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Capitolo 18

Quel gran pregare Giuliano di starsi lungi, fatto dalla signora Maddalena, nelle due lettere che gli aveva mandate, non veniva soltanto dai pericoli che egli poteva correre per via degli Alemanni, ma ancora da cosa che essa non gli avrebbe menzionata per nulla al mondo.

Poteva essere una settimana che egli era partito, e i soldati che accampavano a Cairo, venuti gli aiuti grossi di Lombardia, erano stati tirati indietro alla retroguardia. E la maggior parte alloggiavano a Dego, dove lo sposo di Bianca aveva menata questa sua dolcezza, alla quale i giorni passati nella casa paterna, dopo le nozze, erano parsi mille anni, e i commiati presi da quelle due piagnucolone della zia e di Margherita, una noia da finirsi alla lesta per non arrossirne.

Tanto era stato il suo desiderio di allontanarsi, che non aveva manco pensato che Dego era la patria di Giuliano; e giunta in quel luogo, si era messa a tutto agio, in casa di una delle famiglie più signorili del castello. Riverita, ossequiata, invidiata, credeva ogni giorno di salire più in alto: onde il signor Fedele, che veniva a visitarla sovente, si mostrava rispettoso verso di lei, quasi da non parere più suo padre. Lo sposo si serbava beato come il primo dì delle nozze: ma, a poco a poco, le usanze del viver diverso, e quel non aver un linguaggio da poter barattar gli affetti e i pensieri chiaramente, nella dimestichezza coniugale, nocquero a Bianca. I silenzi, dolcissimi ed eloquenti da fidanzati, da marito e moglie cominciarono a parerle freddezze. S’aggiungeva che egli, per sue bisogne di soldato, era costretto a star fuori molte ore della giornata, e che Bianca, rimanendo sola, s’infastidiva di quella sorta di libertà. S’annoiava talvolta, talvolta piangeva, e pigliava un amaro diletto ad accusare il marito di quelle assenze, che per lui erano doveri compiuti tra due amori: quello della donna sua, e quello della sua spada.

Essa allora pensava alle tante promesse avute da lui prima dei matrimonio, e rompeva sovente in querele; chiamava lo sposo mancator di parola, persino disegnando di fuggire a Cairo, per fargli dispetto. Tuttavia quelle sue collere finivano in nulla; né il marito s’era ancora accorto del mutamento cominciato a farsi del suo umore. Ma una sera, che quel mutamento era già innanzi, essa sedeva al balcone ricreando la vista nelle montagne azzurre lontane, le quali, a vederle dal castello di Dego, parevano dileguarsi nell’aria.

Al venticello che veniva soave su dalla valle, quel torrente che si vedeva immiserito nel suo letto arido e biancheggiante, quei pioppeti delle rive, e i campi, e le case dei due vichi giacenti al basso, a poco a poco pigliarono agli occhi suoi, un aspetto così domestico, che sembravano volerle dire qualcosa: e, come avessero vaghezza di tentarla, le rammentavano un viso d’uomo, che essa sapeva. Si ghermiva alla meglio contro i pensieri che l’assalivano, ma questi, più vivi, uno sull’altro, nascevano nella sua mente; ond’essa, dopo molto lottare, si lasciò alfine, occupar dai ricordi del suo primo amore. In quello era entrata la fantesca della casa per qualche servigio, e, da donna fatta alla buona, aveva chiesto a Bianca come le piacesse il paese. - Molto! - rispose Bianca, e, quasi senza badare alle parole che le cascavano dalle labbra, domandò: - La casa di quella che voi chiamate la signora Maddalena, dov’è?

- Laggiù - s’affretto a rispondere la fantesca, additando il vico sulla riva sinistra del torrente - laggiù, quella bellina e più alta delle altre, che ha quei camini alti e quell’arco che mette su un piazzale. Il bello è vederla dentro! Sale, mobili, specchi, una ricchezza!

