A qualcuna delle finestre di quella casa, nel 1794, si affacciava talvolta una donna che pareva avesse in faccia lo sconsolato pensiero di trovarla troppo vasta per la sua poca famiglia. I popolani della via la salutavano con rispettosa dimestichezza, e la chiamavano la vedova, pei signori era la signora Maddalena. A cinquant’anni, coi capelli neri ancora e giovanili, aveva la persona così scemata che la gente non poteva tenersi dal pensare che presto se ne sarebbe andata col marito morto, dal quale era stata condotta sposa giovanissima in quella casa, dov’era rimasta con un figliuolo che si chiamava Giuliano. Questi nel 1794 era sui venticinque, e studiava l’ultimo anno per uscir medico dall’Università di Torino; momento aspettato con gran passione dalla povera madre che, a poco a poco, e senza avvedersene, aveva mescolato con l’amore per lui una certa venerazione. Intanto in casa non aveva altra compagnia che di Marta, una fantesca che non sapeva bene da quanti anni fosse al mondo, ma che ricordava d’aver portato in collo il morto padrone; e perché era stata anche aia del figlio, non chiamava questo né signorino né altro, ma semplicemente Giuliano. Stavano, essa e la padrona, sempre insieme; questa parlava del marito morto e del figlio; lei, raccontando cose antiche di conti, di castelli e di carnevali, badava a tenerla allegra, sempre amorosa come se la signora fosse stata una sua figliola maritata, per la sua bellezza, alla buonanima del padrone.
La sera della seconda festa di Pasqua di quell’anno, quelle due donne se ne stavano appunto sole nella sala terrena aspettando Giuliano che era andato a Cairo, borgo poco discosto, a visitarvi il suo vecchio maestro. Era la terza gita che egli vi faceva in una settimana dacché era tornato da Torino a far le feste in famiglia: e, sebbene la signora si fosse meravigliata di quella frequenza, non aveva dubitato punto che il suo figliuolo non andasse proprio per amore del vecchio prete. Ma tutta la giornata era stata malinconica, e, sull’annottare, aveva cominciato a mostrarsi inquieta. Si affacciava ogni tanto alla finestra donde si scopriva la via per cui Giuliano doveva tornare e, dopo l’avemaria, vedendo che egli non veniva, non trovava più posto ove potesse star ferma. Andava su e giù per la sala, tornava ad affacciarsi alla finestra, tendeva l’orecchio, si toglieva di là sospirando e guardando Marta che se ne stava badando a non mostrare quanto fosse anch’essa scontenta. Intanto l’ora della cena era passata, e una grossa e vecchia gatta, levandosi da far le fusa, era già corsa parecchie volte a fregarsi contro gli stinchi della fantesca.
A un tratto la signora, non potendo più reggere, si volse, e, quasi incalzando un discorso già cominciato, disse alla vecchia:
- Oh insomma! chiamate Rocco; voglio mandarglielo incontro.
- Non si potrebbe aspettare un altro poco? - disse Marta - Noi stiamo col cuore fra due sassi, ma i giovani...
- Pazienza le altre volte... ma ora con questi soldati che sono in volta...
- I soldati? Per codesto le so dire che gli Alemanni rispettano tutti, e a Giuliano gli farebbero buona compagnia! Eppoi, a mandargli uno incontro, gli si farebbe torto.
- Allora aspettiamo - disse la signora, e, fattasi di nuovo alla finestra, si mise a guardar nella notte. Marta chinò la testa sul seno pensando agli Alemanni, dei quali la signora Maddalena mostrava d’aver tanta paura.
Costoro erano venuti quell’anno, parecchie migliaia di Lombardia, e avevano gli alloggiamenti in Cairo, a sostegno delle genti del Re di Sardegna, che, fronteggiando i Francesi sui monti di Nizza, s’erano la state innanzi condotte con gran valore al colle di Raus e a quello di Milleforche. I repubblicani di Francia non avevano trovato il verso di superare quei colli; ma, fattisi più grossi nella invernata, s’andavano preparando a nuovi assalti. E quelle, non se la sentendo di poter reggere, poche come erano, il Re aveva chiesto aiuti all’Imperatore d’Alemagna che, sebbene adagino, li aveva mandati. Marta non sapeva queste cose a puntino, ma la venuta degli Alemanni le aveva recata gran gioia, perché le pareva che fossero tornati i tempi della sua giovinezza, quando le Langhe erano terre dell’Impero, e i popoli di quelle parti si tenevano per Alemanni anche essi. Godeva ai tanti ricordi che le nascevano dalla comparsa di quelle divise; le pareva d’essere ancora in collo al padre suo, portata bambina a vedere le rassegne o il passaggio delle soldatesche alemanne d’allora; si sentiva sulle guancie grinzose passar la mano che le aveva carezzate quando erano fresche; vedeva dinanzi a sé il soldato che le aveva fatto quel vezzo discorrendo coi suoi sulla soglia di casa, immagine lontana e già quasi sfumata nella sua memoria. Fors’anche qualche affetto rimasto sul nascere te tornava su dal cuore, e così, tra il pensiero della soldatesca imperiale antica e nuova, e quello di Giuliano che, non arrivando, affliggeva sua madre, la mente le ondeggiava come la fiamma della lucerna che spandeva per la sala una luce tremula e fioca.
