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Capitolo 7

La cascinaia del signor Fedele, sin da quel mattino che origliando aveva sentito le querele di Bianca, s’era messa in testa di correre al convento per dire ogni cosa al suo confessore. A quei tempi s’usava molto confidare nel confessore i propri peccati e le faccende altrui. Ma, in tante volte che vi era andata, non aveva potuto trovarlo, e, la mattina della partenza dello stormo, la poveraccia teneva tuttavia sullo stomaco il gran peso di quel segreto. N’era tribolata assai, e, pensando al marito, al maggiore dei figli, andati agli sbaragli della guerra, non potè più reggere, s’affrettò verso il convento risoluta a non muoversi più, senza aver visto il padre Anacleto, senza essersi confessata a lui, senza averlo pregato a porre i suoi uomini nella guardia di Dio.

Dalla palazzina del signor Fedele si poteva andare in pochissimo tempo al convento, che sorgeva ai piedi di una collina, in valloncello alberato di quercie antichissime. I frati di questo convento erano quasi tutti del Monferrato e delle Langhe. Ve ne venivano talvolta dalla Liguria; ma gli uni e gli altri vi si accomodavano assai bene, e se ne andavano a malincuore. Tenevano in mano le fila della vita dei borghi vicini, predicavano, confessavano, pregavano, parevano tutti santi. I loro cercatori, correndo i contadi raccoglievano d’ogni ben di Dio, e ritornavano ogni sera carichi come api e allegri sempre.

Quando la cascinaia del signor Fedele giunse al convento, il padre Anacleto, tornato da parecchi giorni dall’aver fatto il suo quaresimale in Dego, era sul rialto, donde, poche ore prima, il guardiano aveva arringata la turba andata alla guerra. Egli girava intorno a certo pilastro sormontato da una croce di ferro, al fresco delle grandi querce che ombravano il poggiolino. I frati solevano venirvi a riposarsi dopo il desinare, e a dire le barzellette alla gente che passava per la via appiè di quello. Essendo ancora mattino, il padre Anacleto vi stava solo soletto, teneva il breviario sotto il braccio, e, con le mani l’una sull’altra al petto, diceva, passeggiando, le ore.

Parve alla povera donna che Dio l’avesse posto là ad aspettar lei, e, appressandosi peritosa, come poté, lo chiamò a nome sommessamente. - Oh!... - esclamò il frate, mettendosi sulla persona, grave - sei tu? Ebbene, tuo marito se n’è andato anche lui col figlio maggiore? nevvero?

L’altra imbambolò a queste prime parole, e stava per fregarsi gli occhi col dosso della mano, ma il frate, accorto, aggiunse:

- Hanno fatto bene! L’intenzione è santa... ma io credo che non avremo mestieri delle loro forze; e quand’anche fosse, il Signore sa quali sono i suoi... bisogna avere fede in lui, e starsi di buona voglia. Allegri!

E tornò a passeggiare, come se con questo l’avesse congedata.

Ma essa con voce umile e timorosa:

- O signor padre, mi perdoni, son venuta per parlare con lei.

- Con me? Allora son qui! - rispose il frate, fermandosi di nuovo; e prese l’aspetto d’uomo che tiene una mano su in cielo, e l’altra sopra la terra; certo che colei veniva con qualcuna delle noie, solite ad essergli date dalle foresi, le quali erano lì ogni poco, a fargli recitare il responsorio di Sant’Antonio per ritrovare la gallina perduta, o con uno scrupolo da farsi levare, o con un sogno da decifrare.

- Veniva per confessarmi - disse la campagnuola. Ed egli a lei:

- T’ho confessata che sono appena quindici giorni! Che ci hai di nuovo?

- Peccati no: ma una cosa mi pesa sull’anima e mi pare che se non la dico, il mio povero uomo avrà la mala ventura. Son venuta qui parecchie volte...

- Spicciati, spicciati - interruppe il frate.