Bianca non aggiunse parola, non ringraziò colei neppur cogli occhi, né pose mente quando se n’andò; ma, guardando verso quella casa, senti nel cuore qualcosa che si ridestava come da un lungo assopimento, e sciolse del tutto la memoria e la fantasia. Rammentando quel che era stata, e immaginando quel che avrebbe potuto essere, le pareva di vedere una donna bellissima uscire di quella casa, venire nel borgo a braccetto di quello scolaro di don Marco, che aveva chiesto lei in isposa. E tutti coloro che passeggiavano sul ponte a godere il fresco, sembravan lieti di poter salutare la coppia avventurata, che essa, coll’immaginazione, accompagnava e riconduceva in quella casa, della cui vista non si poteva saziare.

Che amore, che pace, dovevano avere quei due sposi, sotto l’occhio dolcissimo della signora che viveva là dentro, e ch’essa aveva conosciuta a Cairo in tempi si poco lontani! E vedeva la casa come era fatta, e le sale, e gli appartamenti, e le massaie venir la domenica a riverir la padrona, e gli amici raccolti a veglia e a banchetto, e il vicinato lieto d’una persona così bella, cortese e felice. Felice! Era verissimo che essa non la era meno di quella immaginata e di ogni altra donna. L’orgoglio glielo faceva pensare. Ma quel potersi dire tante cose soavi, nel linguaggio nativo, collo sposo, e avere per tale un uomo cui nessuno potesse tener lontano da casa, né comandarlo! E poi il suo aveva certi modi soldateschi anche in casa! Col tempo glieli avrebbe fatti smettere sì; ma intanto... quel Giuliano... Oh quel Giuliano! E sospirava, seguitando a fantasticare; e chiedeva a sé stessa, se questi era in Dego, che cosa avrebbe fatto, se, passeggiando si fosse abbattuta in lui, ondeggiando tra il desiderio e la tema, che questo incontro, un giorno o l’altro, accadesse davvero.

Quella sera il marito stette più dell’altre volte a tornare, ma essa non se ne accorse, né pensò a lagnarsi d’essere rimasta sola troppe ore; e quando egli se ne scusò con parole affettuose, essa fu facile a perdonare. Ma indi in poi, o sola o con lui, bastava che fosse in luogo donde si potesse scoprire la casa della signora Maddalena, e sempre il suo sguardo posava sopra quella, e i suoi pensieri v’entravano tra confidenti e guardinghi. Il marito, pur non sembrando, aveva avvertita tra sé la cosa: ma si peritava a chiederle che vedesse di così bello da quella parte. Anzi, voglioso d’accontentarla in tutto, o forse di scoprire da sé l’animo della donna, un giorno, disceso con essa dal colle per andare a diporto, l’accompagnava verso quell’arco, di cui pareva tanto invaghita. Bianca si lasciava condurre con un batticuore crescente, man mano che si accostava all’arco, e camminava leggera come temesse che qualcuno udisse i suoi passi, dolendosi seco di quelli del marito troppo gravi e sgarbati. A un tratto, giunti a scoprire l’atrio, in fondo al piazzale, essa diede volta quasi spaurita, ed egli rimase a guardarla, impensierito: poi le tenne dietro, la raggiunse, le chiese che cosa avesse visto, ed essa rispose che nulla. Mentiva la giovane donna, e s’egli, in cambio di crederle, accagionando di quella sua fanciullaggine cose lontane dal vero le mille miglia, si fosse pigliata la libertà d’entrare in casa alla signora Maddalena, forse avrebbe colto il filo di quella storia.

La madre di Giuliano stava appunto nell’atrio mentre che gli sposi erano comparsi vicino all’arco; e subito ravvisata Bianca, s’era rimescolata come persona cui venga fatto un oltraggio improvviso. Senza badare se i due venissero innanzi entrata in casa avevo detto a Marta s’andasse a porre nell’atrio, e se qualcuno chiedesse di lei rispondesse che non si sentiva bene. Marta usci, e, trovando il piazzale deserto, corse insino all’arco, donde vide gli sposi che s’allontanavano pel vicolo lentamente. Si mise in capo di sapere chi fosse la giovane compagna di quel soldato: e, fattasi oltre finché trovò le comari del vicinato raccolte a chiacchierare, senti da esse che quella era la figliola d’un signore di Cairo, sposata a quell’Alemanno; il quale, a lor parere, sarebbe stato un bellissimo uomo, se avesse avuto sulle spalle una testa un po’ meno fiera.

