni».
Il tempo di governo veniva cioè diviso in quattro bienni tanti quante erano le quote parti del territorio (tre quarti del Monferrato e un quarto di Milano). Durante i primi due bienni e l’ultimo governava uno dei marchesi aderenti al ducato del Monferrato e per il terzo quelli aderenti al ducato di Milano.
Il Capitano di Giustizia nominava il Podestà, che era il capo del Comune ed era coadiuvato da un luogotenente, da tre Sindaci e da ventiquattro Consiglieri .
Cairo già nell’età feudale possedeva i suoi Statuti.
Essi consistevano in una raccolta, di norme regolanti la vita economica e sociale del paese nonchè i rapporti tra i cittadini e l’autorità costituita.
Di questi statuti rimane soltanto l’edizione del 1604 stampata, a Milano.
Essa però, come afferma Ettore Zunino, più che disposizione statutaria originale, molto probabilmente sarà «un estratto aggiornato, magari all’epoca della pubblicazione e contenente le variazioni che il caso suggeriva eventualmente di adottare».
Infatti, in calce a molti dei 115 capitoli che la compongono, vi è l’indicazione di annullato e in molti addirittura si richiamano disposizioni adottate nel passato.
Dalla pace di Castel Cambreis (1559) fino al 1612 Cairo non fu turbata dalla guerra.
Unico intervallo doloroso fu la peste del 1559 della quale però non ci sono pervenute notizie precise.
Nel dicembre del 1612, in seguito alla morte del duca di Mantova. Francesco Gonzaga, sorsero gravi contrasti per la successione al ducato di Monferrato al quale aspirava il duca di Savoia Carlo Emanuele I (1580 1630) .
Egli, per tale obiettivo, lottò fino al settembre 1617 quando, a seguito .del trattato di Madrid, fu restaurato lo stato esistente all’inizio delle ostilità e furono ribaditi i diritti del duca di Mantova sul Monferrato.
le scaramucce di questi anni coinvolsero il nostro Borgo, e di conseguenza la miseria esistente si moltiplicò.
Le imposizioni degli eserciti in transito resero il povero paese in uno stato così pietoso che non si comprende come abbia potuto sopportare tanta rovina.
La tragica situazione della «Terra del Cairo» si legge nella supplica 26 Maggio 1616 al governo di Milano.
Allegata ad essa fu esibita una lista degli alloggiamenti militari «comprendente il numero delle compagnie che furono di passaggio per Cairo, in tutto 3885, e i nomi dei singoli comandanti».
Come se ciò non bastasse, un’altra calamità si abbattè su Cairo.
Causa gravi contrasti circa il marchesato di Zuccarello, scoppiò la guerra tra la Repubblica di Genova, protetta dalla Spagna, ed il Ducato di Savoia, spalleggiato dalla Francia e dalla Repubblica di Venezia.
Nel 1625 le armi del duca Carlo Emanuele e del maresciallo francese Des Diguires mossero dai loro alloggiamenti per assalire la Repubblica di. Genova.
Lasciarono ad Acqui un presidio di 3.000 uomini e proseguirono alla volta di Savona.
Fecero tappa a Spigno da dove mandarono il principe Vittorio Amedeo I cii Savoia ed il generale Des Crequi, comandante della cavalleria francese, ad occupare Cairo, presidiato da 130 imperiali napoletani agli ordini del capitano Cesare Gaeta.
Il 2 luglio intimata la resa al Borgo e avutone un netto rifiuto, gli assedianti, posti i pezzi in batteria a Pian d’Arme, alle falde del Monte Goso, presero a cannoneggiare il paese ed il castello sparando 144 colpi che smantellarono le mura, dalla parte di levante.
A mezzogiorno i gallo - piemontesi entrarono nel Borgo e lo saccheggiarono .
Il castello si arrese l’indomani mattina.
Di questo assedio fece fede fino a qualche decennio addietro un’iscrizione nella chiesa campestre della Madonna del Bosco; ecco l’iscrizione: «Anno 1625 die 2 julii Gallorum ed Allobrogum exercitus oppidum Carii osbodet oppugnat - vi capit tormenti muralis 144 ictibus explosis victores multa depopulantur postero autem die - liberatis oppidanis Virgine intercedente - recedunt».
Ai mali della guerra seguirono anche in Cairo quelli della pestilenzia scoppiata micidiale nel 1630.
Durante il triste periodo le mura furono guardate dai conservatori di sanità che non lasciavano passare chi non era provvisto della bolletta sanitaria.
Tre «castelli» (posti di blocco) furono posti ai confini del territorio, ma il terribile morbo penetrò nelle case, decimò le famiglie e seminò ovunque la morte.