- Sa che i padroni sono in villa? Ma ha da sapere che la notte che ci vennero, voglio dire al mattino, il signor Fedele, prima di tornare a Cairo, mi disse che, portando la colazione alle signore, badassi bene a non parlare con esse, perché alla Bianca voleva dar di volta il cervello, e vedeva tutto spie, nemici, Francesi, che so io...

- Caspita! - esclamò il frate, quasi maravigliando di quelle cose seguite a sua insaputa.

- Ascolti, ascolti! - continuò la donna pigliando animo: - portando la roba io mi lasciai tirare dalla curiosità, e andai ad origliare all’uscio delle donne. Parlavano tra loro, e Bianca diceva cose, poverina, da far piangere! Altro che impazzire! Parlava come un libro; ma non ho potuto capire nulla, salvo che vuol farsi monaca, e che non vuol essere sacrificata... Basta! Il fatto è questo, che, da quel giorno, in casa ci pare il mortorio; e il signor Fedele, quando lo vedo, fa tremare anche me. E torbido, come se gli avessero levato il pasto di bocca... Se ella ci andasse a vedere un poco... Ah! già mi dimenticava: il padrone, sin da stamane, s’è nascosto in cantina, e non c’è santi per farlo venir fuori; la palazzina è chiusa, ma dentro ci si sente la disperazione!

- Allora vado - disse il frate; e la donnicciuola, ringraziandolo, mosse verso il convento a sentir una messa spigliata come si fosse tolto di dosso un macigno. Egli poi, stato un altro poco a girare intorno al pilastro, si segnò due volte, e s’avviò alla villa del signor Fedele.

Vi giunse che questi aveva scacciato con grandi minaccie Bianca e Margherita, tornate a pregarlo di torsi da quel brutto luogo, che quei furiosi se n’erano andati; ma le loro preghiere avrebbero mosso a pietà qualunque crudele, non lui. Scendevano e salivano dalla cantina alla stanza dov’era la zia Maria, e con essa si lamentavano, quando s’intese un picchio leggero all’uscio di sotto, e Bianca, affacciandosi, sclamò: - Il padre Anacleto!

La cieca credè, a quel nome, di ricevere un messaggio dal cielo; Bianca corse da suo padre dicendogli del frate; e Margherita non aveva avuto tempo di raggiungerla, che il signor Fedele, dal nascondiglio era già fuori. Ma ahimè, come concio! Pareva un masnadiero fuggito per qualche fogna al bargello; per giunta, un nugolo di mosconi gli turbinavano intorno al viso e alla persona. Bianca si provava a nettarlo e piangeva; Margherita, aperta la porta, faceva venir dentro il padre Anacleto.

- Deo gratias! - disse questi facendosi oltre diritto, e vedendo il signor Fedele - che fatto è questo - esclamò - che ti veggo scompigliato a codesto modo? - Il frate dava del tu a tutti, salvo agli ecclesiastici più vecchi di lui.

- Eh! padre, - rispondeva l’altro - ella viene in casa di uno sventurato! Ero disceso in cantina per vedervi come sto a vini; mi prese il capogiro, caddi e buon per me che queste mie figliuole furono pronte ad aiutarmi.

Se là dentro fosse stato un po’ di luce, il frate avrebbe visto sui volti delle due fanciulle la meraviglia che l’infingimento del padre mise nelle loro anime semplici. Ma non ebbe neanco tempo di dire al signor Fedele che ringraziasse il Signore di avergli tenuta sul capo la sua santa mano, che costui, scaricando su Bianca il miscuglio tempestoso di passioni che gli fiottava nell’animo:

- E voi - le gridava - voi che ci fate qui? andate al vostro posto!…

La povera giovane che, quasi s’era dimenticata d’ogni patimento, solo per aver potuto parlare quelle poche ore con la zia e con la sorella, rimase, a quelle parole, come se, venuta tapina a chiedere la carità, le avessero chiuso in faccia l’uscio di casa sua. E, chinando gli occhi mestamente, si volse addietro, salì le scale, ritornò nella sua camera, ai suoi silenzi. Margherita stette senza saper che si fare, addolorata di veder ricominciata la triste istoria, poi usci sull’aia singhiozzando da sola.