Marta tornò in casa studiandosi di fare il viso allegro, ma in verità molto afflitta, avendo capito che quella doveva essere la donna stata carissima a Giuliano. L’accusò tra sé per trista e sfacciata; disse alla signora che in sul piazzale non v’era nessuno; sentiì l’amarezza delle lagrime che questa aveva negli occhi; ma non cercò d’appiccare discorso, né di consolarla. La signora non si lagno ma anche quest’altro dolore, di vedersi colei ronzare attorno alla casa, l’offerse in cuor suo a chi ha in mano le bilance d’una giustizia più alta di quella degli uomini. E allora benedì la persecuzione degli Alemanni, che avea costretto Giuliano a partire, perché s’ei fosse stato in Dego essendovi anche Bianca, non sapeva qual guaio sarebbe potuto seguire.

Appunto in quel giorno capitò l’ortolano genovese colla lettera di Giuliano. La signora Maddalena, fattosi raccontare dal messo, quanto ei sapeva del suo figliolo, molto lo pregò di non dirgli come l’avesse vista sofferente, lo pagò da donna ricca, lo chiamò amico di sentimento; e gli confidò la risposta che abbiamo visto, certa che Giuliano l’avrebbe obbedita. Così contando i giorni e tribolandosi la vita coi pensieri mesti e tremando sempre, la povera donna finiva l’estate senza più aver novelle di lui; e, non osando manco affacciarsi a guardare il cielo dalla parte dov’egli era, dalla tema di rivedere quella Bianca che in verità non comparve più, ma che le pareva venuta là per ischerno. Le donnicciuole del vicinato. non vedendola più da tanto tempo, chiedevano a Marta se la signora fosse a letto ammalata: e la vecchia non rispondendo né sì né no, faceva spallucce e alzava gli occhi al cielo, quasi volesse dir loro che ne chiedessero a quello. Esse sospiravano, badando a tenere lontani i fanciulli, che non facessero chiasso intorno alla casa.

Ma una volta fu battuto alla porta da una mano che non aveva tanti rispetti. Era l’indomani di quel giorno, in cui Giuliano e Mattia, incontratisi nel campo dei Francesi, questo aveva pigliato l’incarico di venire a Dego, piantando il negozio e ogni cosa, per far servizio al giovane fuggitivo. E, per monti e per valli, cansata la via lungo la Bormida ingombra di soldati, che per allora o Francesi o Alemanni gli tornavano pericolosi a un modo, costui giungeva, alle ventidue, a scoprire il borgo, dalla parte più aspra a venirvi. Non è da credere che alla vista di quel suo luogo quasi nativo, egli cadesse ginocchioni sclamando: o patria, o dolce paese! A questa sorta di affetti non ci aveva fatto il cuore; e per lui la casa e la patria erano dove si stentava meno il boccone. Ma un tratto, che parve stesse contemplando, lo spese a risolvere cui avesse a presentarsi prima, o al signor pievano, il quale chi sa di qual occhio l’avrebbe riveduto, o alla signora Maddalena, che di certo gli sarebbe stata gratissima delle novelle che ei le portava.