Fuori suonavano i canti delle brigate che tornavano dal festeggiare la primavera sui prati e nei vigneti: ma la signora Maddalena non vi badava. Intanto Giuliano veniva, o piuttosto si lasciava trasportare dalla sua giumenta; pensoso, raccolto, tanto che neanch’egli udiva quel chiasso festereccio, né vedeva la via, né forse la testa della sua cavalcatura. Parlava tra sé di quando in quando, a mezza voce; e allora la povera bestia incalzava un tratto il passo, poi si rimetteva tranquilla a quello che aveva mosso partendo da Cairo. M;., giunta a un certo segno, squassò forte il capo, nitrì; e allora soltanto scuotendosi, Giuliano s’accorse d’essere già lontano dai luoghi dov’era rimasto col pensiero e col cuore. La notte era fatta, il SUO borgo nativo gli stava dinanzi, si discernevano le finestre illuminate fiocamente, e, scoprendo le proprie, egli pensò che sua madre era là in pena ad aspettarlo. Si ricompose in sella, affrettò con le calcagna la giumenta, e, sebbene agli altri suoi pensieri si aggiungesse che gli pareva d’essere un cattivo figliuolo, pure provò un po’ di quel senso che rallegra chi torna, a sera, a casa sua.
Appunto allora la signora Maddalena, stanca d’aspettare, stava per dire a Marta che a Giuliano, fosse o non fosse per aversene a male, voleva andargli incontro essa stessa.
E’ qui! - esclamò sentendo le pedate della cavalla e, levandosi dalla finestra tutta mutata nel viso, lesta lesta attraversò la sala, seguita dalla fantesca, che la raggiunse nell’atrio recando la lucerna.
Il giovane arrivò di trotto, e, smontando a pié dei gradini dell’atrio, disse alla signora: - Non mi sgridi... un’altra volta tornerò più presto...
- Ah... te ne avvedi anche tu? Il perdono è un bel chiederlo... ma...
Giuliano non le lasciò finire l’amorevole rimprovero ma, guardandola umilmente negli occhi, le si avvicinò come per soggiungere qualcosa. Poi, non trovando la parola, tenne dietro a Rocco, suo colono, il quale avendolo sentito arrivare, era corso mezzo brillo a pigliare la giumenta, e l’andava a riporre.
A quel fare insolito, sbigottì la signora, e chiedeva che ne pensasse a Marta, la quale s’ingegnava di riverberare colla mano i raggi della lucerna dietro Giuliano, rimanendo con la faccia e con la persona nell’ombra. Ma, a stornarla dalla sua domanda, s’udirono alcuni tocchi lenti e lamentosi della campana del castello, venuti a mescolarsi, come la voce d’una terza persona, alla loro malinconia.
A quel suono, che segna la una di notte, il popolo di quei villaggi pensa a’ suoi morti, e in ogni casa s’interrompono i discorsi della veglia per recitare il De Profundis. La signora Maddalena si segnò e si mise a dire il salmo che, ad ogni verso, ci soffia sull’anima l ‘aria fredda dell’abisso, e, recando come un grido dell‘altro mondo, ci fa levare gli occhi al cielo in cerca d’un po’ di luce, d’un po’ di vita, di qualche novella dei sepolti quaggiù. Marta, non Sapendo le parole del salmo, che mai non aveva potuto mandare a memoria, teneva dietro coll’intenzione e picchiandosi il petto.
Quando la signora mostrò d’avere detto, segnandosi la seconda volta, essa disse: Amen. Proprio in quel punto ricomparve Giuliano. - Qualche cosa da dirmi l’avrà di certo! - bisbigliò la signora, e dall’atrio entrò nella sala, seguita da lui e da Marta; la quale sussurrò nell’orecchie al giovane, che, per amore di sua madre, facesse viso allegro. Poi andò in cucina per dare in tavola, lasciando che essi passassero nella stanza dove la famiglia soleva mangiare.