Allora il padre Anacleto capì che sotto v’era qualcosa, di cui la cascinaia gli aveva fatti a ragione i grossi misteri. E, valendosi della considerazione in cui sapeva d’esser tenuto dal signor Fedele, presolo per la mano, con dimestichezza paterna, gli disse:

- Fedele, tu sei più vecchio di me, io sono più di te esperto della vita. Sai che ti sono amico; non t’ho mai veduto così severo con le tue figliole: che t’hanno fatto? Dacchè non ti ho riveduto tu sei mutato in viso, ma molto mutato: segno che non sei contento! Perché non sei venuto da me? A dirti il vero, qualcosa mi diceva qua dentro: - egli non viene da te, e tu va da lui! - e sono venuto, ed ecco che non m’ingannai. Che posso per te? Noi siamo ai servigi dei felici e degli infelici, dei ricchi e dei poveri... parla pure...

- Oh padre! - rispose il signor Fedele - questa è la casa dell’afflizione! se dura così un altro mese, qualcuno di noi sarà portato al sepolcro!

- Oh! dunque c’è a mezzo qualche seria faccenda?

- Seria! altro che seria! - proseguì sospirando il signor Fedele, che, stato in forse quei pochi momenti, deliberò di confidarsi al frate delle cose di casa sua; - i figliuoli de’ nostri tempi non obbediscono più i loro padri, e il mondo va male...

- Il mondo si sfascia come un cadavere, sentenziò il padre Anacleto; ed ambedue uscirono all’aperto, mettendosi sotto il pergolato.

- Ecco, - diceva il signor Fedele continuando, - ella sa padre, che le mie figliuole mi son più care che le pupille. M’è capitato per la prima un partito, un partito da far invidiosa una principessa. La trista non vuole saperne... e sono settimane che mi arrovello a trovar modo di farle far senno. Baje! Si fa sempre più cocciuta, e quasi io perdo la santa pazienza. Non mi pare vero, così dolce com’è...!

- Eh! - disse il frate - del vino dolce si fa l’aceto forte. Ma l’uomo che tu le vuoi dare le piace?

- Via! - rispose l’altro, tentennando un tantino, - diciam gatta alla gatta, pare di no.

- O, allora che vuoi? Farle forza? :A tanto giovane e non v’ha da temere che ti rimanga in casa zitella. E colui del partito, non può aspettare?

- Che aspettare! Mi fa come la palla, mi balza in mano e se non le do, mio danno! Mi sia segreto, padre, questo partito è un uffiziale alemanno, ricco come il mare, e la piglierebbe senza parlar di dote. Così quel po’ di ben di Dio che abbiamo al sole, mi basterebbe a maritar la sorella più ricca...

- Dà retta - interruppe il frate - sai di qualcuno quassù cui tua figlia voglia bene?

- Questo - rispose l’altro, tastandosi la nuca, e poi badando alle dita che gli rimasero piene di ragnatele - questo sospetto nacque anche a me... e... giacché ci siamo, le dirò tutto. Sarà un mese, proprio il giorno in cui l’alemanno mi chiese Bianca, venne da me una signora di Dego; ella che fu laggiù a fare il quaresimale la conoscerà... è la signora Maddalena... Venne, e, quattro e quattr’otto, mi chiese anch’essa la figlia per un suo figliuolo che si chiama Giuliano...

Udire questo nome, aggrottare le ciglia, farsi indietro un passo, fu pel padre Anacleto, un solo atto. E, appuntando l’indice della destra nel signor Fedele: - E tu - sclamò - dovevi risponderle che, se suo figlio vuole moglie, se la vada a cercare in Turchia...!

- Turchia? - disse il signor Fedele - o che è questo, ch’ella mi fa tremar le gambe?