Gli uomini hanno sempre caro di essere tenuti dabbene e generosi; e Mattia messo da parte il pievano, deliberò di visitar la signora. Passo passo, per certi orti, tra siepi e fossati, giunse non visto sino al torrente, in quella stagione quasi secco; lo varcò, fu sul piazzale, e appressatosi, battè alla porta, in guisa che ne rimbombò la sala, le stanze e la cucina nell’angolo più lontano della casa. Qual fu la sua meraviglia quando gli si aperse, e si trovò dinanzi una persona, che per poco non gli fece recare le mani agli occhi, dalla tema d’avere sbagliato! Colei che l’invitava ad entrare con tanta cortesia era proprio la figlia di Rocco! Proprio la figlia di Rocco, che a lui apparito a quel modo, mentre lo si credeva morto da tutto il borgo, sapeva domandare donde venisse, con parole che parevano dette da una signora! E quella veste, che egli rammentava d’aver veduta molti anni prima, indosso alla signora Maddalena, come stava bene a quella fanciulla! E l’acconciatura come era di garbo; e le mani come le si erano fatte bianche! Un forestiero l’avrebbe creduta figlia della padrona; ma Mattia aveva buona la memoria, e nel suo stupore tempestò: - o tu, tuo padre e i tuoi, che cambiamenti vedo? - E voi chi vi ha insegnato a battere alle porte e a dar del tu alle zitelle? - disse Marta, sopravvenendo a troncare le parole del sacrestano: ma visto costui, mutò la ciera e tacque, maravigliata anch’essa della apparizione d’un uomo creduto morto.

- Meritereste, disse Mattia - che mi voltassi indietro, e che le novelle che porto me le tenessi per me...

- No... no! Mattia: - pregò Tecla, cui il cuore aveva già promesso asasi cose, solo a vedere il vecchio - venite, venite... se sapeste come la signora è ammalata...!

- Malata! - sclamò Mattia - allora è inutile che egli le mandi a dire... che l’aspetta là!... - Tecla si fece in faccia come un panno lavato; capì che Mattia non poteva recare altre novelle che di Giuliano; e corse volando di sopra, a dirne alla signora Maddalena. Dunque portate notizie di Giuliano? - sclamò Marta rimasta lì sulla brage: - O Santa Vergine! Dove l’avete visto?

Qui Mattia cominciava a sballarne di grosse; e chi sa quante lune nel pozzo avrebbe fatto vedere a Marta, se Tecla, scendendo la scala da non toccarne i gradini per la gran fretta, non lo chiamava dalla signora. E vi salirono tutti e tre, Marta raccomandando pianamente a Mattia di parlar basso, per non dare molestia alla povera donna, la quale di nulla si sentiva far male. La signora Maddalena non discendeva più dalla scala da parecchi giorni, perché non era più il caso di salirla, senza pigliarne un affanno, da durar oppressa delle ore. E però usava stare nella sua camera dove poteva coricarsi in certi languimenti che la coglievano di quando in quando; e nelle ore men tribolate sedeva sul divano, di contro al ritratto del marito, di cui parlava con Tecla a lungo ogni giorno, narrando la dolce vita avuta con esso.

A vedersi dinanzi Mattia, seppellitore di morti, e creduto morto egli stesso da lunga pezza, la povera donna provò un senso, come se la morte glielo mandasse chiedendo se fosse pronta. Tuttavia fece segno di volerglisi fare incontro ma rimase seduta, perché alle forze non le riuscì.

- Mettetevi a sedere: - gli disse dolcemente - non vi chiedo nulla di voi, che dovete essere abbastanza felice di rivedere i vostri...: ma il mio Giuliano? che dice? che vita mena...? mi aspetta?

Mattia, sedutosi timidamente, la guardava; e tanto era il mutamento che vedeva in essa, che quasi gli pareva di udire la voce di persona, la quale avesse sperimentata la morte e l’eternità. Stette così senza rispondere finché la signora esclamò spasimata:

- Ma dunque voi mi portate qualche trista nuova?

- No, signora - rispose Mattia al quale era rimasto nell’orecchio il suono dell’altra domanda; - egli non la aspetta più...; anzi mi manda a dirle che ella si levi il pensiero di andarlo a raggiungere; perché il disagio della via è grande, la guerra sta per ricominciare, potrebbe capitarvi in mezzo...

- E come sa che la guerra sta per ricominciare...?