Pagina dolorosa di questo periodo, fatto di superstizione e di terrore, fu il sacrificio di due innocenti donne (Lucia e Maria Larghero) le quali furono torturate e condannate al rogo perchè accusate e confesse «di aver avuto commercio con il demonio per propagare il contagio pestilenziale» (9).
Nel 1632, in adempimento dei voti fatti durante la peste furono iniziati in Cairo i lavori di restauro ed ampliamento della chiesa parrocchiale di S. Lorenzo, che giunsero a compimento nel 1640.
La guerra, assopita un poco dalla pestilenza ebbe termine ufficialmente il 6 aprile 1631, di fatto però continuò ed il nostro Borgo seguitò ad essere sottoposto ad imposizioni ed a subire continui transiti di truppe.
Nelle deliberazioni del Consiglio Comunale del 30 dicembre 1635 e 19 gennaio 1636, si stabilì di tenere in efficienza le armi e le fortificazioni del Borgo, al fine di essere in grado di fronteggiare eventuali attacchi; anzi, per una maggior sicurezza, fu ritenuta cosa utile murare «Porta Soprana» ed abbattere alcuni alberi di castagno presso la chiesetta di San Rocco, che avrebbero potuto favorire la scalata delle mura.
I timori del Consiglio Comunale non furono infondati perché l’esercito gallo- piemontese ritornò a portare la guerra nella Valle nel 1637 agli ordini del Conte Verrua, generale del duca di Savoia, che con quattro pezzi di artiglieria ed un buon numero di truppa, il giorno 28 luglio attaccò Cairo rovinando definitivamente il castello e costringendo alla resa la piazza difesa da un presidio spagnolo.
Molto probabilmente risale a questa data fa distruzione dei rimanenti castelli dell’alta Val Bormida.
Quello di Cairo, durante i precedenti fatti d’arme, fu abbandonato dai marchesi Scarampi, che presero dimora nel palazzo esistente nel recinto e fin verso la metà del secolo XVII alloggiò truppe di passaggio.
L’ultima notizia dell’abitabilità del Castello di Rocchetta, è data dal volume manoscritto esistente nell’archivio parrocchiale; da tale manoscritto si rileva che il 23 febbraio 1630 nel castello di Rocchetta, alla presenza di Pietro Francesco Scarampi Signore del luogo, sono comparsi Domenico Piovano, priore della Confraternita di S. Bernardo ed il sotto priore di detta confraternita per la liquidazione di conti finanziari.
La morte del duca Sabaudo Vittorio Amedeo I, avvenuta nel 163’7, e le beghe di successione costrinsero la Casa Savoia ad accantonare per il momento l idea di strappare il Monferrato alla Spagna.
Ne approfittò il governatore di Milano, Diego Filippo Gusman, il quale ordinò l‘occupazione del castello di Cengio che era in mano alla reggente Maria Cristina di Francia succeduta a Vittorio Amedeo I.
Dopo aspri combattimenti il castello fu espugnato il 29 marzo 1639 determinando la resa di tutti quelli circostanti come Millesimo e Saliceto.
A periodi di dolore e di guerra succedettero altri di gioia e di pace quali furono quelli relativi alla dimora in Cairo delle Principesse Anna Maria d’Austria e sua figlia Margherita di Spagna.
La prima, promessa sposa di Filippo IV, transitò in Cairo diretta a Finale nell’agosto 1651.
La seconda, promessa sposa dell’imperatore Leopoldo, della quale abbiamo più circostanziate notizie, giunse in Cairo all’imbrunire del 1 settembre 1666, proveniente da Finale e diretta, a Vienna ove l’attendeva il marito al quale era sposata per procura dal 25 aprile.
Il marchese Alessandro Scarampi ricevette la principessa, Margherita con i dovuti onori e la ospitò nel suo palazzo organizzando grandiosi festeggiamenti ai quali presero parte gli abitanti del Borgo.
La tradizione vuole che, in suo onore egli facesse disputare una grande corsa di cavalli bastardi fra i vari rioni, mettendo in palio uno stendardo
Per commemorare l’avvenimento, ancora oggi, durante i festeggiamenti dell’Agosto Cairese viene disputato il carosello storico con i ricevimenti e la corsa dei rioni.
Delle visite surricordate è rimasta a ricordo una iscrizione che si legge tutt’ora sulla porta di ingresso del palazzo Scarampi:
«Anno MDCLI - Maria Anna Ferdinandi III imperatoris filia - Philippo IV Hispaniarum Regi jam desponsa - et anno MDCLXVI - Margherita regali eo conjugio prognata - Leopoldo Ignatio imperatori tradita - Utraque Augustae Austiorum familiae reciprocum decus - Utraque ad Augustum coniugem suum spendilissime deducta - Utraque augusto mense ab oestuosa itineris molestia interquiescens Augustissimos Caroli Alexandri Scarampi comitis hosce lares - Augustissimo adspectu perlustravit- Et hospita maje state replevit».