- Bisognerebbe che tu fossi stato a Dego, sarà giusto un mese, per saper ciò che dico! Bisognerebbe avere inteso le parole che colui osò dire al pievano di laggiù. Ah Fedele, quale sventura se la tua figliola volesse bene a quell’empio!

- Oh Dio! Può essere, e forse è!

- Non sai che colui è stato scolaro di don Marco?

- Sicuro...!

- E che, dalla casa di questo matto benedetto alla tua, non v’ha di mezzo che il vicolo?

- Già!

- Credilo a me, quando quella signora venne, i due giovani avevano bell’e fatto l’accordo.

- Eppure non si sono parlati mai...! - disse il signor Fedele rotando gli occhi.

- Oh! quanto a questo, pensa che fosti giovane anche tu, Fedele; questa passione, se v’è, la levo io dal cuore di Bianca. Una ragazza non deve porre in pericolo l’anima sua...; dell’anime non ne abbiamo che una, e, con un volteriano per marito, essa non si salverebbe di certo. Fammela vedere.

- Sì! sì! padre, e badi a convertirla, io poi farò il debito mio verso lei, e verso San Francesco...

Così dicendo, fece entrare il frate, e salirono in sala. Là, cortesie e accoglienze liete tra damigella Maria e Margherita e quest’ultimo, il quale, chiesto di Bianca, gli fu insegnato dalla sorella la camera del piano di sopra, dov’era. Ed egli fece la scala accompagnato dalle benedizioni delle due donne, cui pareva gran ventura la visita d’un uomo, che forse veniva recando seco il segreto della consolazione.

Frattanto il signor Fedele, che s’era andato a ricomporre un tantino i panni in altra stanza, fattosi sull’uscio della sala con certa allegrezza nuova nella voce, diceva alla cieca:

- Cognata, pensate al desinare, lo voglio sontuoso, perché terremo con noi il padre Anacleto; tu, Margherita, corri dalla massaia, che tiri il collo a un par di piccioni e ad una gallina; con un sorso d’aceto che io metterò loro in gola, diventeranno subito di buona cottoia lì per lì; diamoci attorno leste, e, se vi bisogna aiuto, son qua io. Che? Ridete? Per cuocere vedrete chi sono!

A questo fare piacevole, non mai usato da lui, la zia Maria e Margherita si sentirono rinate. Che tutto questo mutamento d’anima e di modi venisse dal padre Anacleto? Che gli avesse toccato il cuore? Lo benedissero cento volte, né la cieca avrebbe fatto di più, se il frate le avesse dato un barlume. La nipote valeva dieci volte più degli altri giorni, e di su di giù, una affaccendata, l’altra in cucina, in un batter d’occhio le pentole bollivano, le padelle friggevano; avessero potuto imbandire pupille di fagiani, sarebbero loro parso poco pel frate, a cui l’odore delle vivande gratissimo, saliva dalla cucina fin nella camera di Bianca.

Egli v’era entrato, come a entrar nella propria cella; mentre la fanciulla, appoggiata al davanzale della finestra, guardava fuori la campagna e i colli e i monti lontani; e, a veder biancheggiare qualche campanile che accennasse un villaggio romito, si sentiva rapire il cuore da quella lontananza, come se là avesse potuto viver felice.

- Bianca - aveva detto il padre Anacleto, dopo essersi soffermato un tantino sulla soglia a mirare la bella giovine in quel suo raccoglimento - Bianca, tu stai guardando i campi, come se attendessi da qualche parte delle novelle liete...

La fanciulla, che s’era voltata addietro alla prima chiamata col volto chino, come temesse di lasciar vedere i mesti pensieri, si fece incontro al frate per baciargli il cordone, ma questi le porse la mano. Essa la baciò, poi disse:

- Oh padre, come ha fatto bene a venir quassù! Non l’ho più riveduta da due mesi, sa? da quel giorno che venne a Cairo al mortorio di quella mia povera amica... Povera! io povera, e non essa! Ma faccio per dire...- O che sono queste malinconie! - sclamò il frate - Io, so anch’io che, a questo modo, andrai a male colla salute! - E, tenendole alta la fronte con la mano che essa aveva baciata, e, guardandola maestoso nel viso, soggiunse: - dunque, tu non mi vuoi dire che cosa aspetti, o che cosa cerchi con gli occhi da quella finestra?