- Eh!... chi l’ha a sapere se non lui...?

- Dunque s’è fatto soldato? - gridò la signora, levandosi a mezzo esterrefatta.

- Soldato no! - rispose Mattia, dolendosi d’aver detto troppo: - ma al campo dei Francesi è ben veduto e tutti lo vogliono, persino i generali... Insomma... io debbo andarmene... non tema, egli spera di vederla qui e presto...

E si levava in piedi per andarsene davvero, perché gli pareva che di quel passo sarebbe uscito col dire alla signora, quello appunto che Giuliano gli aveva imposto di tacere. Ma lo rattenne Marta, perché la signora diceva: - Mattia, una cosa; di qua ai luoghi dov’è mio figlio, qual’è la via più corta, e come si può fare a trovarlo?

- Si va a Savona; - rispose Mattia - di là si tira oltre verso Finale finché si trovano i campi dei Francesi. Si chiede del signor Giuliano, e tutti sanno dire dov’è... Ma se manda qualcuno da quelle parti, non gli dica che io ho detto...

- Non temete, Mattia; mio figlio non saprà che voi m’avete detto più ch’egli non volesse. Marta, cercate nel canterano... datemi quell’involtino che sapete...

E Marta avendo obbedito, la signora cavò una moneta d’oro, e, porgendola a Mattia gli disse:

- Non per pagarvi, ma perché vi ricordiate di me...

- Grazie - rispose Mattia pigliando la moneta: - e se posso servirla, mi comandi...

- Eh!... forse presto - rispose la signora sorridendo mestamente; e, tolti gli occhi da lui che usciva accompagnato da Tecla, nascose il viso nelle mani e disse a Marta: - io non so che stanchezza mi venga indosso: fate un po’ più di luce, mi par di morire...

Marta corse alla finestra, la spalancò, guardò nel cielo splendido laggiù all’occidente che pareva tutto una gloria; e, tentennando leggermente il capo, alzò il pensiero dolendosi a Dio con un confuso timore. Poi tornò a sedere; e rimase zitta, accanto alla padrona, pensando a quest’altro mal passo di Giuliano.

Tecla intanto, accompagnato Mattia fino all’atrio, gli poneva anch’essa in mano alcune monete, avute già in dono dalla signora; e fissandolo con occhio che sarebbe stato impossibile mentirle, chiese al vecchione:

- Dunque è proprio vero che egli verrà?

- Verissimo. Ma, poveretto, a vederlo c’è da compatirlo. Oh! ora che mi ricordo, mi ha detto di raccomandarvi tanto a sua madre...

- Addio, Mattia - disse la giovinetta arrossendo; e piantandolo confusa e piena di fantasie, tornò su dalla padrona. In punta di piedi s’accostò a Marta; questa le accennò di sedere e di tacere, ed entrambe stettero mute.

Mattia, dato il primo passo fuori del piazzale, fu visto da alcuni monelli che ruzzavano al piè d’un muricciolo, e quelli subito gli furono quali addosso, quali dinanzi, correndo e facendo capriole; dando voce pei vicoli di quell’arrivo improvviso.

- Il malanno ai ragazzi! - tempestò tra sé il sagrestano; e non potè andar oltre a suo modo, perché di qua, di là, due, quattro dieci paesani gli si fecero attorno esclamando, chiedendo, stringendo. In pochi istanti si vide affollato di maniera, che, a dare una risposta a tutti, non sarebbe arrivato in castello sino a sera.

Lassù don Apollinare avea in casa l’Alemanno e Bianca; i quali, tornando dalla loro passeggiata, solevano andarsi a posare da lui, quasi ogni giorno. E Bianca conversava con donna Placidia, alla quale pareva persona di poco cervello, tanto era sempre assorta e tarda alle risposte: lo sposo se ne stava, in un altro lato del salotto, con don Apollinare, ascoltando i racconti che questi gli faceva, sulla caduta dei feudatari di quelle parti.