La signora non si era mai seduta là dentro senza pensare al suocero ed a madonna, che essa non aveva conosciuti; ma quella sera non pensò ai morti. E, mentre Giuliano, messosi a sedere come fosse molto stanco, guardava i canestri di frutta dipinti nelle pareti, essa stendeva la tovaglia, metteva le posate e i tovaglioli, cercando il verso d’appiccare discorso con lui, senza dargli a vedere l’ansietà che non le era cessata ancora. Alla fine le venne alla mente il nome del buon prete di Cairo, e, voltasi a Giuliano con quella dolcezza che sempre usava, sedette anch’essa e gli disse:
- O appunto! Che nuove mi porti di don Marco?
- Lo vidi da lungi, di fuga... e mi parve triste...
- Come, da lungi e di fuga? O non hai detto stamattina che andavi a Cairo proprio per veder lui?
- Andai... ma... dopo il vespro egli era fuori pei monti, ad assistere non so che moribondo...
- Non c’è più parroco, curati, altri preti? come fanno a lasciar andare quel povero vecchio?
- Oh...! quelli avevano altro a fare! Oggi c’era gran pranzo dal parroco: preti, frati, soldati, signori e signore, mezzo il borgo faceva le feste a quegli uggiosi Alemanni che son colà!...
La signora diede attorno un’occhiata, poi mutò come potè il discorso e proseguì:
- Hai detto che è triste! Povero don Marco, capisco... Noi vecchi ci sentiamo fuggire il mondo...
- Eh!... a vedersi tra i piedi quella soldataglia, a sentire quello strascichio di spade, anche a non essere vecchi c’è da diventar tristi e far peggio...! Se gli Alemanni fossero a Dego non ci starei più un’ora…!
- Giuliano! - esclamò la signora levandosi - dimmelo, che tanto l’ho già indovinato!... Tu hai questionato. Oh... no! Me lo accerti? Voleva vedere! Credi che qui essi hanno in mano tutto e tutti... credi in cuor tuo quel che ti pare, ma bada a non darmi dispiaceri, ché, se non te l’ho mai detto, te lo dico ora: non sono più quella d’una volta, non potrei più sopportarli...!
Giuliano sentì dar giù d’improvviso il bollore, e guardando fisso la madre, come se soltanto allora s’avvedesse che la sua salute le veniva scemando, provò uno sgomento sì forte che rispose pronto e pacato:
- Dispiaceri da me non ne avrà mai! Me lo terrò nel cuore: ma questi Alemanni venuti quassù a proteggerci e a spogliarci... gli odio, gli aborro, vorrei vederli tutti morti.
La signora tacque: ma Marta che essendo entrata a mettere qualcosa in sulla mensa, aveva sentite le ultime parole del signorino, si morse la lingua e tornò in cucina sbalordita, come se quelle eresie fossero state ceffoni. Gli Alemanni tutti morti? Non le pareva cosa che si potesse dire da un cristiano. Capì il gran mutamento che doveva essere avvenuto in lui nello stare lungi da casa; rammentò che questo mutamento il pievano l’aveva predetto sin dal primo giorno che egli era andato a Torino; e vide confusamente il male che ne poteva seguire, e una profonda malinconia mista a certo sdegno le allagò il cuore. Avesse visto entrare in casa la farfalla più oscura del mondo, si fosse versata o rotta l’oliera, la gallina a lei cara avesse cantato da gallo sul bel punto della mezzanotte; nulla avrebbe avuto in malaugurio quanto quelle amare parole.
Intanto i padroni mangiucchiando avevano mutati i discorsi, e, sebbene il giovane a tratti lasciasse cadere le domande della madre, essa, dalla tema di fargli saltare in capo d’andar fuori, taceva in pazienza. Per sapere se qualcosa gli fosse avvenuto cogli Alemanni, avrebbe mandato qualcuno a Cairo con un biglietto per don Marco; ma adesso, avendo in casa il figliuolo, non temeva di nulla, e finiva di cenare, senza essersi raccapezzata in quella tristezza e in quel viso scuro.
