Luis - Risorgimento nelle Langhe, aristocrazia e comunismo
Ines Oddone Bitelli e i "figli dei serrati"
Brani tratti dal libro "I figli dei serrati" di Alessandro Pellegatta (56 pagine con illustrazioni, euro 3,90, pubblicato e distribuito da Pagine Marxiste)
Nell'estate del 1911 si decide di riunire sei imprese siderurgiche nazionali in un grande consorzio che prenda in carico la gestione degli impianti di Piombino, Portoferraio, Genova e Savona. Nasce il consorzio ILVA, che prende il nome dalla casa madre fondata a Genova nel 1905. Gli istituti di credito coinvolti nell'operazione concedono un finanziamento di novantasei milioni di lire confidando nei grossi ordinativi di materiale bellico che ci si aspettava dall'imminente guerra italo-turca (la colonizzazione della Libia).
Il 2 luglio 1911 ha inizio il grande sciopero degli ottomila operai di Portoferraio e Piombino contro il consorzio. L'agitazione nasce dalla decisione padronale di non dare piu' un certo compenso agli operai che cambiano i cilindri per rottura nei laminatoi; la commissione operaia che viene ricevuta a trattare trova la netta chiusura della controparte aziendale, ed e' costretta a dichiarare lo sciopero; a quel punto la fabbrica viene militarizzata. Gli operai del laminatoio iniziano la lotta, la direzione risponde attuando immediatamente la serrata e facendo sgomberare tutti gli altri reparti dalla polizia.
Nella vicina Portoferraio lo sciopero nasce invece per protestare contro la riduzione degli addetti alle squadre di colata della ghisa, passati da otto a sei. La lotta dagli altiforni si estende ai minatori e a quel punto la societa' concessionaria dell'attivita' estrattiva licenzia tutti i dipendenti e attua una serrata. Il Governo manda i militari per attivare i reparti di fonderia e si ricorre anche a pregiudicati partenopei, come denunciano i giornali dei sindacalisti. I centri elbani vengono militarizzati, gli scioperanti vengono arrestati a centinaia e neanche l'arrivo di sottoscrizioni e viveri puo' bastare a sorreggere la prosecuzione della resistenza operaia.
Operai e minatori non rimangono isolati. Il Comitato dell'Azione Diretta inizia da subito iniziative di solidarieta' proletaria nelle Camere del Lavoro controllate dai sindacalisti rivoluzionari. La cairese Ines Oddone, insieme ad altre sindacaliste emiliane e romagnole, decide di fare qualcosa, soprattutto per le vittime piu' indifese della serrata, i bambini. La sua idea e' un "affido di massa" che viene subito proposto a tutte le Camere del Lavoro aderenti al Comitato dell'Azione Diretta, a cui viene richiesta la disponibilita' da parte delle famiglie degli organizzati di accogliere nelle proprie case i "figli dei serrati".
La mobilitazione e' immediata. All'appello della cairese Ines Oddone rispondono prontamente molte Camere del Lavoro del centro nord, tanto che dopo pochi giorni la Camera del Lavoro di Piombino puo' annunciare che il primo gruppo di ottanta "ostaggi della solidarieta' operaia", partira' domenica 20 agosto. I bimbi partono per Terni, Parma e Siena.
Quello che si svolge all'Elba e a Piombino per accompagnare i bambini e' un episodio di toccante solidarieta' umana di cui le Camere del Lavoro vanno giustamente fiere. A Piombino e nelle stazioni dove il treno effettua le soste, i bambini sono fatti segno di grandi ovazioni da parte della folla che si accalca intorno al convoglio, spesso con l'accompagnamento di bande musicali; a Parma il treno arriva nel pomeriggio e l'assedio della folla alla stazione e' impressionante, cosi' come la partecipazione al corteo.
Le partenze proseguono per tutto il mese con i figli dei serrati che raggiungono diverse localita' del nord e del centro Italia.