Accertava il prete, che gli uomini non erano vissuti mai tanto felici, quanto ai tempi di quei buoni signori; e affermava che delle anime ne andavano salve in una di quelle generazioni, più che in dieci dei tempi di poi. Intanto per rallegrare l’ospite, diceva delle facezie; ma non gli riusciva di fargli muovere le labbra manco a un sorriso. Dal giorno in cui Bianca aveva fatta quella misteriosa voltata alla porta di quella casa, guardata con tanto desiderio; l’Alemanno s’era sentito calare sull’animo un velo di malinconia non mai provata. Aveva stimato cosa men degna di sé e della sposa, il tornare a chiederle il perché di quell’atto; ma alla ciera, ai silenzi, allo spesso aggrottare delle ciglia, mostrava d’avere dentro qualche rodimento segreto. Si doleva il pievano, e quasi era mortificato di non riuscire a ricrearlo; e forse stava per cavarne qualcuna delle tante che si udivano da quelle parti, stando d’inverno vicino al fuoco, col bicchiere in mano: ma, a un tratto s’intese un gridìo venir su dal colle, e una folla invadere il piazzale dinanzi al presbiterio. - Mattia, Mattia, è tornato Mattia! erano le parole che suonavan più alte, urlate a squarciagola da mezza la ragazzaglia della pieve.

- Mattia! - sclamò balzando il pievano; e affacciatosi d’un salto alla finestra, vide, rimase colle braccia aperte, stralunato, coll’alito mozzo. Poi, dato un grido, corse in cima alla scala, seguito da donna Placidia, da Bianca, dall’Alemanno; e vedendo il campanaro che stentava a farsi largo, urlò: - Via di costì i monelli, via! e voi Mattia chiudete l’uscio!

La voce del pievano fu come lo scoppio d’un’archibugiata vicino ad un passeraio. Tutta la baraonda spulezzò ammutolita; e Mattia potè salire la scala accolto da don Apollinare, benedetto da donna Placidia, e guardato da capo a piedi dall’Alemanno, cui non tornava nuovo quel viso sgherro.

- Signor pievano, - esclamò Mattia come fu in cima, facendo segno di volerlo abbracciare - io non mi credeva mai più di rivederlo…

- Né io voi! - rispose il pievano, tenendolo discosto colla mano, tanto che, in faccia all’Alemanno, non avesse a vedersi usata quella confidenza.

- Né noi voi! - ripeteva donna Placidia facendo eco al fratello: - che Dio vi benedica, quante volte vi sognai morto nella spedizione di maggio passato!

Don Apollinare avrebbe voluto far tornar in gola alla sorella queste parole, perché potevano dare appicco a Mattia per qualche discorso da rimanerne svergognato; ma in quel mezzo l’Alemanno, riconosciuto il campanaro per quello sciagurato tratto come spione dinanzi al suo generale, la notte prima del fatto d’arme in cui egli aveva toccata la sua ferita, gli chiese parlando aspro:

- Voi, da quella volta che foste preso a far la spia, dove siete stato?

A quella voce, a quelle parole che gli fecero tremar le vene, Mattia credette d’essere tornato in mano dei crudeli che lo avevano maltrattato, e lo avrebbero moschettato quattro mesi prima, se non sopravvenivano i Francesi a salvarlo per caso. E dato un tuffo colla mente per cercare qualcosa da rispondere, si trovò a dire la verità, rispondendo: - Oh, eccellenza! Lo dica il signor pievano, se io ero una spia; mandi a chiedere alla signora Maddalena se non le ho portato notizie del suo Giuliano, se non sono stato fino a ier prigioniero dei Francesi!

- Birbante! - urlò il pievano, a cui quelle parole fecero cigolare gli orecchi come per un tizzo ardente messovi dentro; - scommetto che voi siete di balla con quel giacobino, vergogna della mia pieve...! Guai a lui, e guai a voi, Mattia! Se mai, avreste fatto meglio a non venirmi tra piedi...