Marta, chiamata a sparecchiare, venne dalla cucina imbronciata: e, accesi due lumi da mano, uno ne porse alla padrona ed uno al giovane, senza dir nulla. Egli, salutata la madre e data la buona notte alla vecchia, salì nella sua camera, al più alto piano della casa, proprio sopra quella della signora, alla quale non era mai parso di poter dormire tranquilla, se la notte egli non era in luogo da poterlo udire solo che si muovesse. Rimasta con la padrona, Marta volle sfogarsi, e giungendo le mani proruppe:
- Ha sentito? Io da parecchi giorni vado in castello che mi pare di salire sul calvario... e le occhiate del pievano comincio a capirle. ..
- Che occhiate?
- Certe occhiate, come se volesse dirmi che gli nascondo il peccato mortale...
- Oh smettetela un poco anche voi! - interruppe di collera la signora Maddalena - questa sera n’ho già di troppo... andate a letto…!
Marta, umiliata da quel tono insolito, s’avviò alla porta che dava nell’atrio, per chiuderla come l’altre sere.
- Lasciate stare! - proseguì la signora - questa sera chiuderò io…
La vecchia chinò il capo, diede la buona notte con voce strozzata e andò a chiudersi nella cameretta terrena, dove dormiva da sessant’anni. La signora, pur sentendosi già pentita del rabuffo, non istette a trattenerla per consolarla, ma, chiusa la porta con diligenza, levò la chiave, sali nella sua camera anch’essa, e la nascose sotto il guanciale. Poi si chinò sull’inginocchiatoio a canto al letto, e, mescolando i suoi morti, i santi e Giuliano, cominciò a pregare.
In capo a un’ora non s’era ancora coricata perché disopra s’udiva lo scarpiccio di Giuliano, che aveva sentito rinascere i propri pensieri a martellarlo urgenti ed acuti. Egli s’era messo parecchie volte a spogliarsi, ma sempre aveva finito alla finestra, all’uscio, dando di volta, tornava a sedere. Parlava, sospirava, rifaceva tutto confusamente, combattuto, coi lineamenti della faccia affilati come lo crucciasse qualche fiera passione. Questo suo travaglio pareva voler divenire smania, quando, chi sa come, gli tornarono alla mente i giorni della sua fanciullezza, e l’uso che allora aveva sua madre di non mai coricarsi, senza prima essergli venuta in camera a dare un’occhiata alla finestra se fosse ben chiusa, a vedere se avesse acqua nella boccia, o se il lume fosse in luogo da non dar fuoco. Provò di quel ricordo una dolcezza, un aiuto, e si pregò che la madre venisse anche quella sera, perché li avrebbe avuto cuore di dirle una cosa che solo a pensarla, il sangue gli faceva dentro dei cavalloni. A un tratto parve aver afferrato un’idea, si levò risoluto discese di sotto e picchiò all’uscio di sua madre.
La signora Maddalena, sentendolo discendere, si lodò d’aver portato seco le chiavi di casa; ma capito che veniva da lei, corse all’uscio, e, mentre ch’egli picchiò, essa, già pronta, aperse, e dolcemente gli disse:
- Lo sapeva che hai qualcosa da dirmi... vieni.
E, tirandolo per la mano, s’andò a sedere su d’un seggiolone perché, sebbene facesse le viste d’esser tranquilla, non si sentiva di stare in piedi. Poi, guardandolo amorosa, soggiunse: - Ebbene?
- Ecco, rispose Giuliano, io non poteva più reggere e son venuto a dirle... che... l’autunno passato la nostra casa le pareva troppo solitaria, e mi disse che le tardava mille anni che io fossi medico, perché qui sola ci moriva di malinconia. Allora non osai... ma ora... vorrei... - Sposarti? - sclamò la signora Maddalena, balzando in piedi dall’allegrezza: - Ma sposati, e sia benedetta la nuora che mi condurrai in casa...! O perché mi hai tenuta tutta questa sera sulle spine? Ci voleva tanto a darmi questa bella notizia? Siedi, che ora non voglio vederti perdere la sicurezza di poco fa, per questo rimprovero, siedi e parliamo di lei. Già ho bell’e capito: essa e di Cairo; come si chiama?
- Bianca N... - rispose Giuliano colle vampe al viso.
- Oh? Dei N... c’è n’è una famiglia sola, credo... Sua madre dev’esser morta, e si chiamava la signora Costanza, nevvero? Hai fatto bene a innamorarti d’una orfana! E la conosco sai! Sta un po’ a sentire. La vidi una volta, al convento dei Minori Osservanti di C...; mi ci aveva condotto tuo padre alla sagra della Madonna degli Angeli. Miracolo, perché le sagre egli non le poteva udire manco a menzionare. Ebbene... Bianca deve essere una di quelle due fanciulline che la signora Costanza si menava per mano, sotto i pergolati del convento. Parevano due perle... una era bionda, l’altra bruna... ricordo che vedendole dissi che la festa della Madonna degli Angeli pareva fatta per loro...