Ines Oddone annuncia sulla rivista da lei diretta che alcuni di questi bambini arriveranno a Gallarate:
- "Prepariamoci, o lavoratori del gallaratese, ad accogliere i piccoli esuli del lavoro che le madri elbane e piombinesi c'inviano, dolce e caro messaggio di fratellanza proletaria con una fiducia che ci commuove e ci esalta. Esse sanno, le povere donne che soffrono la fame e si espongono alle incivili rappresaglie poliziesche, sanno che qui vi sono cuori di fratelli per le loro creature. Le madri elbane e piombinesi hanno compiuto il grande sacrificio. Esse hanno consentito ad affidare le loro creature alle mani di sconosciuti, di lontani, che forse non vedranno mai, ma nei quali hanno fede profonda e cieca perche' sono proletari organizzati. Mirabile esempio della educazione fraterna che noi andiamo facendo. In un secolo in cui trionfa la cupidigia, sovrana delle menti e dei cuori, in un secolo in cui la borghesia capitalista, industriale o agricola, ci da i piu' terribili esempi di avidita' crudele con le lotte borsiste, la spogliazione di intere regioni, lo sfruttamento piu' rapido e sfacciato delle forze umane ridotte a una semplice valutazione meccanica; e' commovente questo espandersi di fraternita' fra le classi umili... L'esodo dei bimbi e' nello stesso tempo un vivente messaggio di amore e di odio che ci viene dai paesi in lotta e ci ricorda il patto dell'organizzazione proletaria, le promesse scambiate liberamente dalle nostre Leghe, il fine ultimo a cui tendono gli sforzi dei lavoratori di tutto il mondo. Un giorno i bimbi diventeranno uomini e ricorderanno!"
Domenica 3 settembre, Ines Oddone si reca a Lodi dove potra' salire sul treno che arriva da Piombino, per accompagnare cosi' gli otto bambini che raggiungeranno la Camera del Lavoro di Gallarate diretta da suo marito Giovanni Bitelli.
I bambini diretti a nord hanno pernottato a Parma, roccaforte dell'Azione Diretta, dove da due settimane era giunto il primo gruppo. Come due sabati prima, con un'enorme folla ad assediare la stazione, i bambini ricevono baci, carezze, cibo. La domenica il treno riparte per Milano a tutto vapore. La sosta a Lodi permette a Ines Oddone di salire sul treno per il ritorno a Gallarate e avere il primo incontro con i bambini che prenderanno con se'. Un'ulteriore breve tratta e il treno arriva a Rogoredo. Un coro di bambini intona la canzone dei figli dei serrati, sulle note dell'inno dei lavoratori. A Milano l'ennesima separazione con i venticinque che si fermano nel capoluogo lombardo e una nota di tristezza nelle parole che Ines scrive sul suo periodico:
- "Alla stazione di Milano i bimbi si guardano intorno spauriti: pare che cerchino con gli occhi le onde brevi del Tirreno, l'orizzonte vasto su cui si profilano le balze ferrigne dell'Elba e diventano tristi scorgendo solo il cielo grigio di fumo attraverso le vetrate."
Nel pomeriggio il treno giunge a Gallarate ed e' la stessa Ines Oddone che ne racconta l'arrivo:
- "Sebbene l'arrivo dei bimbi fosse stato dato per telegrafo e quindi con breve tempo per la preparazione ordinata di una solenne dimostrazione, basto' un semplice affrettato avviso per richiamare a Gallarate larga folla di gente, nella grandissima maggioranza lavoratori... alla stazione un folto gruppo di donne attendeva gli ospiti e li accolse al loro apparire con uno slancio commovente d'affetto. Le nostre donne in quell'ora si sentivano due volte madri; rifioriva in esse appassionato il senso della maternita' per i loro propri figli e un'altra maternita' spirituale concepivano per gli esuli che altre madri inviavano da un paese sconosciuto, accompagnandoli con le speranze, le preghiere, le lagrime piu' ardenti... Si e' verificato cosi', praticamente, cio' che noi sosteniamo in teoria: dinanzi alle lotte del lavoro, nei momenti psicologici piu' decisivi, l'anima delle masse abbatte le frontiere politiche e religiose e si fonde in una sola potente e grande, capace dei piu' nobili slanci, dei piu' duri sacrifici per la causa comune."
Un lungo corteo, con i figli dei serrati alla testa, attraversa le vie cittadine. Una selva di bandiere accompagna le note di tre corpi musicali: la banda di Crenna, la fanfara di Somma Lombardo e la Banda Cittadina di Gallarate. La partecipazione di quest'ultima e' significativa, in quanto i musicisti che la compongono militano nel campo politico avverso ai socialisti. La Camera del Lavoro non manca di rimarcare tale fatto, anche perche' l'altro corpo musicale capeggiato dai piu' noti industriali gallaratesi aveva declinato l'invito a intervenire.