E così era lì per dire all’Alemanno, che quel Giuliano di cui si parlava era stato tanto audace da innamorarsi di quell’angelica Bianca; ma vedendo il modo con cui egli la guardava, abbuiato nel viso, non ebbe cuore di farlo. La povera donna, al nome della signora Maddalena e poi a quello di Giuliano, si era fatta pallida come una morta; e cogli occhi bassi, tremando, stava così che, vorrei dire, le pareva d’essere un libro aperto in cui il marito leggesse, vicino a trovarvi la parola che l’avrebbe fatto tremendo. Ricordava egli colla mente i mesi passati, le lunghe riluttanze di Bianca a concedergli la sua mano; e all’idea che si formava di quel Giuliano a lui sconosciuto, s’univa la memoria di quel giovane capitato a Cairo sul finire delle danze, la sera delle sue nozze. E il senso fatto da colui su Bianca, gli pareva ora una stessa cosa col turbamento da essa provato a udir quel nome. Combattuto dai ricordi, dai sospetti, dalla certezza che i sospetti non erano mal fondati, egli non badava più ai discorsi del pievano né a quei di Mattia. Il quale, continuando a raccontare la vita fatta in mezzo ai Francesi e il suo incontro con Giuliano, diceva gesticolando:

- E non conto storie, no; di là dai monti pare la valle di Giosafat! I Francesi vi sono come le formiche: un andare e un tornare che fa paura. Se ne veggono di tutti i colori; hanno cannoni, cavalli e generali, che, io non me ne intendo, ma ho sentito dire che sono terribili: e quando comincierano da capo a menar le mani fanno conto d’esser qua in quattro salti! Allora sarà una grande tragedia; perché, dovunque arrivano, i primi a toccarne saranno i preti!

- Sente, signor barone? - diceva don Apollinare collo spasimo in faccia, agguantando il braccio dell’Alemanno - I Francesi verranno, e i primi a toccarne saranno i preti!

- E vengano pure ! - proruppe l’Alemanno con voce, che parve d’uomo cui all’annunzio dei grandi pericoli torni lo spirito; e presa la dorma sua per la mano, e stringendogliela forte, soggiunse tra ironico e addolorato, ma più basso: - vengano pure i Francesi, signor pievano, e stia di buon animo, che al mondo ci siamo a posta per morire, per ammazzare, per far posto ad altri! Bianca, andiamo.

E, senza dir altro, si mosse tirandosi dietro la sposa. In fondo alla scala si volse a salutare, senza cerimonie, il pievano e donna Placidia, rimasti in cima stupefatti, ed uscì. Poi condusse Bianca verso il muricciolo che faceva riparo al sagrato, dond’essi potevano vedere la borgata giù a pié del colle, e le chiese:

- Dove abita quella signora Maddalena?

- Laggiù - rispose Bianca timidamente, additando la casa vicino alla quale egli l’aveva una volta condotta.

- E voi - diss’egli, sfolgorando di sotto le ciglia aggrottate: - voi in questo borgo non ci eravate venuta mai, nevvero?

- Mai! - sclamò Bianca, dando questa volta alla voce tutta l’offesa sentita dall’anima sua.

- Ritiriamoci, - mormorò il marito; stasera dovrò montare a cavallo e star fuori forse tutta la notte.

- Ma che volete farmi morire? - disse la donna angosciosa.

- E che, - rispose egli severo - non ho io una spada cui debbo qualche parte di me? E una gran lama che io stimai di buona tempra la prima volta che la vidi a Vienna dal mio spadaio, e quando l’ebbi in mano provai che non m’era ingannato. Ma io vi parlo d’armi, e vi faccio ridere...

Bianca capì, ma non disse nulla; e, lasciandosi condurre silenziosa, si ritirò con lui nella casa dove alloggiavano. Il vecchio servitore, che, dal giorno in cui l’Alemanno s’era alloggiato nella palazzina del signor Fedele, s’era tenuto in disparte, per non mettere di suo manco un pensiero in quel matrimonio, vedendoli entrare annuvolati a quel modo, si ritirò nella stalla, dove, quasi parlando ai cavalli, brontolò: - siamo finalmente ai guai!