- Nulla; - rispose Bianca - io non aspetto nulla. Guardava così per quei campi, e pensava che sotterra si deve star quieti quieti, in queste lunghe giornate che non voglion mai finire. Cercava quale sarebbe il più bel posto per farvisi seppellire.

- Bei pensieri! - disse padre Anacleto - pensieri che sono nella gioventù, come tarli in legno prezioso!

- Eppure ci si prova dolcezza, una soave dolcezza...!

- Un’amarezza che uccide lentamente, dovresti dire! Tu hai bisogno di consolazioni, fanciulla mia, e s’io potessi toglierti dal cuore le tue malinconie, sarei lieto d’aver servito Dio nella sua creatura. Ma già, io non posso nulla...

A queste parole Bianca prese animo e disse:

- Oh! Ella potrebbe tutto, se volesse farmi il bene che io le chiederei...!

- Parla, son qui a posta! - s’affrettò a dire il frate. - Accostiamoci alla finestra, e parla: che hai? che ti hanno fatto? Io sono un umile consigliere, un povero mortale, ma alle volte Dio si compiace in noi, e parla con le nostre labbra.

- Ebbene - cominciò Bianca, mostrando di volersi rimettere in lui - vidi sovente frati forastieri venire quassù: se da qualcuno di questi si potesse sapere dove sia il monastero più vicino a noi, ma un monastero che vi si entri per non uscirne più, né vive né morte... e se mi ottenesse da mio padre la grazia di farmi monaca in quello, io pregherei per la sua salute tutto il resto della mia vita, e mi ricorderei di lei, padre, come del mio più grande benefattore...

Il frate aveva sorriso alla semplicità di Bianca, la quale pensava che oltre la cerchia di quelle montagne, il mondo fosse anche per lui ignoto. Ed essa, dicendo, aveva a poco a poco osato alzare gli occhi negli occhi di lui, e lo sguardo le si era fatto così eloquente, che egli vi lesse dentro tutto l’animo risoluto a quel passo di cui parlava.

Stimò buona cosa venir col discorso a seconda di quei desideri mesti e profondi, e, dopo un tantino di silenzio, disse:

- E sta bene! Fanciulla che si manifesta inclinata a diventare sposa di Cristo, bisogna aiutarla, e t’aiuterò. Appena di là di questi monti che abbiamo in faccia, nell’altra Bormida, in un luogo che più ameno non potrebb’essere, v’ha un monastero dove tu saresti sempre la benvenuta.. Ma... poni mente a quel che ti dico: quella che tu vagheggi, è una vita dura... una vita di penitenze in cui si spegne la giovinezza; anzi si cerca di struggerla, giorno e notte pregando, come un incenso che si brucia per mandarne il profumo al cielo...

Bianca provava una voluttà amara a udire di quel martirio, e il frate continuava:

- Tu, lo veggo, gioisci a queste notizie, o anima eletta! Ma... quando avrai fatto il gran passo, oltre quella soglia da cui non si esce mai più, se tu venissi a sapere che tuo padre ne sarà rimasto accorato da morirne, se la tua Margherita, e la tua povera zia, che ti tenne luogo di madre, perdendoti, come tu fossi morta, non potessero darsi pace, e morissero anch’esse di dolore, tu, sapendolo là dentro (e lo saprai, perché in quei chiostri solitari dove non si fa altro che patire e pregare per tutti i peccatori della terra, il cuore parla la verità); ebbene, non ti sentirai pigliare dallo sgomento di aver fatto tanto male, d’aver aperto tre tombe ai tuoi più cari?