Al passaggio del corteo la commozione tocca livelli assai elevati. I pianti delle donne non sono dettati solo dall'emozione, ma anche dall'aspetto dei bambini, che appaiono decisamente affaticati, oltre che spaesati. Quando il corteo arriva alla Camera del Lavoro si svolgono i comizi conclusivi.
Giunge l'ora di affidare i bambini alle famiglie. Due bambini si stabiliscono a Cassano Magnago, gli altri sei rimangono a Gallarate. Ines Oddone e suo marito Giovanni Bitelli accoglieranno due bambine, la dodicenne Lilia Pannocchia e la sua amichetta Ida Ancona. Sara' la stessa Ines a rivolgersi a loro nel numero della sua rivista pubblicato il 9 settembre:
- "Noi vi salutiamo, o piccoli uomini, o piccole donne dell'avvenire; vi salutiamo commossi ed orgogliosi, che' voi siete il dolore dell'oggi e la speranza grande del domani. Oggi voi portate per le terre d'Italia l'esempio vivo del coraggio, della forza, dei sacrifici dei vostri parenti e le lacrime che versate pensando ai borghi nativi, alla casa abbandonata, alle tenere braccia materne da cui vi strappo' l'ingiustizia e l'oppressione dello sfruttamento borghese, sono lavacri dell'anima che ci rendono migliori. Migliori come uomini e come proletari perche' sentiamo tutta intera la bellezza del compito che ci siamo imposti: quello di redimere il lavoro da ogni schiavitu' che lo rende tortura invece di farne cio' che dev'essere, bisogno di applicare l'energia intelligente in opere benefiche per la collettivita'... Domani, voi ricorderete, restera' in voi la visione di questi giorni in cui, esuli, trovaste una patria e una famiglia ovunque mani battevano martelli sull'incudine, usavano la cazzuola, la vanga, l'ago, la penna... Diversi per istruzione e occupazione, ma tutti eguali in una comune legge d'amore. Ricorderete che a Bologna, a Ferrara, a Milano, a Gallarate, ovunque, avete trovato padri e fratelli e serberete nell'anima un concetto alto, solenne e generale della solidarieta' proletaria. Sarete gli uomini e le donne nuove, dritti e forti nelle battaglie del lavoro, perche' ne saprete tutte le lagrime e tutte le gioie."
Il 9 dicembre Ines annuncia la fine della resistenza operaia:
- "I serrati dello stabilimento Alti Forni di Piombino riuniti in assemblea generale il 27 novembre 1911, constatando che gli industriali che fanno capo al trust del ferro da vari mesi hanno turlupinata per mezzo dei giornali borghesi l'opinione pubblica scagliando calunnie sulla massa lavoratrice, dal cui lavoro traggono le loro ricchezze e hanno sempre rifiutato di trattare con le organizzazioni sindacali: denunciano come lo Stato mai, come in questa lotta tra capitale e lavoro, pose i suoi organismi al servizio dei padroni, violando la liberta' personale degli operai con arresti arbitrari e rimpatri forzati, violando il domicilio domestico, commettendo per mezzo della polizia, degli atti di brutale malvagita', non risparmiando ne' donne ne' bambini, resi impotenti dopo 5 mesi e 4 giorni di resistenza a continuare la battaglia soprattutto perche' privi dei mezzi necessari all'esistenza e perche' minacciati all'ultimo momento di tradimento da quegli stessi uomini che avrebbero dovuto, per i principi che dicono di professare dare il migliore e piu' tenace esempio di coscienza e fede; inviano un saluto al Comitato dell'Azione Diretta per la indefessa opera prestata ai serrati; a tutte quelle Camere del Lavoro che furono larghe di fraterna solidarieta'..."
