Luis - Risorgimento nelle Langhe, aristocrazia e comunismo
Sulle rive della Bormida nel 1794
Nella prima stesura dell'opera, il barone alemanno che sposa Bianca non e' un barone ma un conte.
Il 25 ottobre 1869 Abba e' tra i fondatori della prima Loggia massonica in Savona.
Abba scrive a Pratesi, 17 marzo 1871:
- "E piglio foga a lavorare in questi giorni, nei quali si e' sviluppata in me un'attivita' mai piu' avuta, e il lavoro che mi cresce tra le mani mi fa sentire piu' altamente dell'essere mio, che mi pareva abbandonato dall'ispirazione e dal sentimento. Attendo ad allestire il manoscritto del mio racconto, il quale, spero, non sara' per certo gettato nel vuoto e mi procurera' nemici, ma anche amici buoni fra quanti pensano all'avvenire, e vivono il nostro paese. Domani ti spediro' per posta le prime otto appendici"
Pratesi scrive ad Abba nel maggio 1871 e Abba risponde:
- "Se mi dici cancella, cancello. Cosi' e' di certe metafore, di pagine intere. Il colloquio Giuliano-Apollinare l'accorcero': anche a me parve un po troppo lirico sin dalla prima volta. Quanto al signor Fedele nascosto sotto un tino e' storia e qui i racconti corrono sulle labbra dei vecchi: so di uno molto invelenito contro la Francia e lo conobbi cadente da fanciullo: ti dico che stette tre giorni in una fogna..."
- "La verita' storica dell'ottavo capitolo l'ho conservata aiutandomi con la tradizione di qui, coi racconti uditi da fanciullo, fatti da certi vecchi che s'erano trovati a quell'impresa, anzi la storia del codino rimasto intricato in un rovo e' vera verissima: e trovo ne La France militaire un aneddoto pari pari e che le genti di val di Tanaro furono vinte col solo apparire danzando dei Repubblicani. E' vero"
Estate del 1872:
- "Il mio romanzo ormai e' finito, l'ho ricopiato dalla stampa tutto dopo aver corretto dando giu' una diramata a sfrondare. Molte cose appresi in questo lavoro; e sovratutto ci guadagnai per la persuasione che me ne venne, essere l'arte lunga e difficile piu' che non si creda. Si fa presto a imbrattar carte, ma a scrivere davvero non si giunge che colla fatica, colle veglie e coi dolori dell'intelligenza"
Scrive a Pratesi il 22 luglio 1873:
- Il mio romanzo e' finito da capo a fondo, rifatto quasi del tutto. E ora certi capitoli piacciono anche a me e me ne lodo. Mi pare di aver dentro un bel micio che si lecchi le labbra soddisfatto. Pero' se avessi voglia di tornarci sopra, sento che molto potrei migliorarlo"
Scrive nell'aprile 1905, riguardo alle sue "Rive della Bormida", alla contessa Antonietta Appiani di Castelletto Uzzone, signora di Santa Giulia e Tor d'Uzzone (Torre Uzzone):
- "Parlano di luoghi che la signora vide, e d'alcuni porta il nome. Chi fu per quelle valli, chi vide quell'accavallarsi di colli, di Langhe, le umili Langhe, dove vive il popolo forse migliore di tutta Italia; dunque ne senta dire e lo scritto, per amor dei luoghi, gli par bello il dire e lo scritto... Oh, la', la' vorrei invecchiare il cuore, e con quella semplicita' di vita e di voglie nella quale ero allevato. Come eravamo contenti di nulla, noi! Come ogni piccola cosa bastava a riempirci il cuore! E le mie Rive furono scritte quand'io, quasi fuggito fuor del pelago alla mia solitudine, nel mio piccolo borgo, mi ero rituffato nell'antica semplicita'... E scrivevo il mio romanzo. Come ne sono superbo ancor oggi, come mi par grande ancora la patria vista ingigantirsi, allontanandocene noi, facendoci piccini, rincantucciandoci per guardarla e adorarla dal nostro nulla!... E siano benedetti i giorni in cui lo finivo! Mia madre era morta da un mese, da quattro mesi era mia sposa la fanciulla piu' semplice e piu' bella della vallata. S'aprivano allora a nuove speranze i cuori italiani per l'entrata recente dell'Italia in Roma, ed io in tutto quel turbinio di cose non avevo sentito ne' un momento di cupidigia, ne' un momento di ambizione"