La fanciulla ruppe in pianto, e le lagrime le caddero per le guancie sul seno affannato. Allora il frate mutò subito la voce e gli atti, e, fattosi dolcissimo soggiunse:

- Vedi? Oh, so molto bene, come sono fatti i vostri cuori! La solitudine, il chiostro, illusioni; ma l’oblio delle nostre case, dei nostri affetti, siamo sicuri di averlo acquistato? Non parlar per ora di monastero. Se Dio ne’ suoi consigli, t’avrà chiamata, quei consigli non mutano, e te li significherà meglio, domani, tra un mese, tra un anno, quando a lui piacerà... Oggi tu devi essere savia, avere più fiducia nel mondo... voglio dire nei tuoi..., in tuo padre... in me se mi degni...: insomma, se t’ho a dire la verità, io temo che tu non mi dica né tutto né metà di quel che dovresti, e se debbo andarmene me ne vado...

E fece per partire.

- Oh! no, padre - sclamò Bianca, rattenendolo colle sue candide mani - non se ne vada, per amor di Dio! Adesso mi pare che avrei a dirle tante cose, ma ho un cerchio al capo, un cerchio come di ferro, di fuoco, e tutte le mie idee mi sembrano svanite...

- Via - disse il padre Anacleto, segnando col dito il cuore della fanciulla - le tue idee svaniscono, ma non svanisce quello che tu hai costaggiù. Dimmi il vero, Bianca, dimmelo, che darai gloria a Dio! E perdonami se io entro in te, ma lo fo pel tuo meglio... dimmelo, tu vuoi bene a qualcuno...

Il fiore di melagrano appena sbocciato è una pallidezza, paragonato al rossore di cui la giovinetta si tinse. Bianca non fece segno di voler celar l’animo, ché anzi, guardando il frate, umilmente, fatta pallida, chiese sommessa: - È forse male?

- Male... no! - rispose il frate - anzi dirò che il voler bene come comanda Dio, viene da gentilezza di cuore... Ma, alle volte, questo benedetto cuore inesperto, concepisce degli affetti, che poi si mutano in pentimenti... e, ora che ti guardo meglio, mi pari così diversa da quella di prima, che io temo tu non abbia posto amore in qualche uomo indegno di te.

- Indegno, - proruppe Bianca facendosi tutta fuoco e atteggiandosi che non pareva più una fanciulla timida ed oppressa, ma donna forte da far valere la verità: - Se ella conoscesse quel giovane, non avrebbe detto quella parola!

- Questo tuo sdegno nobilissimo mi persuade ch’egli sia giovane dabbene, e, se le mie parole t’avessero offesa, me ne dorrebbe assai. Ma noi si fa sempre e si dice in fin di bene, e, se tu vuoi ch’io ne parli a tuo padre, dimmi il nome...

- Oh! no, no, per carità... - interruppe la giovinetta - non dica nulla! Mio padre mi ha detto un giorno che se sapesse che io voglio bene a qualcuno, egli sarebbe uomo da farlo ammazzare...!

- Bah! son cose che si dicono nella collera! Sta di buon animo, la mia fanciulla, che tutto s’accomoderà secondo il voler di Dio...

- Eppoi, mio padre m’ha promessa ad un altro...!

- E tu fagli bel viso, che alla fine delle fini non è un tiranno! Forse io sono destinato a ricondurti la gioia in casa... Ma tu hai un torto, un torto grave... non vuoi dire quel nome... Eppure me lo dirai, lo saprò e forse lo so fin d’ora...

Se il signor Fedele non fosse entrato a rompere quel discorso, Bianca avrebbe di certo finito per dire quel nome, che, d’altra parte, il padre Anacleto sapeva da sé. Ingenua e col cuore traboccante di dolore, stava per isfogare la sua grande passione, messa in vampe dalle parole del frate, come brace sopra cui si scarichi improvvisa una buffa di vento.