Ampio resoconto sul rientro dei figli dei serrati ci viene dato sempre da Ines Oddone nell'articolo che scrive il 16 dicembre:
- "Domani partiranno i figli degli scioperanti di Piombino. Da tre mesi e mezzo eravamo abituati a vederli nelle nostre case e a sostituire per essi la famiglia lontana; ci pareva che fossero diventati creature nostre e come tali li amavamo, dolenti solo che la modesta condizione di lavoratori e incerta mercede non ci permettesse di fare per loro tutto quanto il cuore avrebbe voluto. Le lettere scambiate con le famiglie lontane ce li rendevano ancor piu' cari, perche' quelle lettere rigurgitavano di gratitudine, di affetto, di battaglieri propositi e i legami di classe che gia' ci avvincevano agli scioperanti venivano rafforzati dalla stima, dal comune amore per i giovanetti e in fanciulli a noi affidati. Quanto ci appare triste l'ora del distacco! Ah! Noi pensiamo che nelle loro case i nostri cari piccoli ospiti, troveranno il dolore della sconfitta, forse la tristezza della miseria... E avremmo voluto trattenerli qui; dove almeno c'e' la sicurezza del pane... Ma i genitori desiderano rivederli. Essi partono. Noi li salutiamo col cuore gonfio di lacrime e ci parranno ben vuote le nostre case dov'essi non metteranno piu' una nota di dolcezza inesprimibile col loro pittoresco e gaio dialetto toscano! La loro presenza ci ricordava con un linguaggio eloquente i nostri doveri di solidarieta' proletaria e ci rendeva migliori. In quest'ora di raccoglimento non vogliamo conturbarci col rievocare le voci discordi che oltraggiarono piu' e piu' volte la nostra dignita'. Accusandoci di aver voluto inscenare un quadro spettacoloso, e di non aver ceduto a superiori ragioni e impulsi di classe e di umanita'; ma crediamo di avere il diritto di respingere quest'ingiuria che dimostra solo l'animo gretto di chi non seppe capire come vi siano momenti e fatti in cui s'impone, se non il rispetto, almeno un cortese silenzio. Questo era il nostro dovere di dire oggi, mentre riconsegniamo alle famiglie dei vinti il pegno di stima, di solidarieta', di fiducia che si compiacquero lasciarci per un tempo, lungo ai combattenti e doloranti, breve per noi. I piccoli ospiti partono e non li accompagnano le note dell'Inno e il fluttuar dei vessilli, che' non s'addice la festa a chi ritorna in patria, non per consacrare una vittoria, ma per piangere una sconfitta; li accompagna pero' il saluto affettuoso di tutti i lavoratori organizzati e di tutti i buoni che seppero comprendere l'alto significato della battaglia combattuta dai loro padri in nome del diritto operaio. Noi non abbiamo la forza di dire addio. A rivederci, o piccoli soldati della lotta di classe; quando un giorno, e non sara' lontano, i lavoratori oggi calpestati dal trust siderurgico, rialzeranno il capo e riprenderanno la battaglia, ricordate che nelle vostre case e nel nostro cuore vi sara' sempre un posto per voi e i vostri fratelli."
I serrati hanno lottato resistendo fino all'ultimo: la loro resistenza diviene un esempio che si proietta negli anni a venire. I figli dei serrati, che erano destinati a pagare e subire piu' di chiunque altro le conseguenze della lunga lotta, hanno invece trovato chi si e' prontamente preso cura di loro. Ne e' nata un'esperienza umana straordinaria di reciproco affetto con chi aveva preso il posto dei loro genitori.
L'iniziativa della cairese Ines Oddone e degli altri dirigenti di Azione Diretta ispirera' in America nei mesi successivi l'operato della Industrial Workers of the World che congiuntamente alla Federazione Socialista Italiana contestera' la nuova legge sull'orario del lavoro promulgata nel Massachussets inviando i bambini degli scioperanti in altre citta', cosi' da togliere un peso alle famiglie scioperanti e creando dei piccoli ambasciatori dello sciopero nelle citta' che li accoglievano. Come gia' avvenuto negli scioperi di Portoferraio e Piombino i cortei che accompagnavano i partenti e gli arrivi nelle varie citta' erano accompagnati dalle bande musicali proletarie, ma anche da scontri e cariche delle forze dell'ordine.
Non tutti i bambini ritornarono subito a casa. Il piccolo Ilio Pannocchia, fratello di Lilia, rimase insieme a Ines Oddone finche' lei non mori' nel 1914. Ilio si ricongiunse alla famiglia originaria ritrovando la sorella Lilia. Nel frattempo il padre Demetrio, dopo la sconfitta della lotta e la conseguente perdita del lavoro, nell'aprile del 1912 era emigrato da Piombino a Genova. Ilio lavoro' come operaio siderurgico negli impianti genovesi, cosi' come la sorella Lilia, addetta alla pulizia dei metalli.