Intanto Mattia, rimasto nel presbiterio a sbrigarsela col pievano, detto e ridetto dei Francesi e di Giuliano da averne secca la gola, finì promettendo che non si sarebbe più scostato dal presbiterio e se ne andò diffilato verso la sua catapecchia. Ponendo il piede sulla soglia si volse addietro, allo scalpitio d’un cavallo, c vide l’Alemanno partire per una via dietro la chiesa, senza dare uno sguardo a Bianca che si era affacciata al balcone, forse per supplicarlo con un ultimo atto. A lui quell’andata non faceva né caldo né freddo, ma non potè stare senza consolarsi per questo, che, grandi o piccini, tra marito e moglie tutti avevano i loro guai. E pensava alla gran briccona che era la sua, la quale di certo aveva saputo del suo ritorno, e non si era mossa ad incontrarlo, anzi teneva l’uscio accostato. Stava essa al fuoco, cuocendo un po’ di polenta. Appena Mattia ebbe aperta la porta e messo il piede sulla soglia, la megera si volse strillando:

- Chiudete quell’uscio, che il vento mi porta via la fiamma...!

- O moglie - diss’egli sempre ritto sulla soglia - e non sai dirmi altro?

- Io dico che potevate stare dove siete stato sinora!

- E un po’ di polenta non me la darai?

- Mangereste il bene di sette chiese, voi!

- Ah! - urlò Mattia alzando le mani, e correndo per darle le pugna nel capo; ma si rattenne, non per paura del matterello, che la moglie gli misurò fumante sulla gota, bensì pel ricordo che gli venne, in quel punto, di aver visto un soldato francese, vituperato alla berlina, per uno schiaffo dato a una donna. Si rattenne, e cavando di saccoccia le monete d’oro messe in serbo quei mesi: - Vedi - le disse - vedi il bene delle mie sette chiese quant’è? E ne avrei di più molto, ma il meglio l’ho perduto nella prima di quelle sette chiese, che è quella dove il diavolo mi sposò con te!

- Oh il mio Mattia! - esclamò la donna alla vista dell’oro: - come vi piace più la polenta? Con su un po’ di cacio, un po’ di pepe, d’agliata, dite?

- Polli! hanno a essere, bestiaccia! - gridò egli: e, fatta la pace, mangiò come piacque alla donna, stupita di non aver avuto in faccia un paio almeno degli antichi ceffoni.

Quella sera l’avemaria suonò all’istessa ora dell’altre volte; ma, sebbene non fosse vigilia di qualche gran festa, le campane mandarono un doppio così bello, che sin dove giunse ognuno capì che niuna mano, se non quella di Mattia, poteva concertarlo. Il campanaro spandeva in quella guisa la novella del suo ritorno pel contado. E chi sa quante case della campagna, dove si era parlato di lui colla pietà dovuta ai morti, si pensò, dicendo Ave, alle preghiere sciupate per l’anima sua!

Chiunque domandasse qual fu il rimprovero o il castigo inflitto da don Apollinare a Mattia, per quel disordine, mostrerebbe d’aver dimenticato, che il prete, solo a udire parlar di Francesi, perdeva l’appetito, l’amore alla carica, la forza di farsi temere. Avessero appiccato fuoco al presbiterio, sarebbe stato grato all’incendiario, che gli avrebbe così porto il pretesto a cercare un asilo lungi da quei monti, dove, ogni tratto, si era col coltello dei repubblicani alla gola. Ma quanto al doppio delle campane, neppur lo intese. Placidia glie ne volle parlare, ed egli le fece tremar il cuore in corpo con un boato, come a dir «silenzio» ! La poveretta tacque e si ritirò nella sua camera, dove spese mezz’ora a chieder perdono a Dio pel sagrestano, pel fratello, per sé, di quello scampanio, che certo doveva aver fatto su in cielo un cattivo senso.