- Padre - diceva il signor Fedele, facendosi sull’uscio della cameretta - oggi lo vogliamo a far penitenza con noi. Bianca, a momenti si va in tavola, prega il padre a volerci degnare.

Bianca, che a veder comparire il padre suo, s’era rifatta sopra se stessa, rivolgendo timidamente gli occhi alla campagna, stupì del modo di quegli inviti, che tornava così diverso dai trattamenti avuti un’ora prima. Il frate, scostatosi da essa, si fece far largo dolcemente dal signor Fedele, per uscire, e gli sussurrò all’orecchio: - M’hai disturbato, ma va, e sii dolce; col miele si piglian l’api. - E, gradino gradino, discese in sala.

L’altro mosse verso Bianca, e, vezzeggiandola come non aveva mai fatto, le prese la mano e, menandosela dietro amorevolmente, diceva: - Vieni, Biancuccia, che tu hai a fare gli onori di casa; mangeremo un boccone in santa pace ed allegria, poi sarà quel che Dio vorrà. T’ho maltrattata stamattina, ma quei villani m’avevano fatto perdere il capo..., vieni...

La fanciulla si sentì come se avesse avuto indosso la gramaglia, e si fosse mutata in una veste di tutti i colori più belli. A lei sorrise l’anima, a lui sorrisero le labbra, e, come se nulla fosse stato dei lunghi bronci, discesero anch’essi in sala.

Trovarono la cieca, Margherita col padre Anacleto che pareva stesse dicendo loro le cose più dolci; ma costui, quando li vide venir dentro, bilicata tra l’indice e il pollice della destra la sua tabacchiera, e facendole fare mulinelli, mutò discorso giocondamente. - Dunque - diceva - oggi m’ho a fermare a far penitenza con voi? Sarà una penitenza assai dura a quel che sento di odori; ma cogli amici ogni patire è godimento...

- Sempre gaio il padre Anacleto! - diceva damigella Maria, la quale, chi sa quel che avrebbe dato per vederlo un istante in viso.

- L’animo lieto fa l’età fiorita! - rispondeva egli: lo dice Salomone. Ed essa: - Mi vuole a lato?

- Sì e vedrò di raccontarvi qualche istoria che vi tenga allegri. ..

- Allora a mensa - disse il signor Fedele - e ad uno ad uno, come fanno i frati: dico bene, padre?

- Ad uno ad uno, a far penitenza...

Così rispose il frate, ed entrarono nella stanza dove avevano messo in tavola. Era un po’ angusta, ma ariosa e, per la luce che vi veniva dentro da due finestre, pareva la stanza dell’allegrezza. Pigliarono ognuno il suo posto e Bianca quasi non rammentò d’essersi seduta là tanti giorni, per inghiottire bocconi amari. A tutti sembrava di uscire da un inverno tetro e caliginoso, e che allora appunto il tempo si mettesse alla più bella primavera del mondo.

Mangiavano, bevevano, chiacchieravano in un dolce abbandono d’ogni cerimonia; e dissero a lungo della gente mossa quella mattina contro i Francesi. - Chi sa dove saranno...? a quest’ora avranno fatto sosta qua, l’avran fatta là? Da C...., da M...., da Al..... chi sa quanti ne saranno andati? Forse i tali... forse i tali altri...? E poi strologarono sul tempo che sarebbe durata l’impresa, e giù altre congetture, altri presagi, che tutti venivan chiusi, come i salmi, dal gloria, con un: «sarà fatta la volontà di Dio!» detto dal padre Anacleto devotamente. Così l’ilarità e le piacevolezze durarono tutto il tempo del desinare, che fu lungo e inaffiato di vini deliziosi, di chi sa quanti anni. Ma, come ogni cosa in cui si pigli diletto ha presto fine, così venne l’ora di levarsi da mensa, e il frate si ricordò di aver da tornare al convento. Il signor Fedele volle accompagnarlo, e Bianca chiese di seguirli. Allora, preso commiato da damigella Maria e da Margherita, il padre Anacleto uscì con essi, e s’avviarono passo passo, al dolce calore del sol di maggio, che tramontando alle loro spalle, stendeva le loro ombre lunghe lunghe, ora sulla via, ora sulle prode dei campi.