- E qual è delle due?
- La bruna.
- Ah! Già perché l’altra deve avere pochi anni...! La bruna! Ripetendo questa parola, la signora rimase cogli occhi fissi, forse pensando ai tempi in cui anch’essa era piaciuta al giovane forestiero che poi le era diventato marito. - E sta bene - continuò poi, - ma come, non mi hai detto nulla, mai nulla? Te ne sei forse innamorato quest’oggi?
- Gli anni che stetti a Cairo la vedeva dal terrazzo di don Marco ogni giorno; la seguiva dove andava a passeggiare; in chiesa badava sempre a trovare un posticino da poterla guardare e mi sentiva addosso un’allegrezza!... Altro che i canti della gente e dei preti!... Mi pareva che io avrei cantato colla voce di un angelo! Era divenuto buono, così buono che non poteva udire i poveri pregare alla porta e correva a portar loro il mio desinare. E la notte, se pioveva o tirava vento, io mi sentiva in cuore una pietà che non mi lasciava dormire. Mi doleva sin dell’impannate, del cesto di basilico, delle pietre della via che pigliavano il freddo. Una vecchia poi, ricordo una vecchia che aveva tre capre, la sua ricchezza; i compagni la canzonavano, io mi posi in capo di farla rispettare, e vi riuscii. Poi vennero le malinconie; e talvolta tenni a mente dugento versi di Virgilio, solo a leggerli due volte, tal altra stetti settimane senza aprire un libro. Allora passava delle ore e delle ore coricato in qualche campo solitario, e là, con la guancia nell’erba, mi pareva di sentire quello che fan sotterra i morti... pensava sempre alla morte, e non so perché, in quei giorni, incontrando Bianca, se qualcuno de’ miei amici diceva che essa era bella, io avrei voluto morire. Mi pativa il cuore che l’aria me la guardasse. Eppure quelle malinconie erano nulla; le vere malinconie vennero di poi quando andai a Torino la prima volta... Allora sentii uno sgomento...! e mi parve che mi avessero fatto nel petto un buco tenebroso, profondo, e che per uscire da quella pena bisognasse...
Qui Giuliano s’avvide di parlare a sua madre, e di parlare come ad un amico; si confuse, chinò il capo, e non osò più dire. La signora Maddalena stava ad ascoltare e sorrideva; ma intanto le entrava nell’anima un dolore, il dolore di avere scoperto che il suo figliuolo non era più tutto suo; e, pensando a quella fanciulla che pur le rapiva tanta parte del cuore di lui, alfine si fece forza e gli chiese:
- E Bianca?
- Io non le ho mai parlato - bisbigliò Giuliano.
- O dunque a Cairo che cosa vi andavi a fare?
- A vederla.
Allora la signora Maddalena si levò in piedi, e pigliando la testa di lui tra le mani, volle baciarlo.
- E via... - disse - a domani. Ora ho bisogno di raccogliermi... Tu frattanto m’hai tolto un gran masso dal cuore! Con quegli Alemanni m’avevi spaventata... che t’han fatto, che c’entrano...? Basta! Sono tranquilla, vattene, domani mattina riparleremo.
Così dicendo lo accompagnò fuori dell’uscio, ed egli, risalendo alla sua camera, dalla contentezza non toccava i gradini. Là si mise a guardare dalla finestra il cielo che, in quell’ora, coi suoi splendori infiniti, gli pareva cosa da poco. Ma, chinando gli occhi, vide nel giardino scuro un tratto riquadro del suolo su cui, traverso la finestra di sua madre, posavano i raggi del lume che teneva in camera acceso. Quel tratto di suolo lo percosse come la vista d’un sepolcro aperto. E subito gli passò per la mente l’ultima notte in cui la dolce sua madre sarebbe giaciuta morta sul proprio letto. Il lume funereo avrebbe posato i suoi raggi in quella maniera lugubre, di quell’istessa finestra, forse quell’istesso tratto di suolo. Provò un amaro desiderio di morire prima di quella notte, e chiuse le imposte pensando che grande miseria sarebbe stata quel giorno in cui né in casa né fuori avrebbe più incontrato sua madre. - Che la vita sia corta è un gran bene - mormorò allora, avvicinandosi ad uno scaffale, e, preso un grosso volume, l’aperse sul tavolino, sedette, raccolse la tempia fra le mani, si sprofondò nella lettura, e forse in chi sa quali pensieri.