Come furon dove l’andare si faceva disagevole, si congedarono a vicenda con inviti e promesse per l’indomani. Il frate, volte le spalle, si mise a camminare spedito per un sentiero traverso, che menava al convento. Bianca gli guardò dietro, mentre egli s’allontanava, e le pareva sentirsi venir meno un grande aiuto, timorosa di rimanere sola col babbo, che forse le avrebbe chiesto del colloquio avuto da essa col frate. Ma il signor Fedele fu contento di sbirciarla sorridendo, e, nel tornare a casa, le parlò di tutt’altro, non volendo rischiarsi a guastare l’opera, a quel che pareva bene intrapresa dall’amico.

Intanto Margherita, dalla finestra, era stata a vedere, dicendo alla zia i loro passi. Quando il padre Anacleto fu per uscirle di vista, in capo a quel sentiero grigio, che si perdeva nel bosco, essa si volse alla cieca dicendo: - Ecco, il padre Anacleto non si vede quasi più, entra nel bosco... è scomparso.

- Santo uomo! che Dio lo benedica - disse la cieca - proprio possiamo dire che se la pace e la concordia tornano è merito suo.

- E babbo e Bianca sono costaggiù che discorrono amorevolmente fra loro.

- È un miracolo, Margherita, un miracolo! E se dura vogliamo andare di notte, bell’e in mezzo al bosco dei frati, a far la novena intorno al tabernacolo di San Francesco. Tu e Bianca mi condurrete...

- Di notte, nel bosco? Vi sono l’anime dei morti che singhiozzano sulle querce.

- Sono assiuoli! Chi ti mette codeste ubbie in capo? Hai già parlato con la cascinaia?

In quel momento rientrarono Bianca e suo padre. La fanciulla era malinconica, ma, come persona uscita di malattia che cominci a riavere la salute, aveva a tratti qualche movenza allegra. Egli parlava a tutte e tre riguardoso, sempre temendo di rompere quella sorta d’incantesimo fatto dal frate, e quel giorno, principiato nei trambusti e nel pianto, finiva per le loro quattro anime come per l’erba dei campi e per gli augelli dell’aria, ai quali un tramonto dorato prometteva per l’indomani un mattino di luce e d’amore.

Il padre Anacleto, poi, giunto al convento che era l’ora di andare in refettorio a cenare, per non farsi scorgere, si andò a sedere al suo posto; ma, com’è da pensarsi, non prese nulla. Per ingannare quei momenti si pose a guardare un affresco che era in fondo alla sala, sopra la sedia del guardiano; e doveva rappresentare una cena, fatta tra San Rocco e non so quali altri santi. Dico così perché di quell’affresco sopravanzano alcuni bocconi, essendo caduto l’intonaco del muro su cui era dipinto; ma una testa pennelleggiata assai bene, una spalla coperta da un sarrocchino sul quale spicca una conchiglia che par vera; un boccale e un piatto di verde sulla mensa danno a capire che in quella pittura i santi mangiavano.

Pieno di pensieri, per la famiglia, dal cui desco si era levato poc’anzi, il frate lasciò correre la mente ai parchi desinari fatti dagli apostoli in casa d’amici, dove capitavano a consolare qualche afflitto ed a soccorrerlo dei loro consigli. Quasi quasi osava somigliare se stesso ad uno di quelli; e di certo si tenne d’aver fatto in quel giorno molto bene il debito suo. Sovrattutto si ringalluzzava pensando che il pievano di Dego avrebbe potuto dire di Giuliano che la pena teneva dietro alla colpa assai da vicino: e non vedeva l’ora di potergli scrivere che aveva strappata dalle insidie del demonio una giovane innamorata di quel suo parrocchiano senza legge e senza fede.